L’Italia, secondo un nuovo studio, è un territorio ricchissimo di terre rare: una regione in particolare ne ha almeno 9 milioni di tonnellate.
Nell’attuale periodo storico, che è caratterizzato da tecnologie ai limiti della fantascienza, le cosiddette “terre rare” sono diventate tra gli elementi più ricercati in assoluto. Queste ultime, le cui proprietà magnetiche sono fondamentali per l’industria e per il mercato dell’elettronica, sono costituite da 17 elementi: l’ittrio, lo scandio e da 15 lantanoidi. Per quanto riguarda il loro impiego, il 38% delle terre rare viene utilizzato nei magneti permanenti; il 23% nel cracking petrolifero; il 13% nell’industria del vetro; il 9% nelle leghe delle batterie; l’8% nella metallurgia; il 5% nell’industria ceramica; il 7% in altri settori.
L’Unione Europea ha recentemente affermato che il nostro continente ha assolutamente bisogno di 34 materie prime, affinché i paesi membri possano avviare senza problemi la transizione ecologica e digitale. L’Italia – secondo l’Ispra – ne possiede ben 16, ma per vari motivi non può essere avviata l’estrazione.
Il ricchissimo giacimento di titanio in Italia
In quasi tutti i paesi del mondo è quindi partita una vera e propria corsa alle terre rare, poiché solo chi riuscirà a possederle potrà garantire ai propri cittadini una tecnologia all’avanguardia a bassi costi. Per questo motivo, l’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) – dopo una lunga ricerca su tutto il territorio nazionale – ha individuato più di 3.000 possibili giacimenti in Italia, tra vecchie miniere abbandonate e nuovi siti mai scoperti. Uno dei giacimenti più interessanti è senza dubbio quello situato tra il Lazio e la Toscana, poiché a circa 3-5 chilometri di profondità ci sarebbero fluidi geotermici ricchi di litio. La Vulcan Energy (un’azienda australiana specializzata nella produzione di litio a zero emissioni) e l’Enel Green Power hanno quindi ottenuto il permesso di esplorare il sito.
In Liguria si troverebbe invece il giacimento di titanio più grande d’Europa, nonché uno dei più importanti al mondo: il famoso giacimento di Piampaludo, in provincia di Savona. In questa zona, precisamente nel sottosuolo, ci sarebbero circa 9 milioni di tonnellate di ossidi di titanio, anche se altre studi parlano addirittura di 20 milioni di tonnellate. Se l’Italia riuscisse ad estrarlo diventerebbe il secondo paese europeo (dopo la Norvegia) e il 16esimo al mondo a produrre tonnellate di titanio all’anno. La Norvegia, che è attualmente l’unico paese con un giacimento di titanio attivo, ne produce ad esempio 300.000 tonnellate all’anno. Per quale motivo allora l’Italia non può estrarlo?
Innanzitutto, il giacimento di Piampaludo si trova proprio all’interno del Parco Naturale Regionale del Beigua, che è un’area naturale protetta di 8.790 ettari. E non solo: si tratta anche di un sito UNESCO che si estende su due province della Liguria: quella di Genova e quella di Savona. Come potete immaginare, è impossibile aprire una miniera e avviare l’estrazione del titanio all’interno di un sito UNESCO. Tuttavia, nel 2021 la Regione ha autorizzato la Compagnia Europea per il Titanio (C.E.T.) ad avviare la ricerca mineraria per un periodo di tre anni. Nel 2022, però, il Tar ha revocato la licenza di ricerca mineraria alla compagnia. La C.E.T., dopo aver appreso la notizia, ha poi presentato ricorso al Consiglio di Stato. Fino ad oggi non ci sono purtroppo notizie certe sul futuro del giacimento ligure.