Canoista dell’Aeronautica Militare, argento alle Olimpiadi di Tokyo 2020, oro agli Europei di Monaco 2022, ingegnere dei materiali, prodigio italiano classe 1991 che alle scorse Olimpiadi ha riportato il tricolore a sventolare in alto nella categoria K1 della canoa/kayak dopo uno stop di medaglie dai mondiali del 2006. Un esempio di determinazione e dedizione allo sport, resilienza e duro lavoro che, con onore, intervistiamo. Lui è Manfredi Rizza.
Ciao Manfredi e grazie per questa intervista. Hai iniziato a praticare la canoa all’età di nove anni e non l’hai più lasciata. Come è cominciato tutto e cosa ti ha tenuto stretto a questo sport acquatico?
Tutto è cominciato un po’ per caso, da piccolo giocavo a basket ed ero già abbastanza “atletico” (mia madre direbbe iperattivo) però avevo un problema alla spalla per il quale mi consigliarono di rinforzare la muscolatura; quindi, mio padre mi propose di iniziare canoa. In realtà per me questo sport è sempre stato solo un hobby divertente, ho tantissimi bei ricordi: dalle pescate con mio padre ai pomeriggi passati sul Ticino con i miei compagni di squadra. E credo che il motivo per cui me ne sono innamorato sia proprio per la sensazione di libertà e di spensieratezza che mi dava (e mi dà tutt’ora) stare sopra una canoa; più avanti le sfide che si creavano con gli avversari e la voglia di vedere fino a dove potevo spingermi fecero il resto.
Da atleta professionista, nonché istruttore ed allenatore di canoa/kayak, ci puoi raccontare come si svolge l’allenamento agonistico di questa disciplina sportiva?
La canoa è uno sport abbastanza complesso e serve molta resistenza e forza fisica, ma non basta. Infatti, la componente tecnica non può essere trascurata e anzi molto spesso è cruciale per poter migliorare le proprie performance. Per questo motivo l’allenamento del canoista è abbastanza completo: ci si allena due volte o più al giorno e ci si divide tra barca, palestra o sessioni di “aerobico generale” che può essere corsa, bici o nuoto.
Sei un campione italiano che trascina con sé non solo un curriculum di tutto rispetto a livello sportivo con un palmarès di vittorie invidiabili ma anche un senso di umiltà e di valori che solo lo sport è in grado di trasmettere. Quali sono i valori più importanti che ti hanno accompagnato in tutto il tuo percorso professionale e che desideri trasmettere attraverso la tua immagine sportiva?
C’è una regola che negli anni ho scoperto essere incredibilmente vera ed è quella di Nereo Rocco: “in campo come nella vita”. Per me questa frase racchiude l’essenza dell’insegnamento sportivo. Ciò che insegna lo sport vissuto in maniera sana è scoprire se stessi. Per quanto mi riguarda fare sport significa molto spesso dover risolvere problemi e situazioni difficoltose questo mi spinge a migliorarmi come persona e come atleta.
Sei laureato in ingegneria dei materiali. Come è stato portare avanti di pari passo il corso di studi e l’attività agonistica ad alti livelli?
È stato difficile, veramente molto difficile, ma credo che sia stato fondamentale per la mia carriera portare avanti entrambi. Per me lo studio era anche uno sfogo, qualcosa che mi permetteva di “allenare” anche i miei talenti mentali oltre che quelli fisici.
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Tante le vittorie alle spalle, come l’ultimissima ai recenti campionati europei di Monaco in cui, in coppia con Andrea Di Liberto, porti a casa la medaglia d’oro (nella categoria K2 200 metri) e quella delle Olimpiadi di Tokyo 2020 (K1 200 metri) con il memorabile argento ottenuto con un tempo di 35’’08, grazie al quale dopo molti anni tu, Manfredi Rizza, riporti l’Italia sul podio. Raccontaci queste incredibili esperienze e la soddisfazione dei risultati che hai ottenuto.
Per me è ancora molto difficile parlare con lucidità della gara di Tokyo; è stata una soddisfazione immensa per mille motivi, sia personali che ovviamente canoistici. È chiaro che essere riuscito a riportare una medaglia olimpica a casa dopo tanti anni di “magra” sia un grandissimo valore aggiunto. L’esperienza nel complesso è stata fantastica, devo dire, aver già fatto un Olimpiade mi ha aiutato a vivere al meglio questa seconda esperienza. La tensione era altissima anche perché c’era l’ombra del Covid che aleggiava e il pensiero di saltare le gare per una improvvisa positività non mi faceva dormire la notte, ma a parte questo è stato un bellissimo evento e si respirava un bel clima tra gli atleti. Per quanto riguarda la gara penso di aver fatto la gara migliore della mia vita ed è stata praticamente perfetta; purtroppo non è bastato per l’oro, ma questo è lo sport! Io sono veramente soddisfatto e anche se rosico per il risultato sono molto orgoglioso di ciò che siamo riusciti a fare. La medaglia a Monaco è stata davvero importante per me e per Andrea, per vari motivi: prima di tutti volevamo a tutti i costi riconfermarci campioni europei per il secondo anno di fila. Oltre a questo, avevo davvero bisogno di un risultato positivo, è stato un anno difficile a causa del cambio di specialità olimpica e anche solo poter gareggiare sui 200m era già una grande emozione, vincere è stato il massimo!
Anticipazioni per il tuo futuro professionale?
Per il futuro occorre fare una premessa, l’ICF (International Canoe Federation) ha deciso di togliere i 200m (la distanza che ho fatto a Tokyo) dal programma olimpico, per tanto da questo inverno mi sto dedicando ai 500m con l’obbiettivo di qualificare il K4 o il K2 500m. È dura perché cimentarsi in una nuova distanza e in un nuovo equipaggio è difficile, ma le sfide mi sono sempre piaciute!