L’attore Ivan Boragine torna al cinema con Il Diavolo è Dragan Cygan e si racconta con un’intervista esclusiva.
Alle sue spalle, c’è una carriera ricca di esperienze personalità e professionali. Dopo aver debuttato nella serie tv Gomorra, con una storia personale carica di profondità, ha iniziato a muovere i suoi primi passi nel mondo della recitazione. Oggi è tornato al cinema con il film diretto da Emiliano Locatelli, che uscirà nelle sale il 14 marzo. Si tratta di un noir interessante che parla di speculazione economica, discriminazione e ingiustizia sul lavoro.
Alle tue spalle c’è già una bellissima carriera, ma com’è nata la fiammella per la recitazione?
L’ho capito dopo aver avuto un’avvisaglia, che è avvenuta quando avevo 13 anni. Ho fatto parte in uno spettacolo della parrocchia e abbiamo messo su Miseria e Nobiltà, dove io interpretavo il ruolo di Peppiniello. Quella è stata un’esperienza amatoriale, ma qualcosa dentro di me iniziò già a radicarsi. Diverse vicissitudini familiari mi hanno poi tenuto un po’ lontano da questa strada, ma all’età di 19 anni ho deciso di iniziare a studiare seriamente. Lì ho capito che quella non era una fiammella, ma un fuoco ardente.
La tua storia di vita è molto profonda e significativa. Quanto ha influito nel tuo stile recitativo?
Sono convinto che la mia vita abbia influito molto nel mio stile artistico. Esistono attori di pancia e attori tecnici: quando si ha però vissuto particolari di vita, si ha con sé un bagaglio di esperienze.
Tra le tue esperienze più di impatto c’è stata quella di Gomorra. Cosa ti ha lasciato questo progetto?
Quella è stata la mia prima esperienza importante, la punta dell’iceberg della mia carriera. Avevo già avuto altre esperienze, ma Gomorra mi ha fatto conoscere al grande pubblico e mi ha fatto imporre agli addetti al lavoro in maniera incisiva. Gomorra mi ha lasciato tanto, e in qualche modo me la sono sudata. All’inizio non si sapeva niente di questo progetto, e all’epoca ho pensato di fare questo provino per provare a lanciarmi in qualcosa di nuovo. Lei ha proposto il mio materiale, e ricordo che di me dissero che la mia faccia era troppo da “bravo ragazzo”. Così mi sono impuntato, ho fatto il primo provino e, dopo un solo callback, sono stato scelto in maniera diretta.
Presto sarai al cinema con il film Il Diavolo è Dragan Cygan, un noir che parla di speculazione economica. Quali sono le tue aspettative a riguardo?
È un’opera prima del giovane regista Lucarelli, che reputo avere non solo un’umanità molto importante, ma anche una grande professionalità. Ha idee bellissime, non banali e, nonostante sia un progetto con un low budget, io credo veramente possa ritagliarsi uno spazio in una tipologia di film che ad oggi vengono trattati in modo molto superficiale. È un mix tra thriller, poliziesco e noir, insomma un film di genere che viene visto poco in Italia.
Com’è stato invece interpretare il tuo personaggio e quanto c’è di te in lui?
Me ne sono innamorato quasi subito, perché è un personaggio con mille contraddizioni. E’ un credente ma, allo stesso tempo, è violento nei confronti della moglie. Fa uso di alcune sostanze ma prova anche redenzione nei confronti di alcune azioni che fa. Lui è sempre su quel filo: legalità, illegalità, cattiveria, bontà. Di mio all’interno del personaggio c’è un 30-40% perché, nell’arco della mia vita, ci sono stati momenti molto bui, durante la quale è uscita la parte “black” in modo preponderante. Ho messo quella parte lì e c’è un po’ di me in lui: l’altra parte è invece stata costruita insieme al regista. Fabrizio è uno di quei personaggi che metterò tra quelli a cui tengo di più: erano un po’ di anni che desideravo fare un personaggio del genere, dato che uno dei miei attori preferiti è Edward Norton, che è l’attore per eccellenza nel mondo della dualità.
Oggi alterni il tuo lavoro di attore con quello di manager, ma come riesci a conciliare queste due attività?
È molto semplice, ho avuto l’opportunità di poter gestire entrambe le cose. Sono attività di pubbliche relazioni, gestioni di personale e fornitori, e il fatto di avere una carriera di attore mi ha facilitato le cose. Cerco di far avanzare sempre tutte e due insieme. In Italia è molto complicato esporsi al mondo, ho trascorso un po’ di anni della mia vita a nascondere: ci sono sempre momenti bui nella carriera di attore e c’è la necessità di fare altro senza tralasciare la professionalità del mondo attoriale. In Italia questo viene visto in maniera sbagliata, perché si pensa che se si fa anche altro non si è ossessionati dall’essere attore. In altri posti del mondo, ci sono invece tantissime situazioni analoghe: quanto più gli attori crescono, più investono in altro.
Futuri progetti?
Nell’immediato non ho nulla di firmato e che è lì alle porte, ma ci sono un paio di progetti in cantiere. Uno è cinematografico, e potrà avere un grande successo.