Quando si parla di Senna si parla di uno dei piloti più grandi al mondo. Per questo la sua morte ha fermato il concetto di tempo per anni.
Sono trascorsi 30 anni da quel primo 1 maggio 1994, quando Ayrton è rimasto vittima di un terribile incidente durante il GP San Marino di F1, a Imola. Chi c’era quel giorno – fisicamente e da casa – ha visto il mondo fermarsi e ha respirato tutto il dolore che si era spalmato su quella pista che lui stesso aveva tanto amato. Chi c’era ha assistito allo schianto in quella curva, all’arrivo in elicottero nell’Ospedale Maggiore di Bologna e all’annuncio della sua morte, avvenuta ufficialmente alle ore 18.37 nel reparto di rianimazione, all’11esimo piano.
Una morte, quella di Senna, che fu prima cerebrale e che lasciò spazio a una vita ancora appesa a un filo, ma che rappresentò per pochissime ore una speranza per chi credeva. Il pilota restò infatti attaccato alle macchine per un po’, fin quando anche il suo cuore non cedette smettendo di battere.
La morte di Ayrton Senna: perché venne attaccato alle macchine
Nato nel 1960 a San Paolo (Brasile), Senna ha avuto una vita piena anche se breve. Lo abbiamo potuto constatare guardando la nuova serie tv Netflix che racconta proprio la sua vita e la sua carriera, ancora oggi tra le più brillanti del mondo automobilistico internazionale. Sin da bambino ha avuto una passione sfrenata per i motori e, sostenuto dalla sua famiglia, ha debuttato nel karting all’età di 4 anni e ha vinto la sua prima gara quando ne aveva solo 13. Un passo dopo l’altro, correndo su varie piste, è riuscito pian piano a salire la scala del successo e a raggiungere vette inimmaginabili, rappresentando un vero punto di riferimento per il mondo della F1.
Sacrificio, passione e tanto lavoro: si nota questo nella personalità di Senna durante la serie tv creata per omaggiarlo a 30 anni dalla sua scomparsa. Era infatti il 1 maggio 1994 quando ci fu quel terribile incidente che lo ha portato via per sempre. Quel giorno, la partenza per lui non fu dei migliori: si spensero i semafori e la Benetton di Lehto ebbe problemi tecnici, tanto da non partire. Pedro Lamy lo centrò in pieno e le schegge dei detriti dopo la collisione causarono nove feriti tra il pubblico sugli spalti. La gara continuò fino a quel fatale settimo giro, durante il quale Ayrton Senna si schiantò in una curva e i suoi occhi non si riaprirono più.
Quando fu annunciata la sua morte in diretta televisiva, dopo che il pilota venne trasportato all’Ospedale di Bologna, venne intervistato il Primario del reparto di rianimazione. Proprio il medico annunciò la morte celebrale del pilota, facendo anche presente che avrebbero però tenuto ancora artificialmente in vita Ayrton Senna: “Non è completata la normativa della nuova legge, uscita anche in Italia, che consente di considerare deceduta una persona non quando si ferma il cuore, ma quando c’è l’arresto dell’attività celebrale“. Qualche ora dopo, il suo cuore si fermò e, con lui, si fermò anche tutto il mondo. E la storia della F1, che ancora crede nel talento e nella magia creata da un pilota così immortale come Ayrton Senna.