Marco di Noia torna sulla scena musicale con il singolo Camillevolt, un brano che ha visto la collaborazione di venti giovani designer della Scuola di Design del Politecnico di Milano. L’artista ha così accettato di incontrarci e ci ha parlato dei suoi progetti tra passato, presente e futuro.
Com’è nato il tuo primo approccio alla musica? Quando hai compreso che sarebbe stata la tua strada?
Mi è sempre piaciuta la musica, inizialmente come tutti quelli che ascoltano canzoni. Canticchiavo anche a scuola, senza pensare di avere una voce con delle potenzialità. Verso i 22 anni, vinsi però una gara di canto amatoriale e da lì iniziai a prendere lezioni di canto. Ho così scoperto di avere delle estensioni molto ampie. Ho inoltre sempre avuto dimestichezza con la scrittura; sono infatti giornalista e ho fatto studi di dottorato in Letterature comparate. Ho dunque centrato il mio personaggio artistico con la sperimentazione, cercando di battere delle strade che arricchiscano il brano con contenuti più profondi legati alla sperimentazione di nuove tecnologie.
Parliamo del tuo nuovo singolo Camillevolt: dove nasce l’idea per questo brano e qual è il messaggio principale che vuole trasmettere?
E’ un brano che è una nuova maschera carnevalesca milanese, nata dalla collaborazione con gli studenti della scuola di Design del Politecnico di Milano. Volevo fare un progetto insieme a loro, che ho conosciuto quando sono stato invitato a presentare la sovranità dei robot. Vedendo l’edificio e i laboratori, ho pensato di interagire con loro. Era un ambiente che mi affascinava molto, e ho così pensato a quello che potevano unire la musica e il design: ho quindi immaginato le maschere della commedia dell’arte. Ognuno ha dei vestiti caratteristici, qualcosa che ha a che fare con il design. Ho proposto di fare questo lavoro, di reinventare le maschere che, nei secoli medievali, mettevano in piazza le professionalità dell’epoca per riportarli ai giorni nostri. Ho così messo in musica tutto questo, ho chiesto agli studenti di radiografare Milano e di descriverla, e poi di creare una maschera e mandarmi il materiale. Ho creato da lì una canzone.
Hai inserito in questa canzone anche la bellezza del design, collaborando con venti giovani designer. Secondo te, quali sono le maggiori differenze e similitudini tra la musica e il design?
Ho avuto una chiacchierata con il prof. Mario Bisson su cosa fosse il design: non si sa definire realmente. È sempre stata una questione aperta. Questo progetto mira ad applicare la metodologia del design che Bisson definisce come “gestione della complessità”, e mira anche ad applicare a un progetto artistico musicale preciso. Ci sono molte similitudini tra questi due mondi: sia il design che le canzoni puntano a colpire l’attenzione del fruitore e suscitare emozioni in lui.
Il tuo è un sound molto originale, ma cosa c’è dietro tutto questo? Chi sono stati i tuoi maestri musicali?
Da sempre ho avuto una caratterizzazione di originalità nella scrittura. Questo deriva dal fatto che amo molto variare le situazioni. Il mio stile parte sicuramente da alcune influenze musicali passive: mia madre ascoltava molto i Beatles, e ho appreso passivamente la loro musica. Ho poi sempre spaziato su vari altri generi come il metal, il rock, l’opera, il musical. Questo ha sicuramente creato la mia personalità musicale. I miei maestri sono quindi stati i Queen, i Beatles, Lucio Dalla, Franco Battiato e Fabrizio De Andrè.
Il brano ritrae una visione differente di Milano: cosa rappresenta per te questa splendida città?
È la mia città, ed è la città in cui sono nato. È parte di me totalmente. Questo posto mi rende orgoglioso, e si sta caratterizzando per una trasformazione verso l’edilizia verde (come ad esempio le zone di Porta Nova, Bosco Verticale, City Life). Si sta avvicinando molto all’edilizia, sta diventando una città in cui è ‘cool’ vivere. La qualità della vita è molto alta e, a mio parere, è anche un po’ sopra alla città iconica di Los Angeles. Dà inoltre tante possibilità a livello lavorativo e artistico: ci sono mostre di grandi pittori, biblioteche molto importanti.
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Quali sono i tuoi futuri progetti? Puoi anticiparci qualcosa?
Il progetto con il Politecnico di Milano mira ad ampliarsi in tutta Italia, dove ci sono scuole di design. Andrò a Palermo, perché abbiamo organizzato questo progetto anche con l’Universtà di Palermo al fine di tirar fuori una maschera moderna per Palermo e quindi una canzone. L’innovazione di questo progetto è la visione delle città, ma anche il processo creativo allargato. Il 20 giugno, presso la Fabbrica di Lampadine di Milano, terrò un concerto durante il quale presenterò un compendio degli ultimi 3/4 lavori da me realizzati, e porterò sul palco performances sperimentali. Sto intanto scrivendo brani con Piero Cassano, uno dei più grandi artisti: è stato un membro dei Matia Bazar e produttore dei primi 5 album di Eros Ramazzotti.
Intervista a cura di Stefania Meneghella