Sofia era distesa sul prato della sua vita; era il prato di esistenze mai sorte davvero, il prato di quegli occhi che rivelavano parole senza parlare. Erano tanti i segreti che Sofia serbava nel cuore; tanti i segreti che conservava persino nell’anima.
Era un grande segreto la sua vita.
L’aria la circondava, mentre gli occhi color nocciola osservavano quel cielo che di azzurro aveva solo l’infinito; avrebbe voluto incontrare le stelle, Sofia, quel giorno; avrebbe voluto incontrare persino la notte. Ma il buio era dentro di lei, e non l’avrebbe mai guardato dall’esterno. Era troppo grande il mondo, per realizzare ogni suo sogno. Era troppo grande il cielo, per osservarla come una persona qualsiasi.
Lei non era una persona qualsiasi.
Lei era Sofia.
Nessuno lo sapeva, il suo vero nome.
Nessuno lo conosceva, il suo vero volto.
Impregnata di maschere sempre in procinto di mutare, Sofia camminava tra le strade e non si conosceva. Lei non si riconosceva.
Non si riconosceva nemmeno quando qualcuno le sorrideva e, stringendole la mano, le sussurrava frasi di ammirazione. Non si riconosceva nemmeno quando il mondo era l’unico luogo in cui sostare nei momenti difficili.
Lo era per tutti, non per Sofia.
Sofia restava in un angolo, sola. Sola con sé stessa, con una sé diversa, con una sé che nessuno avrebbe mai voluto incontrare. Sofia era sola dentro. Sola anche quando il corpo si impregnava di altri corpi, anche quando la pelle avvertiva il tocco di altre pelli. Lei era sola nell’anima.
Nessuno l’aveva mai toccata, la sua anima messa in pericolo.
Nessuno l’aveva mai toccato, il suo cuore talmente fragile da infrangersi in secondi cristallizzati nel tempo.
Lei camminava tra le strade, convinta che ognuno avesse qualcosa da dirle. Ed accadeva davvero. Il mondo le parlava come se fosse l’unica persona in questo universo; le parlava chiaramente, rideva, giocava, il mondo era buono.
Ma la verità era che, nonostante tutte quelle parole lanciate in aria, nonostante gli sguardi che le creavano dipendenza, nonostante il desiderio di incontrare gente, nessuno le aveva mai detto ciò che lei avrebbe voluto sentire. Non era accaduto semplicemente perché il mondo era buono, il mondo era vivo, il mondo era sogno, ma lei… lei era Sofia. Ed essere Sofia in questo universo significava non esserlo mai davvero. Sofia camminava tra le strade in cerca di attenzioni, in cerca di qualcuno che la facesse sentire viva, in cerca di sorrisi che le avrebbero gratificato l’anima. Ma la verità era che nessuno avrebbe mai avuto il potere di farlo: solo il prendere tra le mani i suoi innumerevoli volti e buttarli in aria, per sempre.
Ma Sofia, nel per sempre, non ci aveva mai creduto.
E chi non crede nel per sempre è destinato a svanire nelle sue identità perdute, lentamente, un po’ alla volta…
…Un po’ alla volta, Sofia esprimeva parole senza crederci davvero, esprimeva sentimenti che il mondo non conosceva. Un po’ alla volta, Sofia diventava protagonista di un mondo sinonimo di teatro.
Un po’ alla volta…
La mia amicizia con Sofia è nata un po’ alla volta…
Eravamo amiche,
eravamo sorelle.
Eravamo. E questo sarebbe bastato, questo mi sarebbe bastato.
Questo sarebbe bastato davvero, se solo gli occhi di Sofia non si fossero impregnati di tutta quella finzione di cui era fatto il mondo. Ed io non lo sapevo.
Io non ho mai saputo ciò che Sofia pensava davvero, ciò che lei credeva, ciò che io ero per lei. L’ho sempre immaginato, ma saputo mai. Il nostro legame aveva la forma di un punto interrogativo.
Ricordo molto bene il giorno in cui la incontrai, quella ragazza in cerca di risposte.
Io ne avevo tante, di domande.
Non conoscevo il mondo. Tredici anni è l’età esatta in cui tutti dovrebbero avere le proprie risposte. Ma questo, a me, non era mai accaduto.
Non conoscevo il nome dell’universo, né che forma avesse l’amicizia. Non conoscevo nemmeno l’esistenza dell’amore. Vuota e colma di sogni: era fatta così la mia anima.
Così.. quando una ragazza dagli occhi color nocciola, dai capelli scuri come i miei pensieri e come la sua carnagione, quando quella ragazza mi si avvicinò e lentamente mi disse: “Io sono Sofia…”, pensai subito che sì… per la prima volta, avevo incontrato un’amica.
I suoi sorrisi erano calore per la mia mente così ghiacciata, le sue parole erano salvezza per la mia anima così fragile; così come i suoi abbracci e i suoi consigli.
Siamo cresciute insieme, io e Sofia…
Cresciute in ogni cosa.
Abbiamo condiviso i primi amori, gli affetti perduti e ritrovati, le gioie di ragazze fragili e le sofferenze di fanciulle forti.
Siamo cresciute insieme, io e Sofia…
Eravamo amiche,
eravamo sorelle.
Un po’ alla volta…
Abbiamo visto sbocciare la nostra gioventù, e i momenti importanti di quando siamo state vive, abbiamo visto crescere l’erba nel parco in cui andavamo spesso, abbiamo visto libri studiarsi e bruciarsi, abbiamo visto i nostri volti piangere e ridere, abbiamo visto gli occhi illuminarsi e i cuori infrangersi, abbiamo visto persino sogni volare via…
Avrei voluto mollare tante volte, ma io sapevo… io sapevo che Sofia ci sarebbe stata…
Perché eravamo amiche,
eravamo sorelle.
Un po’ alla volta…
Un po’ alla volta, abbiamo scoperto il mondo in due, mentre coltelli ci venivano impiantati nell’anima, mentre i cuori erano solo oggetti per alcuni, anime per altri.
Ma io e Sofia…
Io e Sofia c’eravamo… in ogni cosa… eravamo amiche, eravamo sorelle.
A volte, mi scorgevo a guardare il futuro, come un orizzonte lontano. Non vedevo nient’altro che lei: lei nella mia vita, ancora, per sempre.
Ma Sofia, nel per sempre, non ci aveva mai creduto.
Non l’aveva fatto ed io non lo sapevo. Non ho mai saputo nulla.
Non sapevo che, quando io non c’ero, Sofia camminava tra le strade, sola, rinchiusa nel suo angolo che era il cuore e indossava i volti di chi non si riconosceva. Non sapevo che Sofia non conosceva sé stessa, non sapevo che nemmeno io avevo avuto il diritto di conoscerla. Io non lo sapevo…
Non lo sapevo, nemmeno quando eravamo amiche, sorelle.
L’ho saputo un po’ alla volta…
E’ accaduto quando, nel fiore della nostra giovinezza, abbiamo intrapreso le strade del nostro futuro…
Sono stata la prima persona a conoscere Sofia. Nemmeno lei si conosceva. Ho rivelato la sua personalità; lei è fuggita. Aveva paura del suo volto, paura di qualcuno che avesse la capacità di prendere tra le mani le sue maschere e gettarle via.
Sono stata la prima persona a conoscere Sofia.
Sono stata la prima persona che le è stata amica.
La prima ad averla ascoltata davvero, la prima ad averle creduto.
E sono stata la prima persona a conoscerla.
Non avrei mai immaginato chi potesse essere davvero; non avrei immaginato nemmeno le parole che avrebbe potuto usare, e le menzogne che avrebbe potuto sussurrare.
La sua vita era una maschera.
Ed io l’avevo finalmente capito. Eravamo amiche, eravamo sorelle.
Ma l’ho capito un po’ alla volta…
Un po’ alla volta Sofia è uscita dalla mia vita. L’ha fatto in punta di piedi. Mi sono sempre chiesta quale maschera avesse indossato quando è fuggita via; solo dopo tempo ho capito che quello era il suo vero volto, ed io sono stata l’unica ad averla conosciuta davvero.
Eravamo amiche,
eravamo sorelle.
Ora, due estranee.
Due puntini che camminano lentamente nell’universo, mentre fili invisibili cercano di avvicinarci.
Oggi spiamo le nostre vite da una serratura che entrambe non conosciamo; ci osserviamo da lontano, sorridiamo e andiamo via.
Io e Sofia… eravamo amiche.
A volte mi manca la ragazza che, all’età di tredici anni, mi si avvicinò e disse: “Io sono Sofia…”; a volte, mi manca la lei di una volta, la prima persona a cui ho confidato un segreto, la prima persona che mi è stata amica.
A volte, però, guardo la lei di ora e.. Sofia… Sofia non esiste più. E’ solo un nome che serve a ricordarci che lei ci vuole ancora bene, che talvolta sorride e racconta storie di cui nessuno vorrebbe essere a conoscenza. Ma io non le credo più.
Eravamo amiche, io e Sofia…
Ed ora… ora ho la mano impregnata di lettere, foto di due ragazze pazze, dediche scritte di sfuggita su pagine di diari, regali di compleanni trascorsi assieme.. ora ho la mente impregnata di ricordi. Ho tutto ciò che possa servirmi per ricordarmi ancora di lei. Ho sempre saputo che la vera Sofia fosse contenuta da qualche parte dentro di lei, ma non è mai stato il momento giusto per rivelarne l’identità.
Sofia non mi manca…
Mi manca l’amica che era quando non era lei; mi manca l’amica che fingeva di essere, anche se… solo più tardi ho capito che Sofia era il mio specchio: lo era perché vedevo in lei ciò che ero io.
A volte, ho ancora bisogno di specchiarmi in lei… ma, a volte, mi guardo le mani e mi carezzo lo sguardo:
sono io, sono viva, Sofia non c’è, ho dato l’anima, ora mi resta il cuore di chi sa ancora amare.
Testo realizzato da Stefania Meneghella