Il regista Massimo Ivan Falsetta ha presentato di recente un nuovo progetto cinematografico: si tratta del cortometraggio Ultimo Stop, che vede come protagonista l’attore Neri Marcoré e che affronta l’argomento – di grande attualità – dell’eutanasia, e del diritto a decidere del proprio destino. Il film è stato in concorso allo Spiraglio Festival e sarà presentato fuori concorso al Festival dei Tulipani Neri a Roma il 4 maggio. Falsetta ce ne ha parlato in questa intervista.
Com’è nato il tuo primo approccio alla regia? Quando hai capito che sarebbe stata la tua strada?
Il mio primo approccio risale a un po’ di tempo fa, prima che frequentassi l’Università. Facevo dei lavoretti saltuari, lavoravo per una grossa azienda di telefonia e vendevo schede aziendali. Un giorno partecipammo a una grande convention a Cagliari e ci dissero di creare uno spot con degli oggetti che avevamo a disposizione nella stanza. C’era questa sfida tra venditori e io feci la mia pubblicità: lì ho avuto la prima intuizione. Poco dopo è arrivata la seconda, quando partecipai a un concorso di fumetti. Sono poi arrivato a Roma, e mi sono trovato catapultato su un set di Dolce&Gabbana insieme a Tornatore. Lì ho fuso l’intuizione alla bellezza del grande cinema, ed è nata la magia.
Parliamo del tuo nuovo progetto L’Ultimo stop: dove nasce l’idea per questo progetto?
L’idea è nata da una riflessione che ho avuto leggendo del suicidio di Mario Monicelli, che decise di lanciarsi da una finestra del San Giovanni. Il Maestro decise infatti di dare lui un ultimo stop alla sua vita, e ho avuto così questa idea. Ho pensato che il tema dell’eutanasia fosse poco trattato in Italia e ho pensato di scrivere questa sceneggiatura. L’obiettivo era quello di dare una riflessione, non quello di fare un manifesto pro e contro l’eutanasia. Per me è sufficiente che chi guarda il film rifletti su questa tematica.
Il protagonista è Neri Marcoré, che ha saputo in modo brillante interpretare un ruolo significativo. Com’è stato lavorare con lui e qual è la sua più grande risorsa?
Lavorare con lui è stato bello; è una persona umana e di grande spessore, che ti mette a proprio agio, e mi sono trovato bene anche a livello personale. È nata un’ottima amicizia, amiamo questo lavoro e mettiamo l’anima in quello che facciamo. Tecnicamente è inoltre un grandissimo attore. Ho scelto lui perché un tema così profondo necessitava di una figura dolce-amara, e lui riesce a passare da un personaggio all’altro molto velocemente.
Il film è stato in concorso a Lo Spiraglio Festival. Quali erano le vostre aspettative in merito a questo e com’è stata questa esperienza?
È particolare come festival; tratta la sofferenza psichica e tutto ciò che ha a che fare con la mente. Essere selezionato a un Festival così importante e fatto da telespettatori preparati, è stato molto emozionante e io ero già felice così.
Quali sono i tuoi futuri progetti? Puoi anticiparci qualcosa?
Girerò un docufilm sulla musica rock, visto dal punto di vista di una cantante. La Calabria Film Commission ci ha stanziato un finanziamento, e sto cercando altri co-finanziatori del progetto. Spero di realizzarlo al più presto.