Abbiamo incontrato Roberto Ferri, pittore italiano di fama mondiale, dotato di una grandissima tecnica e di un linguaggio pittorico estremamente profondo. Lui ha realizzato il ritratto ufficiale di Papa Francesco, ha partecipato alla 54. Biennale di Venezia, ad Art Miami, all’Art Fair di New York e a molte mostre personali organizzate nei luoghi più prestigiosi dell’arte, come ad esempio al Vittoriano di Roma o al Castello di Gaasbeek a Bruxelles. Alcune sue opere sono apparse in alcuni film cinematografici. Attualmente i suoi lavori possono essere acquistati presso la galleria d’arte Liquid Art System di Capri/Positano/Ravello.
Come ti sei avvicinato alla pittura da ragazzo? Quali sensazioni provavi quando osservavi un’opera d’arte, soprattutto un’opera del Rinascimento?
Io mi sono avvicinato fin da piccolo alla pittura. Ricordo quando vedevo mio nonno che dipingeva, e io naturalmente ero piccolino, avevo 4 o 5 anni. Vedendolo dipingere imparavo sempre qualcosa e col tempo mi ha influenzato molto, soprattutto quando mi sono approcciato per la prima volta ai colori. Poi aveva anche una grande enciclopedia d’arte, nella quale c’erano tutti i pittori del Rinascimento e del Barocco, e io fin da piccolo sfogliavo quei libri. I due pittori che mi hanno emozionato subito sono stati Caravaggio e Diego Velázquez. Questi due mi hanno letteralmente sconvolto fin da piccolo. Chiaramente crescendo ho scoperto altri grandi pittori, che hanno arricchito il mio bagaglio culturale.
Quando osservo le tue opere la mia mente viene quasi ingannata, perché noto quasi un movimento circolare invisibile, che non ti fa distinguere ciò che è reale e ciò che è surreale. In altre parole, il realismo si mescola perfettamente nel surrealismo, e il surrealismo nel realismo. Questo vortice, o questo movimento circolare, lo avverti anche dentro di te?
Possiamo dire che tutto viene studiato attentamente per creare la struttura compositiva dell’opera, che è l’ingranaggio che si presenta davanti agli occhi dell’osservatore per attirarlo. Come dici tu è un ingranaggio simile ad un vortice o magari “a una fiamma”, come lo interpretava Michelangelo. Cerco di spiare le opere del passato per arricchire la mia mente e cercare poi di capire come deve essere composta la mia nuova opera. Anche i gruppi scultorei mi hanno influenzato molto, soprattutto perché secondo me la struttura di un’opera deve catturare l’osservatore e portarlo dentro l’opera, proprio come farebbe una pianta carnivora che attira il tuo sguardo, ti inganna, ti mangia e poi ti “digerisce”.
Il tuo inconscio viene a galla e si mescola con la realtà, proprio come un uragano che porta a galla l’acqua situata in profondità?
Si, esatto. Anche se in realtà quello che faccio è il contrario: cerco di portare ciò che si trova in superficie in profondità.
A prima vista alcune tue opere appaiono paurose, provenienti da un mondo oscuro. In realtà, secondo me, vuoi trasmettere un messaggio positivo. Vuoi insegnarci a seguire il bene, mostrandoci cosa può succedere se seguiamo il male. Questo è uno dei tuoi obiettivi?
In realtà il mio obiettivo non è quello di portare l’osservatore verso il bene o verso il male. Io faccio l’interprete: interpreto quello che sento e quello che sto vivendo in quel momento. E’ come se ci fosse un filtro, tutto quello che provo e che vivo viene filtrato sull’opera. Chiaramente c’è tutta l’influenza del bene e del male, che si possono notare attraverso quei simboli che inserisco. Io invio messaggi mediante le mie opere, ma non cerco di insegnare la retta via.
Cosa ti hanno trasmesso i tuoi grandi maestri? Quale caratteristica o quale insegnamento possiamo notare nelle tue opere, che proviene da questi grandi maestri del passato?
Da quando mi sono trasferito a Roma, ho assorbito totalmente i grandi maestri. Purtroppo in Puglia non puoi immergerti nelle grandi opere dei maestri del passato. Quando sono arrivato a Roma, mi si è invece aperto un mondo: ho passato molte ore a dipingere, disegnare e copiare le opere del passato, sia dal vero che in studio. I grandi maestri come Caravaggio li devi vedere dal vivo. In quei luoghi romani ho studiato veramente tutto: dalla tecnica al rigore pittorico che loro avevano, e anche a cosa e a come pensavano, a come strutturavano le messe in posa dei modelli… Ho studiato tutto per poterlo fare mio e, successivamente, per proporlo attraverso le mie opere.
Stai percorrendo una carriera eccezionale: hai realizzato il ritratto ufficiale di Papa Francesco, hai partecipato a mostre personali organizzate nei luoghi più prestigiosi dell’arte, hai esposto alla Biennale di Venezia, ad Art Miami, alcune tue opere le abbiamo viste al cinema… Quali sono state le esperienze che ti hanno segnato maggiormente?
Oltre alla Biennale di Venezia, che è stata molto gratificante perché ti confronti con tutto il mondo, le esperienze più belle sono state le mostre personali al Vittoriano di Roma, a Londra e a Bruxelles nel Castello di Gaasbeek. Quest’ultimo luogo è stato molto bello e suggestivo. Tutte le esperienze mi hanno lasciato tantissime belle emozioni, e chiaramente le porterò sempre con me. In realtà non riesco a fare una selezione, perché ogni esperienza ti lascia delle emozioni diverse. C’è stata ad esempio la mostra personale che ho fatto pochi giorni fa a Bologna, nella quale mi sono confrontato con la gente che si emozionava nel guardare i miei quadri. Pensa che sono stato tre ore e mezza a firmare autografi, e dopo tutto questo tempo c’era ancora una coda di persone fuori che aspettava. Mi ha colpito molto vedere la gente emozionata per dei dipinti… Soprattutto oggi, vedere qualcuno che si emoziona per dei dipinti è veramente bello.
Le persone si emozionano perché i tuoi dipinti sono perfetti e trasmettono molto…
Non è tanto la perfezione, ma quello che trasmettono. Purtroppo oggi l’arte contemporanea è diventata soltanto una corsa all’originalità, a chi fa l’opera più strana, più assurda. Vedere che un semplice quadro riesce a trasmettere tanto, e per me questa è una vittoria.
Quale consiglio daresti ai giovani sognatori, che sognano di diventare pittori?
Il consiglio che posso dare è quello di rimanere sempre se stessi e di portare avanti ciò che si sente nel profondo. Se te lo senti nel profondo portalo avanti fino in fondo, a prescindere da tutto quello che succede o se la strada è impervia e difficile da percorrere. Bisogna sempre insistere.
Come vedi il futuro della pittura?
Io spero che la mia pittura possa influenzare le nuove generazioni. Sto notando che c’è una certa attenzione verso il figurativo e il realismo, però si sta appiattendo troppo sull’iperealismo. Purtroppo anche il mercato si sta direzionando verso l’iperealismo, e per questo tutti lo fanno. Per me è banale seguire la moda dell’iperealismo, perché alla fine non racconti niente. Esistono le fotografie per la perfezione, non occorre realizzare un’opera per farla sembrare una foto. Ad esempio, stare mesi o anni per realizzare l’epidermide o il brufolo perfetto non ha senso. Noi siamo persone con una profondità, quindi dobbiamo raccontarla.