Sulla nostra penisola ci sono delle zone maggiormente esposte agli eventi catastrofici naturali, come ad esempio i maremoti (o tsunami).
Gli tsunami sono sostanzialmente delle onde oceaniche estremamente potenti, generate da forti terremoti, da eruzioni vulcaniche o da grandi frane sottomarine. La maggior parte di questi fenomeni naturali, che noi italiani chiamiamo maremoti, è causata principalmente dai terremoti, in particolar modo da quelli che si generano lungo le zone di subduzione, cioè dove una placca tettonica scivola sotto un’altra.
In altre parole, il movimento improvviso del fondo marino, che in questo caso è dovuto ad una scossa sismica, sposta una grande massa d’acqua, la quale in pochissimo tempo genera delle onde potentissime e di grandi dimensioni, in grado di provocare inondazioni devastanti e distruggere intere città costiere, come accadde nel 2004 nell’Oceano Indiano. La penisola italiana, a sua volta, nonostante non sia bagnata da un oceano, presenta alcune zone a forte rischio tsunami.
Le città italiane a rischio tsunami
L’Italia, come sappiamo, è caratterizzata da una fascia costiera lunga ben 8.300 chilometri, bagnata dal gigantesco Mar Mediterraneo. Questo, che si estende per circa 2,5 milioni di chilometri quadrati, è a sua volta formato da altri mari più piccoli come il Mar di Sicilia, il Mare di Sardegna, il Mar Tirreno, il Mar Ionio e il Mare Adriatico. Ci sono però delle zone, soprattutto nella parte meridionale della penisola italiana, in cui il rischio tsunami è più alto rispetto al resto del Paese. In passato – secondo gli storici e gli esperti che hanno studiato il nostro territorio – l’Italia è già stata colpita da potenti maremoti, i quali hanno distrutto intere città e ucciso tantissime persone.
Uno degli eventi più catastrofici della storia del nostro Paese è senza dubbio quello verificatosi nel 1908 a Messina e a Reggio Calabria. In quell’anno, un violento terremoto di magnitudo 7.1 colpì purtroppo lo Stretto di Messina e, successivamente, generò un devastante tsunami con onde alte tra i 6 e i 9,5 metri, che rase al suolo le due città. Secondo i dati giunti fino a noi, il catastrofico evento naturale provocò la morte di circa 80.000 persone.
Nel lontano 1693, un altro terremoto distruttivo, che generò anche un potentissimo maremoto, provocò la distruzione di circa 45 centri abitati e la morte di ben 60.000 persone. Questo drammatico evento, il cui epicentro delle scosse sismiche venne localizzato a Val di Noto (in quell’epoca una circoscrizione del Regno di Sicilia), creò in seguito uno tsunami che devastò anche lo Stretto di Messina e le Isole Eolie.
Altri tsunami distruttivi si verificarono poi a Scilla (provincia di Reggio Calabria) nel 1783, provocando la morte di circa 1.500 persone e nella zona del Gargano (in Puglia) nel 1627.