Leyla Martinucci ha all’attivo numerose esperienze teatrali, che le hanno permesso di vivere con passione il suo amore per la musica. Figlia del celebre tenore Nicola Martinucci, ha respirato l’arte tra le mura delle sua casa e ha portato questa ambizione in tutto il mondo. Si è così esibita in numerosi teatri mondiali, cantando anche sui grandi palcoscenici degli Stati Uniti. L’artista ci ha raccontato tutto il suo mondo fatto di note e pubblico, parlandoci di come la musica abbia attraversato i suoi tempi e di come sia adesso proiettata verso il suo futuro.
Com’è nato il tuo primo approccio alla musica? Quando hai capito che sarebbe stata la tua strada?
Il mio rapporto con la musica inizia da sempre; non c’è un inizio vero e proprio. Vengo da una famiglia in cui l’arte l’ho da sempre respirata. Mio padre era cantante lirico, e ho sempre vissuto l’atmosfera teatrale come se fosse la quotidianità per una bambina che seguiva i propri genitori in tutto il mondo. Ho vissuto la preparazione in teatro e le varie prove. All’età di 13 anni, ho iniziato a rendere il tutto più ufficiale debuttando in un piccolo ruolo teatrale.
Come ti sei approcciata invece al canto lirico? Chi sono stati i tuoi maestri musicali?
Come serietà e come approccio al mestiere, mio padre ha fatto il suo e mi ha fatto vedere come lui affrontava seriamente il suo mestiere. La lirica – come tutte le arti teatrali – prevede una devozione e un approccio quotidiano, come la preparazione e il come training fisico e psicologico. Quando si studia un ruolo da debuttare, ogni volta si affrontano paure, relazioni con i colleghi, la realtà del teatro in cui si va a esibirsi. A livello vocale c’è sempre una serie di cambi e, a differenza della musica pop, lo spartito deve essere seguito alla lettera.
Hai avuto numerose esperienze teatrali nel corso della tua carriera: qual è il ricordo più bello che hai, tra tutti quelli da te vissuti in ambito professionale?
Le esperienze all’estero sono molto belle: il pubblico estero è più svincolato da determinati canoni rispetto al pubblico italiano. In Italia conservo sicuramente un grande ricordo, ossia quello di aver lavorato con Claudio Scimone. Era un essere umano meraviglioso, di grandissima cultura, di comprensione, con una grande attenzione e molto accogliente. Era veramente un grande artista e un grande uomo. E’ sempre nei miei ricordi.
Nel mese di dicembre 2022, ti esibirai nel Teatro Cajelli di Busto Arsizio: quali sono le tue aspettative a riguardo e quale sarà secondo te la reazione del pubblico?
La reazione del pubblico spero che sarà buona; spero che lo spettacolo dia una buona sintonia tra colleghi. È un debutto molto difficile e impegnativo. Eleonora è un ruolo complesso, e per me è di grande traguardo. Ho debuttato l’anno scorso in Germania con Turandot, e la risposta del pubblico è stata meravigliosa. Incrocio le dita, e spero che l’Italia possa accogliere questo mio cambio di registro.
Cosa consiglieresti ai giovani sognatori che vorrebbero intraprendere il percorso del canto lirico?
Continuare a sognare, perché sognare è bellissimo. Insieme al sogno, bisogna unire una dedizione che va applicata a qualsiasi mestiere. Ci vuole passione e l’umiltà di capire che in realtà va vissuto un tassello al giorno, senza paura di sbagliare o di avere la giornata negativa. Consiglio di studiare e di applicarsi con passione, affidandosi a persone che sapranno aiutare.
Quali sono i tuoi futuri progetti? Puoi anticiparci qualcosa?
E’ imminente Il Trovatore: debutto l’11 dicembre al Teatro di Busto Arsizio. Al Teatro Bellini di Catania canterò invece il Requiem di Verdi. Sarà un altro grande masterpiece con una musica meravigliosa che riempie la testa e il cuore; non vedo l’ora di cantare in quel meraviglioso teatro.