Il 7 dicembre 2022 è stata inaugurata – presso la Galleria del Cembalo di Roma – il progetto fotografico di Karmen Corak, “La vie en vert“. L’artista italiana di origine slovena ha studiato Arti Grafiche in Croazia e Conservazione e restauro di opere d’arte su carta in Italia, Giappone e Austria. Le sue opere esposte rappresentano una vera e propria testimonianza di un dialogo inconscio tra anima e natura, nato da un profondo amore per i giardini giapponesi. La fotografa ci ha parlato dell’evento – che sarà visitabile fino al 3 febbraio 2023 – e ci ha raccontato la sua pura essenza artistica.
Com’è nato il tuo primo approccio all’arte e alla fotografia? Quando hai capito che sarebbe stata la tua strada?
Da piccola, a 4 anni, a Maribor, in Slovenia con i miei compagni di gioco, frequentavo uno studio d’artista che abitava nella stessa via. Ero affascinata dall’ambiente che mi rendeva felice quanto il giocare nel giardino di casa. Negli anni settanta a casa si leggeva la poesia giapponese haiku, per la prima volta tradotta in lingua slovena, mia madre aveva una ricca biblioteca di libri d’arte e architettura e seguiva corsi di ikebana ed esperanto. A lei piaceva molto fotografare e abbiamo tuttora molti album di famiglia. Al liceo ho conosciuto un fotografo appena tornato dagli studi di fotografia a Monaco, mi piaceva molto il suo stile raffinato quanto l’arte tradizionale dell’estremo oriente. Forse questi erano i primi input. Il giardino di casa era il mio mondo da esplorare, insieme ad un compagno del liceo ci divertivamo a fotografare e sviluppare le foto.
Francois Jullien (filosofo e sinologo francese) afferma che la nostra prima dimora è stata un giardino … rappresenta la serenità … montagne, rocce, bambù e alberi, increspature dell’acqua, nebbie e nubi non hanno una forma costante, ma hanno una natura interiore costante. Nell’Estremo Oriente non si cerca la rappresentazione, ma ad esprimere la coerenza interna del paesaggio, che è inesauribile nelle sue variazioni. Il paesaggio non è una parte ritagliata ma è già il tutto. Non si tratta di imitare la natura ma lavorare come lei, cogliere il mondo nella sua transizione.
Parliamo del tuo progetto fotografico La vie en vert, che sarà in esposizione presso La Galleria del Cembalo di Roma. Come nasce l’idea per questo lavoro?
Viaggiando per lavoro, per me era indispensabile dopo gli impegni trovare un po’ di pace esplorando i giardini botanici. Ammiravo i giardinieri che avevano in cura il mondo vegetale con i suoi cicli in ripetizione ma mai uguali. E’ un mondo magico e misterioso e le fotografie sono una visione interiorizzata della natura che cercano di cogliere lo spirito del paesaggio. Secondo Stendhal un paesaggio fa risuonare qualcosa nell’interiorità, una vibrazione, una risonanza, l’intesa fra l’io e la natura. Le 55 fotografie in mostra alla galleria del Cembalo sono un assemblage delle impressioni, delle sensazioni vissute nei luoghi e tempi diversi. Alcune di queste erano esposte a Venezia nella mostra Green Matter al Palazzo Polignac nel giugno 2021. On touche avec les yeux … voir c’est avoir à distance.
Le tue opere sono ispirate alla meravigliosa cultura giapponese. Cosa rappresenta per te il Giappone e quanto ha influito questo Paese sulla tua arte?
Alla Fotografia Festival Internazionale di Roma nella sua X edizione che aveva come tema Motherland, partecipai con un progetto intitolato AWARE. Oltre apparenza (Mono no aware significa l’emozione delle cose). Ecco, per me il Giappone è uno dei miei 3 Motherland, è un paese dove mi sento “a casa”. C’e qualcosa nell’estetica tradizionale dell’Estremo Oriente che corrisponde al mio ritmo interiore.
Il protagonista di questo progetto è sicuramente la natura, che conduce l’essere umano a un dialogo con tutto ciò che è verde. Secondo te, quanto riesce a salvarci la natura e quali sono gli elementi che legano il mondo naturale a quello dell’arte?
Sentire il verde – sentire il gusto del verde – Vivere di paesaggio secondo Francois Jullien è viverlo come risorsa. Per Novalis la Natura e la Vita devono diventare poesia, fiaba, magia e (aggiungo io) fotografia. Oliver Sacks (1933 -2015) scrive in un breve testo intitolato Why we need gardens:
“In 40 anni di pratica medica ho scoperto che solo due tipi di terapia non farmacologica sono di vitale importanza per i pazienti con malattie neurologiche : musica e giardini. Gli effetti delle qualità della natura sulla salute non sono solo spirituali ed emotivi, ma anche fisici e neurologici. Non ho dubbi che loro riflettano i cambiamenti profondi nella fisiologia del cervello e forse anche nella sua struttura.”
Quali sono le tue aspettative in merito a questo evento? Quale pensi che sarà la reazione del pubblico?
Abitare poeticamente la terra … diventare giardinieri delle nostre anime.
“Cerchiamo di essere grati alle persone che ci rendono felici, sono gli affascinanti giardinieri che fanno fiorire la nostra anima.”(Marcel Proust)
Quali sono i tuoi futuri progetti? Puoi anticiparci qualcosa?
Vorrei pubblicare un libro sul Giappone tradizionale washi. Ho iniziato a fotografare in Giappone nel 1996 e dieci anni dopo a stampare le fotografie anche su questo magnifico supporto.
Tanizaki Jun’ichiro (“Elogio della penombra” – In’ei raisan – scritto nel 1933) osserva che la carta occidentale sembra respingere la luce, mentre quella giapponese la beve lentamente, e la sua morbida superficie è simile al manto della prima neve. Washi sospende l’immagine come se fluttuasse.