Louis Siciliano torna sulla scena musicale mondiale con il nuovo LP Ancient Cosmic Truth – A Suite in 4 Movements: un progetto, questo, che ha avuto inizio dalla città di Napoli per poi compiere un viaggio in vari posti del mondo. Con alle spalle una carriera ricca di esperienze internazionali e di incontri con i più importanti musicisti della storia, Siciliano ha approfondito il suono cosmico per trasformarlo in un disco che si abbina perfettamente al suo spirito artistico.
L’artista ha realizzato l’album con Alex Acuña dei Weather Report (percussioni), Claudio Romano (batteria), Randy Brecker deiBrecker Bross (tromba) e Umberto Muselli (sax tenore).
Hai alle spalle un percorso artistico colmo di successi e riconoscimenti, ma quando è nata la fiammella per la musica? Come hai capito che sarebbe stata la tua strada?
Ero molto piccolo; avevo 4-5 anni. All’epoca andavo con mia nonna in Chiesa ed ero rapito dall’organo, da questo strumento incredibile. Ho così iniziato a suonare l’organo e le chitarre classiche: il richiamo era molto forte. Con il tempo si è sempre più intensificato; sono sempre stato completamente rapito dalla musica e ho sempre avuto un rapporto totalizzante con lei.
Parliamo del tuo nuovo progetto Ancient Cosmic Truth (Musica Presente Records): dove nasce l’idea per questo LP?
Ho aspettato 25 anni per realizzarlo: è composto da 4 pezzi e ci ho lavorato per molto tempo. Volevo fare un album molto qualitativo dal punto di vista del suono: è infatti tutto registrato in analogico, e gli strumenti sono accordati sugli 8 hz. Volevo fare un disco che mi rappresentasse pienamente, dato che non ero mai riuscito a realizzarlo perché ero molto preso dal lavoro. Sento che questo è il primo capitolo di una nuova dimensione legata a questo suono cosmico che da sempre ho inseguito. Alla base del sound, ci sono i miei sintetizzatori e tutti i suoni sono programmati da me: ogni suono è un piccolo mondo ed è l’incolonnamento di tanti anni di ricerca e di studio. Ho inoltre notato che sta avendo una bella risonanza anche tra gli appassionati di jazz e rock progressive. La mia musica è sempre mossa dal piacere e dall’amore, e questo è apprezzato molto dal pubblico.
In questo disco e nel tuo percorso musicale, sei partito da Napoli per girare in tutto il mondo. Quanto c’è di Napoli in te e quanto hanno influito le tue origini nella tua musica?
Il Sud del mondo ha sempre catalizzato la mia attenzione; questa città pulsa di musica da sempre. L’album è stato prodotto da Renato Marengo, ed è stato un privilegio nascere in una città come Napoli. La musica popolare è infatti una forma arcaica legata alla tradizione contadina, e mi sono sentito parte di un discorso musicale che si perde nella notte dei tempi e che tocca le emozioni profonde. La bellezza di questo essere napoletani è il fatto che, quando si va all’estero, si entra subito in contatto con gli altri e si respira un mix di culture.
Come ti sei approcciato invece a questo genere musicale? Chi sono stati i tuoi maestri musicali?
La mia musica viene a volte definita comic progressive genre, a volte musica quantistica. Ho preso ispirazione non solo dai musicisti ma anche da studiosi come Einsten o dal pittore Escher. La più grande influenza viene però da me stesso dato che, per 18 ore al giorno, faccio e ricerco la musica. Ho scritto un libro che è stato definito un punto di riferimento nella ricerca della musica quantistica, e devo tutto anche al mio Maestro Antonio De Santis che è stato un pioniere della musica nel mondo. Nel corso della mia carriera, ho anche conosciuto Wayne Shorter che mi ha permesso di credere in quello che sto facendo. Tutti mi dicevano di mollare, ma lui mi ha dato una grande forza e mi ha anche aiutato interiormente.
Hai avuto numerose esperienze in ambito musicale e, molti anni fa, sei stato anche invitato a prendere parte alla giuria dei Grammy Awards. Cosa ti ha lasciato più di tutto questa avventura?
Sono anni che vivo tra l’Italia, gli Stati Uniti e l’Inghilterra. Dagli anni ’90 ho vissuto a New York e, in quel periodo, ho iniziato a lavorare nei grandi studios americani. Ho così potuto incontrare tanti artisti come Michael Jackson, ed è stata per me una palestra di vita che mi ha messo in contatto con tutta la community dei grandi produttori e arrangiatori. Sono stato così presentato ai Grammy, dato che si entra solo per referenze. Ero uno dei pochi presentatori europei, ed è sempre bello vedere la considerazione che la musica ha negli States. I Grammy sono divisi in tante sezioni, ma ci sono anche sezioni dedicate alla musica classica e c’è un grande approfondimento sugli artisti.
Quali sono i tuoi futuri progetti? Puoi anticiparci qualcosa?
Nel futuro non ho mai creduto, ma ho lavorato sempre nel qui e ora. La nostra è una società che ci proietta nel futuro e questo ci porta spesso a fuggire dal presente. Ci sarà un tour che mi permetterà di portare la mia musica live: iniziamo con una serie di date e poi mi sposterò tra i continenti. La musica strumentale mi permette di creare dei ponti con il pubblico, ed è un linguaggio universale.