Luciano Canfora è uno dei punti di riferimento della cultura italiana e che, con il suo attivismo politico e lo studio della filologia, ha saputo sin da subito attirare l’attenzione del pubblico italiano, giovanile e non.
Con alle spalle una carriera ricca di pubblicazioni, ospitate televisive e dibattiti, Canfora è diventato nel corso del tempo un personaggio di spicco della società nazionale. Nel corso dell’evento Lungomare di Libri, tenutosi a Bari dal 30 giugno al 2 luglio 2023, il saggista ha presentato la sua ultima fatica letteraria Sovranità Popolare (Laterza Editore). Un volume che vuol essere anche un ritratto della politica attuale partendo dalle radici neofasciste del governo in carica, e che presenta delle ragioni storiche remote.
Canfora si è così raccontato ai microfoni di Kosmo Magazine e, dopo l’evento, ha risposto a tre nostre domande che, seppur brevi, hanno saputo dipingere esattamente il filologo per la persona che è: un uomo fatto di cultura e, soprattutto, di umiltà.
Il suo libro parte dal periodo del neofascismo. Quanto questo orientamento politico influenzi la nostra società, secondo lei?
Su alcuni terreni in maniera molto sottile ma evasiva. Ad esempio, c’è ancora un certo razzismo soft, leggero ma molesto, contro il diverso, il migrante, contro chi non se la passa bene. Questo è uno dei nuclei di questo orientamento. Il fascismo è in fondo soprattutto razzismo: c’è un senso di superiorità rispetto ad altri. Questo dura ben oltre la fine di un regime.
Il suo volume è un ritratto della politica attuale. Cosa bisognerebbe cambiare della politica italiana?
Nella nostra politica e nelle organizzazioni politiche c’è un vuoto, e riguarda lo schieramento di sinistra che è in grande difficoltà, frantumazione, scoraggiamento o mancanza di idee. Questo è il vero problema della politica italiana. Chi la gestisce è paralizzato.
Lei è uno dei filologi più importanti d’Italia. In che modo lo studio dei testi classici possa influenzare la società attuale?
Gli antichi, che noi conosciamo abbastanza, hanno posto i problemi fondamentali dell’umanità ma c’è uno che mi sta sempre a cuore: la schiavitù, che è tornata in forme diverse. Noi la vediamo in capitanata, nel sud est asiatico o in certe aree dell’America. Si tratta di un tipo di dipendenza che, nell’antichità, è stata studiata da vicino.
Gli antichi hanno cercato di giustificarla o di combatterla con un pensiero filosofico che si è accanito nel difendere l’unità del genere umano. Loro hanno tante cose da dirci, in modo semplice e diretto, in lingue che si possono leggere anche attraverso traduzioni ben fatte. Non sono affatto morti, ma sono testi che ci parlano ancora.