Vera Dragone ha respirato Arte sin dall’infanzia, e di Arte si nutre ancora oggi che è diventata un’affermata attrice del panorama italiano.
Raccontandosi alle pagine di Kosmo Magazine, la protagonista del nuovo spettacolo Bellezza imperfetta, tra vacche e stelle – andato in scena di recente ai Parioli di Roma – ha messo sul piatto tutto il suo percorso artistico e i suoi sogni. Lo ha fatto con quella semplicità che la contraddistingue, sia sul palco che nella vita vera, e con quell’umiltà di cui sono fatte le sue giornate.
Com’è nata questa fiammella per la recitazione? Quando hai capito che sarebbe stata la tua strada?
Più che una fiammella, il mio è un fuoco che mi ha completamente incendiato. Mi è sempre piaciuto cantare e, all’età di 8-9 anni, ho iniziato a prendere lezioni di canto. Sognavo intanto di diventare una costumista, dato che mi piace l’idea del teatro ma dietro le quinte. La passione è nata con mio nonno, con cui andai ad un evento che aveva organizzato. Mio nonno si chiamava Vittorio De Seta ed era un affermato documentarista. Così, nel corso dell’evento, ho conosciuto colei che è diventata la mia insegnante di recitazione e che mi ha spronato a percorrere questa strada. Ha insistito molto purché iniziassi il percorso per diventare attrice: mi sono buttata nell’incerto e ho fatto il mio primo spettacolo a Catanzaro. Da lì ho tentato di entrare all’Accademia D’Amico di Roma: è stata una passione travolgente che non sospettavo. La recitazione mi ha aiutato nella mia timidezza, dato che all’inizio avevo paura di parlare in pubblico. Per me è un mondo magico, che mi dà la possibilità di entrare improvvisamente nella vita di qualcun altro.
In questi giorni sei ai Parioli di Roma con lo spettacolo “Bellezza imperfetta, tra vacche e stelle”. Com’è per te questa esperienza?
È stata un’esperienza stupenda, perché ho conosciuto Diego dalla Palma che è diventato mio amico e con cui si è creato un rapporto di amicizia e simpatia, anche dovuto al fatto che, per vie traverse, da ragazzo conobbe mia madre. Si sono persi di vista, ma mia madre mi raccontava un aneddoto relativo a lui: parlando è venuto fuori che si sono frequentati da amici. Siamo rimasti entrambi molto sorpresi da questo aggancio che avevamo. Lo spettacolo parla della sua storia e del rapporto con sua madre, una donna incredibile e che lo ha profondamente influenzato dal punto di vista artistico. La sua famiglia si occupava di vacche, ma la mamma sembrava estranea a quel contesto, pur avendo quel tipo di vita. Lui la descrive come una sorta di “colonnello”, anche in contesti estranei.
Qual è la reazione del pubblico? Lo show sta piacendo?
Al pubblico è piaciuto moltissimo, abbiamo debuttato al Teatro Olimpico di Vicenza. La sera della prima c’è stata una standing ovation e tanta gente è venuta a salutarci. Erano tutti in lacrime, è un racconto che tocca delle corde molto profonde. Lui è attaccato a quello che racconta, pur non essendo più un attore.
Dal 16 novembre arriverai sul grande schermo con il film L’altra via, dove hai interpretato il personaggio di Tereza. Cosa ti ha lasciato questo ruolo e quanto c’è di lei in te?
Lei è una donna di origini calabresi, originaria di questo quartiere popolare che si chiama Aranceto. Una storia che parla di sogno. Loro vivono in una condizione di disagio e di sofferenza, e lei è una donna che ha messo da parte i suoi sogni. Si occupa di questo bambino ma sempre in un contesto molto degradato. È preoccupata per il figlio e ha paura che possa essere coinvolto in situazioni spiacevoli. È una mamma che vive in uno stato costante di preoccupazione e aggressività nei confronti del bambino. Mi sono ispirata un po’ al legame che io ho avuto con mia madre, con cui ho avuto un rapporto difficile. Lei ha un po’ di patologie a livello mentale, ma sono tutte cose che ho scoperto quando ero più grande. Durante la mia infanzia, ci sono stati momenti abbastanza duri. È stato quindi per me un modo per scavare nella mia infanzia e di tirar fuori alcune situazioni che ho vissuto.
Hai di recente partecipato anche al docufilm dedicato a Gianni Versace, in cui hai interpretato la mamma dello stilista. Cosa ti ha insegnato la sua storia?
È una storia molto bella, lei – Franca – è un’imprenditrice che avrebbe desiderato per sé di continuare gli studi. Il padre, che era un calzolaio, aveva deciso che lei non doveva proseguire in questo percorso. È però riuscita a trasformare il suo lavoro in una grande passione, ed è diventata una sarta molto importante a Reggio Calabria. Tutte le signore andavano da lei per farsi i vestiti e, nel frattempo, Gianni stava con lei per imparare i segreti del mestieri. Lei ha intravisto in lui qualcosa, è stata lei che l’ha supportato e aiutato a seguire il suo percorso.
Cosa consiglieresti a coloro che intendono percorrere i primi passi verso il mondo della recitazione?
La cosa fondamentale è frequentare una scuola vera, ce ne sono tante in Italia. Cercherei di affidarmi a una scuola che ti prepara veramente a quello che è il mondo del lavoro, con una preparazione che è un po’ militare. Nel periodo in cui studi, stai lì e fai solo quello, sei lì tutti i giorni. Fa molto la disciplina: bisogna leggere, andare a teatro, vedere i film. Essendo un lavoro così difficile, consiglio di trovarsi sempre il proprio modo di fare. L’artista è uno che fa, che non aspetta di essere scelto o chiamato.
Futuri progetti?
Sarò al Torino Film Festival con questo docufilm su Versace, che verrà presentato il 25 alla stampa. Il 26 ci sarà invece la proiezione ufficiale e da fine gennaio uscirà al cinema. Al momento mi godo tutto questo: presto uscirà al cinema anche L’altra via. Il 14 dicembre ho inoltre organizzato un evento per il centenario di mio nonno, che verrà realizzato al cinema Aquila con il supporto di Calabria Film Commission. In prospettiva, c’è anche la volontà di realizzare un documentario su di lui.