SCIENZA

Metaverso: Rizwan Virk, informatico MIT e scrittore, risponde alle nostre domande


Abbiamo incontrato Rizwan Virk, informatico del MIT (Massachusetts Institute of Technology), scrittore di bestseller, futurista, pioniere dell’industria dei videogiochi, imprenditore e produttore di film indipendenti.

Rizwan ha conseguito una laurea in Informatica presso il MIT e una laurea in management presso la Stanford Graduate School of Business (Stanford University). Attualmente sta lavorando a un dottorato di ricerca presso il College of Global Futures (Arizona State University), studiando il metaverso e i mondi virtuali.


Parlando del tuo nuovo libro “The Simulated Multiverse”, cosa ti fa pensare che la realtà sia una grande simulazione? E’ stata la tua esperienza nei videogiochi, il mondo del Metaverso o anche la tua passione nell’informatica, a farti vedere dei segnali intorno a noi, i quali ti danno la convinzione che viviamo in mondi paralleli?

È stata in parte la mia esperienza nella creazione di videogiochi, i miei studi sull’Informatica, sulla Fisica Quantistica e sulla mia esperienza al MIT, grazie al quale ho realizzato un programma di realtà virtuale. Alcuni anni fa stavo giocando a un gioco di Ping Pong in VR (Realtà Virtuale), e per un momento il mio corpo ha dimenticato di essere in VR – ho pensato che stavo giocando a un “vero” gioco di Ping Pong – e così ho provato ad appoggiarmi sul tavolo, posando anche la racchetta. Ovviamente non c’era un tavolo. Questo mi ha portato a pensare al tempo che ci sarebbe voluto per creare, in luoghi come la Silicon Valley, realtà virtuali completamente immersive, che sarebbero indistinguibili dalla realtà fisica, e che io chiamo “Il punto di simulazione“. Questo è un punto limite, oltre il quale la “realtà” comincia ad essere molto diversa per la specie umana. Sono quindi giunto alla conclusione, dopo aver fatto molte ricerche, che non c’è motivo per cui alcune civiltà non possano averlo già fatto. E se questo fosse vero, ciò che noi oggi chiamiamo “realtà“, potrebbe essere la “realtà virtuale” di un videogioco, creato da altre civiltà. In altre parole, noi potremmo vivere all’interno del loro videogioco. Dopo il mio lavoro iniziale sulla teoria della simulazione, ho cominciato ad esplorare il lavoro del famoso scrittore di fantascienza Philip K. Dick (i cui romanzi hanno ispirato molti film e serie TV, come “Blade Runner“, “Minority Report“, “Total Recall” e “The Man in the High Castle“), e dopodiché ho intervistato sua moglie, Tessa. Sono rimasto sorpreso dal fatto che credesse che stessimo vivendo in un Universo simulato, con linee temporali multiple e che potesse essere manipolato cambiando le variabili. Ciò includeva la convinzione che ci fosse una linea temporale, come quella raffigurata nel “The Man in the High Castle“, dove le potenze dell’Asse (Germania, Giappone, Italia) vincevano la Seconda Guerra Mondiale, pensando che non fosse la linea temporale su cui ci troviamo attualmente. Più collegavo questa idea di Multiverso, più mi rendevo conto che un Multiverso simulato aveva più senso di uno fisico, e così mi venne in mente il mio libro: “The Simulated Multiverse”.

Per te cos’è la realtà? La realtà è la nostra vita attuale, anche se potremmo vivere in un grande videogioco, oppure per te la realtà si trova fuori dal nostro mondo? Per te Dio è colui che ha creato questo videogioco, o meglio, questo Metaverso?

Questa è una domanda complicata. L’Universo fisico e la mia vita, anche se possono essere in un videogioco, per me sono “reali“. È possibile che ci sia una versione di me che è un “giocatore” al di fuori del gioco, che dorme e si è volontariamente dimenticato del mondo esterno mentre il gioco è in corso. Questo sarebbe simile al mondo rappresentato in “Matrix“, dove Neo (Keanu Reeves) e Morpheus (Laurence Fishbourne) hanno i loro corpi fisici fuori da “Matrix” e i loro avatar all’interno di “Matrix“. Per me, questo significherebbe che Dio, o i programmatori, siano coloro che esistono al di fuori di questo gioco, e che possano guardare tutto ciò che accade al suo interno. Ma in questo modello esistiamo anche al di fuori del gioco, quindi siamo “utenti” della simulazione, anche se i nostri “avatar” esistono all’interno del gioco. Ciò significherebbe che siamo utenti del Metaverso che è stato creato da questa civiltà più avanzata della nostra.

“The Simulated Multiverse”, il nuovo libro di Rizwan Virk

Alcuni fenomeni della Meccanica Quantistica, come ad esempio l’Entanglement quantistico o l’Effetto Tunnel quantistico, possono essere una prova dell’esistenza del Multiverso, o del Metaverso?

Sì, all’interno della Meccanica Quantistica, il problema centrale dell’indeterminatezza quantistica, che porta all’effetto osservatore, è una delle ragioni principali del Multiverso – quella che viene chiamata “l’interpretazione a molti mondi della Meccanica Quantistica“. Significa che ogni volta che facciamo una scelta nella nostra vita, nello stesso momento si diramano più Universi, e in ogni Universo c’è una copia di noi stessi, che prende scelte diverse. In altre parole, se dovessimo scegliere di accettare o non accettare un lavoro, in quel momento nascerebbero due Universi: nel primo accetterei quel lavoro; nel secondo lo rifiuterei. In questo modo si creerebbero due copie di me stesso, le quali avrebbero due vite completamente diverse. Ma io, che sarei presente in uno di quei due Universi, vedrei solo il mio Universo, e non saprei nulla della vita del mio “gemello“. Sebbene l’idea abbia preso piede tra i Fisici negli ultimi decenni, c’è ancora un dibattito sul fatto che questi Universi siano “reali” o “probabili“. Nel Multiverso simulato, sostengo che l’idea di una simulazione risolve questo problema: gli Universi sono probabili quando esistono come informazioni e sono “reali” o “fisici” quando vengono renderizzati, proprio come una scena di un videogioco, in cui il tuo avatar esplora una parte del mondo 3D. La regola pratica nei videogiochi è “mostra solo ciò che deve essere renderizzato“, che è esattamente lo stesso modo in cui costruiamo videogiochi 3D come “Fortnite” o “World of Warcraft“.

Ho in mente il film di Christopher Nolan “Inception”, nel quale fu descritta la scena del “sogno dentro un sogno”. Nella nostra epoca stiamo creando il Metaverso, grazie soprattutto a Mark Zuckerberg, e molti essere umani cominceranno a vivere dentro questo videogioco. Ma se la nostra realtà è già un grande videogioco, creato da un’altra civiltà, in questo decennio, creando il nostro Metaverso, cioè il nostro videogioco, creato dalla nostra civiltà, potremmo diventare una civiltà che vive in un Metaverso dentro un altro Metaverso?

Sì, ed è possibile, come molte persone hanno sperimentato, avere un “sogno nel sogno” in cui ti svegli e pensi che non stai più sognando, ma in sostanza sei ancora in un sogno. Mentre creiamo il nostro Metaverso attraverseremo le varie fasi, che ci avvicineranno al “Simulation Point“. Queste fasi includono non solo la creazione di mondi 3D e avatar, ma anche di VR e AR e avatar AI intelligenti, o “Aivies“, come li chiamo io (ad esempio, durante una videochiamata, anziché far vedere il nostro volto reale, si farebbe vedere il nostro avatar, che parlerebbe con la nostra voce, e si muoverebbe come noi. E non solo: il nostro avatar entrerebbe nel Metaverso, il social del futuro, nel quale incontreremo i nostri amici, o meglio, gli avatar dei nostri amici, e saremo completamente immersi nel mondo 3D, come se ci trovassimo dentro un videogioco). Ciò significa anche che alla fine creeremo interfacce BCI o Brain Computer per il Metaverso (una macchina che permette la comunicazione tra il cervello umano e il computer), che ci consentiranno di controllare continuamente i nostri avatar e “abitarli“, piuttosto che semplicemente giocarci. Tutto questo porterebbe a simulazioni impilate (una sopra l’altra) una volta raggiunto il “Simulation Point“; a quel punto potremo creare molti mondi virtuali, che sarebbero indistinguibili dalla realtà fisica.

Se ci trovassimo veramente dentro un Multiverso o dentro un Metaverso, quale potrebbe essere il nostro obiettivo finale? Riuscire a risolvere tutti gli enigmi di questo “videogioco”? Oppure creare tanti Multiversi, proprio come creiamo tanti figli?

Questa è ovviamente una grande domanda che tocca la Metafisica, la Filosofia e la Religione. Vorrei chiedere: “perché giochiamo ai videogiochi o eseguiamo simulazioni al computer?“. A volte è per vedere qual è il probabile esito (come nelle simulazioni per la pandemia o per il tempo). In altri casi è per trovare il risultato “ottimale” e aiutarci a navigare verso quei modelli climatici, per esempio, o previsioni economiche.

Per quanto riguarda i videogiochi, di solito si tratta di “divertirsi” e di fare esperienze che non possiamo fare al di fuori del videogioco. Io, per esempio, non posso volare su un drago e combattere mostri nel “mondo reale“, ma posso farlo all’interno di un videogioco. Direi che lo stesso vale per la nostra simulazione – siamo qui sulla Terra per avere esperienze (amore, odio, emozione, guerra, sofferenza), che non possiamo avere al di fuori della simulazione. Infatti, tutte le religioni del mondo ci hanno sempre detto: “Tutte le nostre azioni vengono registrate, e il mondo fisico non è il mondo reale“. Il Metaverso servirà per avere esperienze che non possiamo avere, e per migliorare il nostro apprendimento.

Published by
Fabio Meneghella