Il cantautore Moderno torna con il nuovo singolo L’Unica Specie che Sa, che sarà disponibile da mercoledì 15 marzo: l’artista ci trasporta nel suo universo personale in cui musica e filosofia si fondo in un unico luogo. Ce ne ha parlato in questa intervista, svelandoci anche tutti i suoi futuri progetti.
Com’è nato il tuo primo approccio alla musica? Quando hai capito che sarebbe stata la tua strada?
Quando ero adolescente, il fidanzato di mia sorella portò con sé un basso elettrico. Iniziai a suonare un pezzo che adoravo dei Mineral (band emo-post-rock degli anni ’90 che mi ha segnato) e in tutto ciò ero convinto che quella che stavo suonando fosse una chitarra. Con gli anni le mie conoscenze sono diventate adeguate e soprattutto ho iniziato a scrivere ininterrottamente. Mettermi con la chitarra o con un synth e iniziare a canticchiare un testo su una melodia, è uno dei momenti più alti della mia vita.
Parliamo del tuo nuovo brano L’unica specie che sa: dove nasce l’idea per questo singolo?
E’ il racconto di una condizione in cui siamo immersi tutti, con rarissime eccezioni. Siamo “schiavi della società dell’apparenza” e della performance. L’idea alla base del pezzo è quella di farci riflettere sulla possibilità di un cambiamento: prima di tutto, accettare la nostra condizione di esseri imperfetti, invece di fingerci onnipotenti. Lo trovo liberatorio.
Nella vita quotidiana sei anche professore di filosofia, e inserisci concetti filosofici anche nella tua musica. Secondo te, possiamo riscontrare delle similitudini tra musica e filosofia? Cosa le accomuna?
Musica e filosofia sono entrambe poetiche. I primi poeti erano anche cantori; quindi la poesia la intendo come l’arte di scavare in profondità grazie al potere delle parole e delle note. Cerco di parlare nelle canzoni così come parlerei in classe. Ovviamente il pubblico che ascolta è un po’ più grandicello dei miei ragazzi, quindi il linguaggio che uso è leggermente più “adulto” e variegato. Se poi a scuola scoprono che canto, sono benvenuti anche loro ai miei concerti!
Come ti sei approcciato a questo genere musicale? Chi sono stati i tuoi maestri musicali?
Ho raggiunto negli ultimi tempi un’idea chiara del mio sound. Mi piace creare un mix che attualmente non esiste: le chitarre arpeggiate del punk e del post-rock con cui sono cresciuto, l’elettronica scoperta negli ultimi anni che ha come maestri i vari Hopkins, Hecker, Four Tet, Burial, Aphex Twin… Cerco di unire questo sound con un cantautorato “poetico“, appunto. Lo scopo ultimo è uno: farci piangere mentre balliamo.
Quali sono i tuoi futuri progetti? Puoi anticiparci qualcosa?
Vi anticipo che da qui a fine anno farò un po’ di date per lo Stivale, continuando a far uscire brani. Prima o poi queste canzoni formeranno un disco.