Tom Armati ritorna sulla scena musica con il nuovo album Tommasochista, un titolo ironico che rappresenta il caos della vita che affrontiamo tutti i giorni. Un lavoro discografico che parla di frenesia continua e del bisogno costante di respirare: il sound di Armati è originale, leggero ma allo stesso tempo carico di sentimenti ed emozioni. L’artista ha accettato di incontrarci, e di parlarci del suo mondo fatto di sogni.
Come nasce la tua passione per la musica? Quando hai compreso che sarebbe stata la tua strada?
Ho iniziato a scrivere canzoni appena ho toccato una chitarra. Ho capito subito che era la cosa che mi divertiva di più fare! Da lì non ho più smesso e spero di non smettere mai.
Il tuo nuovo album si chiama ‘Tommasochista’, un titolo simpatico che attira sicuramente gli ascoltatori. Dove nasce l’idea per questa parola?
Sono vari i motivi. Uno è sicuramente la lavorazione di questo disco che è stata molto lunga. Tra pandemia e vicende personali, varie forze dell’universo si sono unite per impedirne l’uscita ma alla fine ce l’ho fatta anche se è stata tosta. E poi il messaggio di base è che fare un disco è una tortura emotiva, senza la quale forse sarei stato più tranquillo. Però sono felicissimo che sia uscito!
Qual è invece il messaggio principale che vuoi trasmettere mediante queste note?
Più che un messaggio, spero di trasmettere un approccio alla vita che mi caratterizza. Il fatto di prendere la vita con il sorriso e sdrammatizzare. Le mie canzoni sono sempre sospese tra l’ironia e la profondità, condite da una ricerca sonora frutto di varie influenze.
Il tuo è un sound originalissimo. Cosa c’è dietro il tuo stile musicale? Com’è avvenuto l’approccio a questo genere?
Grazie! Rispetto al primo lavoro (nei migliori negozi di dischi) gli arrangiamenti di questo disco sono nati insieme alla band con cui suono dal vivo. Pietro Casadei (il bassista) si è occupato anche della produzione ed è riuscito a confezionare un suono in cui si sentisse l’approccio live ma anche la cura per gli arrangiamenti.
C’è un brano a cui sei particolarmente legato?
Le canzoni sono come figli, non c’è mai il tuo preferito. Se devo sceglierne una da questo disco forse è “Luigi, ho sognato che morivi”, perché è un brano un po’ fuori dagli schemi in cui racconto tutti i sogni che faccio di notte.
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Quali sono i tuoi futuri progetti? Puoi anticiparci qualcosa?
Sicuramente, tornerò dal vivo con il gruppo con cui ho registrato il disco. E poi ci sono anche nuove canzoni in cantiere. Una forse già questa estate. Ma non lo dico troppo, altrimenti ci rimetto altri 4 anni a registrarla.
Intervista a cura di Stefania Meneghella