Firenze, 11 marzo 2025 – Il cinema di Shin’ya Tsukamoto si distingue per la sua complessità e per l’approfondimento di tematiche legate alla condizione umana, esplorando la fragilità dell’animo e l’impatto della tecnologia. Con una poetica che fonde elementi di Futurismo e Surrealismo, il regista giapponese si ispira a figure come Jean Cocteau, David Cronenberg, William Burroughs e J.G. Ballard, creando un universo cinematografico unico e provocatorio.
In occasione del sessantacinquesimo compleanno di Tsukamoto, il Cinema La Compagnia di Firenze ha in programma una retrospettiva che inizia il 13 marzo e prevede nove appuntamenti dedicati alla sua vasta filmografia. Questo evento rappresenta un’opportunità per esplorare il suo originale percorso autoriale, che spazia dal body horror al noir, dal cappa e spada al dramma romantico ed erotico. La retrospettiva si propone di esaminare i motivi stilistici che caratterizzano il lavoro di Tsukamoto, come l’uso innovativo della stop motion, che accentua i movimenti di personaggi e oggetti in contesti urbani, e la steadicam, che permette di immergere lo spettatore nel punto di vista dei protagonisti attraverso carrellate fluide e disorientanti.
Il montaggio serrato e la fotografia fredda e suggestiva sono elementi ricorrenti nella sua opera, creando un’atmosfera inquietante che accompagna le trasformazioni fisiche e psicologiche dei personaggi. Opere come “Tetsuo: The Iron Man” (1990) e “Tetsuo II: Body Hammer” (1992) affrontano il tema dell’invasione tecnologica in modo angosciante, mentre “Tokyo Fist” (1995) e “A Snake of June” (2002) esplorano la spirale di violenza autodistruttiva e l’erotismo liberatorio.
La vulnerabilità umana è un tema centrale anche in film come “Vital” (2004), “Kotoko” (2012) e “Zan – Killing” (2018), dove Tsukamoto indaga il confine tra sanità e follia, scienza e spiritualità, e il conflitto tra il desiderio di pace e l’obbligo di combattere. L’ultima opera, “Hokage – Ombra di fuoco” (2023), ambientata nel Giappone del dopoguerra, continua a riflettere il dolore di un’umanità intrappolata nel ciclo della violenza, sia essa subita che inflitta.