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L’orizzonte sembra quasi un luogo lontano, quasi un miraggio riscontrabile nella parte più segreta di noi. Sembra quasi l’infinito che non ha confini, né limiti, né sogni. L’orizzonte, a volte, ci fa paura. E’ lì che ci osserva, mentre noi non riusciamo ad aprire i nostri occhi e ricambiare il suo sguardo.
Oggi vorrei mostrarvi la capacità di un uomo di andare incontro a quell’orizzonte che tanto ci fa tremare; andare lì e toccarlo con mano, assaporarlo anche, immedesimarsi in lui. Poi uscire da vincente, e raccontarlo al mondo.
“Nacqui tre volte – si vede ciò che s’è” (Europa edizioni) è il titolo del romanzo di cui parleremo in queste pagine. L’autore è Tommaso Bucciarelli, protagonista della storia che lui stesso ha scritto. Una storia autobiografica, appunto, apparentemente triste, quasi malinconica e nostalgica. Ma anche una storia che riserva non poche sorprese, che invita il lettore ad “allacciarsi le cinture” e a viaggiare con lui, in un percorso alla scoperta di orizzonti lontani, in grado di insegnare la bellezza nelle cose.
Un incontro diretto tra il lettore e lo scrittore è ciò che avviene nel romanzo; un incontro che diventa piacevole e intenso, per quanta forza e coraggio l’autore è in grado di trasmettere. Lo stile è a volte semplice, a volte filosofico, riflessivo, come se ci volesse consegnare la propria anima per farla divenire un luogo in cui rifugiarci.
Un incidente, un periodo di coma, e il nulla. Un nulla che però non porta buio, ma luce. Un nulla che è in grado di trasportare il protagonista, nonché l’autore, in dimensioni diverse, in mondi che non avrebbe mai avuto la forza di scoprire, e in ricordi soprattutto. Un nulla che diventa una scoperta del proprio inconscio. E poi.. il tutto. Il tutto che permette a Tommaso di ritrovare quel coraggio per riconquistare la libertà perduta.
Questo è dunque un romanzo reale, che ha la capacità di condurci, appunto, in un viaggio verso quell’orizzonte che non abbiamo mai voluto affrontare.
Lasciamo a lui la parola, e buona lettura!
D: Quali sono i motivi che ti hanno indotto a raccontare nei tuoi libri ciò che ti era successo?
R: Sentii che faceva parte del mio compito. Iniziai a scrivere pensando di inventare tutti i personaggi compreso il mio sostituendoli a quelli reali, ma mi resi conto che dovevo esporre solo le verità, solo ciò che avevo vissuto per entrare nei cuori dei lettori. Solo realtà, che non è per tutti uguale.
D: Un incidente accaduto nell’anno 2012 ti ha indotto ad uno stato di coma. Tra i tanti ricordi che racconti nella tua storia, ce n’è uno in particolare che ti colpisce più degli altri?
R: L’aver trovato il coraggio di tornare.
D: Durante la lettura, si percepisce una sensazione di libertà, spesso denotata nella natura, spesso nel tuo “io” interiore. Che ruolo ha la libertà nella tua vita?
R: La libertà… Potrei rispondere come Gaber, la libertà è partecipazione. Cercare di costruire con gli altri la crescita. Aiuto gli altri studiandoli, il che aiuta anche me stesso, e gli altri aiutano me. Alle volte si aiuta anche non sapendolo, quindi la libertà è la ricerca di crescere partecipando alla vita
D: Un altro elemento importante è l’utilizzo, forse involontario, di molti concetti filosofici. Hai realizzato studi particolari sulla filosofia?
R: Gli spunti filosofici che se ne traggono sono indotti da aperture alle storie lette durante questa vita terrena. Non ho studiato nulla nell’ambito di questa materia, tranne che leggere vagamente gli aforismi celebri da grandi personaggi del passato
D: “Il divino c’è sia se sei un credente di una religione, sia se non lo sei e credi a te stesso come entità ricca di decisioni..”. Queste sono solo alcune delle parole con cui fai comprendere al lettore l’esistenza di un’entità superiore. Quanto ti ha aiutato la fede in quel momento particolare della tua vita?
R: Effettivamente non esplicito una credenza solo ad un’entità superiore, ma espongo che è importante credere. In quel momento della mia vita ringrazio il mio sé, che considero divino, e che consiglio di rispettarlo a chiunque. Il rispetto del proprio sé porta al all’aiuto dell’io degli altri. Ci pacifica.
D: Interessante è anche la metafora della “cintura” con cui inviti il lettore a starti accanto in questo viaggio. Come nasce l’idea?
R: La cintura è la prima cosa che mi è passata per la mente poiché è l’oggetto per rimanere il più possibile al sicuro in un viaggio, il più utilizzato, il più conosciuto, il più comune. Voglio far vivere a chi mi accompagna leggendomi le caratteristiche delle oggettività alle quali siamo abituati nel materiale
D: Cosa speri di trasmettere a chi ti legge?
R: Voglio trasmettere quel che ho vissuto facendolo vivere anche a chi mi legge. Il libro può essere un mediatore, una frapposto tra la spiritualità che racconto e la materialità che serve nella vita. Non c’è sfida tra le due cose, ma la ricerca di equilibrio. L’equilibrio può esser letto come entità superiore assoluta.
Ringrazio Tommaso Bucciarelli per la sua collaborazione e per il tempo che ci ha donato, augurandogli di continuare a sorprenderci e a sorprendersi.
Recensione e intervista a cura di Stefania Meneghella