Pupi Avati, il decano del cinema italiano, ha recentemente espresso le sue preoccupazioni riguardo alla direzione che sta prendendo l’industria cinematografica nel nostro Paese. Durante un’intervista rilasciata a La Stampa nel mese di marzo del 2025, il regista ha sottolineato come il nepotismo stia influenzando negativamente il panorama cinematografico italiano. Secondo Avati, i registi contemporanei, come Paolo Sorrentino e Gianni Amelio, tendono a produrre opere che si riconoscono facilmente per il loro stile distintivo, perdendo così di vista l’evoluzione del genere cinematografico. Il regista ha affermato: “Il genere non si fa più”, evidenziando che il grande cinema italiano sembra provenire principalmente dal Sud, dove la cultura e le tradizioni sono ancora vive e presenti.
L’ultimo lavoro di Pupi Avati, intitolato L’Orto americano, è considerato un esempio di cinema esportabile. Tuttavia, il regista ha notato che il Sud d’Italia conserva un certo mistero e una creatività che sembra mancare nelle regioni del Centro e del Nord. Avati ha condiviso un aneddoto su un documentario girato a Napoli, in cui ha incontrato un venditore di lauree sotto Palazzo Filomarino, un’immagine che rappresenta la vivacità e l’ingegno tipici del Sud. “L’Italia si è svenduta a una mancanza di identità”, ha dichiarato, lamentando la presenza di una cinematografia che sembra riflettere più le connessioni familiari che il talento genuino. Avati ha suggerito la necessità di una selezione più rigorosa nel settore, auspicando la creazione di un albo professionale per i cineasti.
Riflettendo sulla sua vita e carriera, Avati ha descritto cosa significhi per lui il concetto di “per sempre”. Nel corso di un’intervista, ha rivelato che, ora che è anziano, rivede il suo passato con una nuova prospettiva, ritrovando il bambino che era. “L’idea del ‘per sempre’ è riemersa nella mia vita, legata a una ragazza che ho incontrato a Bologna e di cui mi sto innamorando di nuovo”, ha affermato. La figura di sua moglie è fondamentale nella sua vita, descrivendola come un “hard disk” che conserva tutti i suoi ricordi e esperienze. Avati ha ricordato il suo corteggiamento, un processo che richiedeva pazienza e dedizione, un rituale che oggi sembra appartenere a un’epoca passata.
Infine, Pupi Avati ha avanzato una proposta per il futuro del cinema italiano. Con la crisi che ha colpito il settore, il regista ha suggerito la creazione di un’agenzia per il cinema, in grado di gestire i budget in modo più efficiente. “Non possiamo più permetterci budget hollywoodiani, ma possiamo comunque produrre opere di qualità con risorse contenute”, ha dichiarato. La chiusura di sale cinematografiche e le difficoltà delle produzioni sono temi attuali, e Avati ha trovato un alleato nel ministro Alessandro Giuli, che ha mostrato interesse per la sua iniziativa. La speranza è quella di rilanciare l’industria cinematografica italiana, mantenendo viva l’identità culturale del Paese.