Luca Russo – Sospesi su un filo invisibile

“Il rancore non dimentica”


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Luca Russo



Ci sono pagine che restano sospese in aria, come vento che fugge, come aria che corre.
Ci sono pagine che restano incollate alla memoria, e non c’è motivo per rimuoverle, non c’è motivo per separarci da ciò che abbiamo sentito, letto, immaginato.

Oggi vi parlerò di pagine difficili da dimenticare, per quanta intensità ci sia, per quanta anima si trovi. Sono le pagine contenute ne “Il rancore non dimentica”, scritto da Luca Russo, edito da Maglio Editore.

Una storia diversa, originale, una storia straordinariamente unica, una storia che lascia l’anima in sospeso. Come essere in bilico su un filo invisibile e non saper da quale parte cadere. Leggere quelle pagine significa avvertire, per lunghi istanti e per tutta la durata della lettura, questa sensazione.
Suspence, curiosità, immaginare fatti, luoghi, persone, sognarli anche, desiderare di esser lì. E poi ancora… suspence. La storia di Davide è una storia che viaggia e che conduce noi in viaggi interminabili, portandoci alla scoperta di dettagli, mondi, anime che altrimenti non avremmo mai conosciuto.
E’ una storia – questa – che si scopre autonomamente, senza bisogno di mani tese, aiuti, senza bisogno di risposte. E’ una storia che cammina da sola, mentre il lettore la accompagna e la guarda da lontano, e anche mentre è lui stesso a diventare un personaggio del libro. E’ una storia che fa riflettere, pensare, che ci rende assolutamente consapevoli di ciò che ci attornia e di ciò che accade, di ciò che ci accade.
Utilizzando un genere stilistico che contiene di per sé già un potere attrattivo, Luca ha avuto la capacità di rendere chi legge ancora più partecipe, mediante parole che, come calamita, lasciano gli sguardi su pagine fatte di misteri, su fogli che rivelano senza svelare nulla.
E’ dunque una storia che attrae, lasciando una sensazione di continua confusione e disequilibrio che, alla fine del romanzo, si trasformeranno in splendide consapevolezze.

Lasciamo la parola a Luca, buona lettura!


D: Come nasce l’idea per questo romanzo?
R: La trama de “Il rancore non dimentica” mi ronzava per la testa da qualche anno. Per molto tempo l’ho lasciata chiusa nell’angolino della mia mente riservato ai “prima o poi farò”, fino a quando non ho preso il coraggio in mano e mi sono deciso a riportare su carta (quanto meno a provarci) l’idea che avevo partorito.

D: Che ruolo ha il genere thriller – poliziesco nella tua vita? Ti è mai capitato di scrivere altri generi?
R: Fin da ragazzo, amo leggere libri appartenenti al genere thriller perché, se ben scritti, riescono a tenermi incollato alle pagine fino alla conclusione. Mi ritengo comunque un buon lettore, tanto che spesso spazio finendo per sconfinare anche su generi che nulla hanno a che fare con il poliziesco. Leggo con piacere romanzi, biografie e fumetti. Terminata la stesura del mio primo libro “Il rancore non dimentica” sentivo l’esigenza di sperimentare qualcosa di diverso, così mi sono messo all’opera e ho scritto un romanzo. Devo confessare che l’esperienza mi ha soddisfatto molto.

D: Spiegaci il titolo del romanzo “Il rancore non dimentica”. E’ stata una scelta istintiva oppure c’è un lungo percorso che ti ha indotto a questa decisione?
R: La scelta del titolo non è stata istintiva. Il titolo originario, infatti, era differente. In fase di pubblicazione, di comune accordo con l’editore, abbiamo deciso di cambiarlo con l’intento di individuarne uno più calzante e idoneo al genere di appartenenza. “Il rancore non dimentica” è il frutto finale di un mix di proposte che meglio riassume le vicende da me narrate.

D: Ciò che si evince particolarmente e che fa da cornice all’intera storia è la presenza costante dei salti temporali. Come definiresti il legame che hai avuto con il tempo durante la stesura delle pagine?
R: Nel romanzo sono presenti numerosi flashback. I salti temporali sono congeniali alla storia, in quanto i protagonisti hanno un passato “ingombrante” con il quale spesso si trovano a dover fare i conti. Il legame avuto con l’elemento “tempo” è stato notevolmente complesso. Trattandosi della mia prima esperienza “penna alla mano”, non è stato per nulla facile riuscire a gestire al meglio una storia intricata per di più ambientata in periodi temporali distanti vent’anni l’uno dall’altro. Ho faticato molto a trovare la tecnica giusta per riportare fedelmente su carta la mia idea. Spero di esserci riuscito.

D: Definisci in poche righe il profilo psicologico del protagonista Davide.
R: Davide è un finto spensierato. Dietro l’aspetto scanzonato si nasconde una persona in realtà molto riflessiva, un animo buono ma profondamente inquieto che si pone continue domande circa la direzione presa dalla sua stessa vita. E’ un uomo estremamente disponibile e gentile con il prossimo, rigido e severo con se stesso.

D: C’è qualche fonte particolare da cui hai attinto informazioni per cercare di risolvere i casi di omicidi che fanno da sfondo al libro?
R: Non ho attinto da fonti particolari. Le vicende narrate nello specifico sono frutto della mia invenzione. In generale le tematiche affrontate si riferiscono a episodi di violenza piuttosto comuni che, purtroppo, balzano alla cronaca con frequenza quasi quotidiana. Ho sfogliato numerosi testi dedicati ai protocolli e le metodologie d’indagine adottate dalle forze dell’ordine poiché tenevo molto a rendere la storia credibile e realistica.

D: Ti senti più affine a Davide Quarto oppure a Paolo Dora? Perché?
R: Considero Davide Quarto come il mio alter ego, i suoi pensieri e la sua filosofia di vita, infatti, spesso combaciano alla perfezione con i miei. Considerando la differenza di età dico sempre che se Davide fosse reale sarebbe mio fratello maggiore. Sul lavoro invece sono più affine a Paolo Dora, meno spensierato e ligio alle regole imposte.

D: Cosa speri di trasmettere al lettore attraverso questa storia?
R: Mi innervosiscono quei gialli che, arrivati a pagina cinquanta, fanno già sospettare per qualcuno in particolare e che giunti alla fine ti fanno dire: “Ecco lo sapevo!”. Avevo voglia di realizzare un thriller che non fosse banale e scontato in grado di far pensare il lettore senza però annoiarlo. Spero di regalare la sensazione di stupore che gli amanti dei gialli si aspettano quando prendono per le mani un libro di questo genere.


 

Recensione e intervista a cura di Stefania Meneghella

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Stefania Meneghella