Il “James Webb Space Telescope” della NASA, ESA e CSA è giunto nell’orbita “Halo” del punto di Lagrange L2 (a 1,5 milioni di chilometri dalla Terra) il 24 gennaio 2022.
Il team ha acceso i propulsori del telescopio, per la terza e ultima “bruciatura” di correzione “MCC2” (Mid-Course Correction Burn) alle ore 20:00 (ora italiana), per inserirlo nel punto L2, in orbita attorno al Sole.
Il telescopio Webb, nonché il più grande e potente telescopio spaziale della storia, è stato lanciato il 25 dicembre 2021. Negli ultimi 30 giorni, durante il suo viaggio verso L2, Webb si è dedicato al suo complesso dispiegamento: ha aperto il pannello solare e l’antenna, ha dispiegato il suo schermo solare multi-strato, ha aperto lo specchio primario e secondario, ed infine ha sbloccato i 18 specchi esagonali. Lo scopo era quello di muoverli, grazie a dei piccoli motori, e raggiungere così il corretto allineamento ottico degli stessi.
COME SONO STATI LIBERATI I 18 SPECCHI ESAGONALI?
Ognuno dei 18 specchi esagonali aveva, sul proprio retro, tre rigidi pioli di metallo i quali bloccavano ogni specchio. Quando il team ha deciso di liberare gli specchi, essi hanno cominciato a muoversi molto lentamente, proprio per sganciarsi dai pioli di metallo (in totale si sono spostati di 12,5 mm). Il computer di Webb ha il compito di muovere gli specchi con estrema delicatezza; ogni singolo movimento produce infatti uno spostamento di soli 10 nanometri (circa 1/10.000 della larghezza di un capello umano).
A piena velocità, sono serviti 24 ore per spostare di appena 1 mm tutti i segmenti degli specchi. Durante questa lunga operazione, il telescopio Webb ha continuato il suo processo di raffreddamento, essenziale per osservare l’Universo agli infrarossi in modo ottimale. Dopodiché, occorreranno circa 5 mesi per allineare perfettamente i 18 specchi, affinché formino un unico gigantesco specchio di 6,5 metri di diametro, capace di “acchiappare” la luce agli infrarossi dell’Universo, e di inviarla allo specchio secondario.
Una curiosità: i 18 specchi esagonali sono realizzati in berillio, con uno strato sottilissimo di oro (l’oro è ottimo per la riflessione della luce agli infrarossi). Ma quanto è sottile lo strato di oro? Appena 1.000 angstroms (100 nanometri); in altre parole, appena 700 atomi, cioè 1000 volte più sottile di un capello umano.
PERCHE’ IL PUNTO DI LAGRANGE L2?
I 5 punti di Lagrange, in questo caso L2, sono delle zone del nostro Sistema Solare in cui c’è un vero e proprio “equilibrio gravitazionale”. Detto in modo molto semplice: si può essere “tirati” verso destra dal Sole, e verso sinistra dalla Terra; in questo modo nasce appunto “l’equilibrio gravitazionale”.
Nel punto L2 l’attrazione gravitazionale del Sole e della Terra bilancia la forza centripeta, necessaria affinché un veicolo spaziale si muova con loro. E non solo: questa posizione consente di risparmiare carburante, e di avere una comunicazione continua con la Terra. Questo permette anche a Webb di rivolgere il suo schermo solare, nonché la protezione per i raggi solari, sempre verso il Sole, la Terra e la Luna. Impedisce così al loro calore di raggiungere l’ottica del telescopio, estremamente sensibile. In questo modo il grande specchio di 6,5 metri, rimarrà sempre al buio e all’ombra, riparato dai raggi solari, consentendogli un’ottima visione dell’Universo agli infrarossi.
In pratica, la parte che sarà sempre esposta al Sole raggiungerà la temperatura di 85°C. La parte che sarà sempre al buio raggiungerà invece la temperatura di -233°C.
QUANDO ARRIVERA’ LA PRIMA FOTO DI WEBB?
Le operazioni scientifiche di routine inizieranno verso giugno 2022, quando tutti gli specchi saranno stati perfettamente allineati e calibrati.
La missione dovrebbe durare tra i 10 e i 20 anni. Inizialmente si pensava tra i 5 e i 10 anni, ma durante il viaggio il telescopio Webb ha risparmiato carburante.
PERCHE’ OSSERVARE L’UNIVERSO AGLI INFRAROSSI?
Webb è il primo telescopio capace di osservare le primissime galassie, e forse anche alcune delle prime Stelle nate dopo la creazione dell’Universo che conosciamo (dopo il Big Bang).
Per capire l’importanza e la necessità dell’osservazione agli infrarossi, dobbiamo ricordarci che la famosa “espansione dell’Universo”, cominciata dopo il Big Bang, non espande solo lo Spazio, allontanando fra loro Stelle e Galassie, ma espande, o meglio, “stira” anche la luce. Quest’ultima, col passare dei miliardi di anni di viaggio, inizia a subire gli effetti dell’espansione, e quindi viene talmente “stirata” e allungata, da non essere più visibile ai nostri occhi o dai telescopi ottici classici.
La luce visibile ai nostri occhi è formata da onde corte e strette. La luce agli infrarossi è invece formata da onde più lunghe; perciò, per osservare fino a 13,5 miliardi di anni luce, occorre un telescopio che capti queste onde allungate, cioè un telescopio agli infrarossi.
Queste onde hanno viaggiato per 13,5 miliardi di anni per arrivare fino a noi, e nel frattempo hanno subito gli effetti dell’espansione dell’Universo; questo vuol dire che sono partite come luce visibile, cioè con onde corte e strette, ma strada facendo si sono allungate, diventando luce infrarossa.
L’Universo conosciuto è nato 14 miliardi di anni fa, con il Big Bang. Con il telescopio Webb potremo quindi vedere la luce proveniente da 13,5 miliardi di anni fa, cioè poco dopo l’inizio di tutto. Con gli attuali telescopi ottici classici, invece, riusciamo a vedere la luce proveniente da 13,2 miliardi di anni fa; ciò vuol dire che con Webb ci spingeremo oltre, molto più vicino alla Genesi.
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COSA STUDIERA’ WEBB?
Il “James Webb Space Telescope”, oltre a studiare le prime galassie e le prime Stelle nate nell’Universo, poco dopo il Big Bang, studierà anche le atmosfere degli esopianeti (i pianeti che ruotano attorno alle altre Stelle), per captare le molecole e gli elementi presenti, e capire così se vi è la possibilità di vita su altri mondi, o se ci fosse un pianeta abitabile. Webb si concentrerà anche sugli asteroidi, comete, pianeti del nostro sistema solare e sulla famosa “Fascia di Kuiper” (situata dopo il pianeta Nettuno, e costituita da migliaia di asteroidi). Qualora vi fosse la possibilità, potrebbe anche scovare qualche buco nero.
Articolo a cura di Fabio Meneghella