CINEMA, TEATRO E TV

Il miglio verde, la recensione del film con Tom Hanks

Si parla spesso dei nostri limiti di libertà che risultano un’induzione a vita incarcerata e priva di divertimenti; ecco perché ho voluto nuovamente incamminarmi ne Il Miglio Verde.

Un film drammatico e fantastico americano, tratto dal romanzo di Stephen King, della durata di 189 minuti è oggi reperibile su Netflix; regia di Frank Darabont che ha scelto per protagonista Tom Hanks (Paul Edgecombe) e lanciato Michael Clarke Ducan (John Coffey).

Ed ecco che Paul si sveglia, si alza, ed esce dalla sua grande stanza per iniziare la solita passeggiata nella casa di riposo di lusso dove vive. Vaga salutando brevemente con affetto tutti gli anziani che conosce, poi esce e si fa una camminata arrivando al suo solito posto. 

Solito. Posto.

Quando sta vedendo la televisione insieme agli altri anziani, compare un film nel quale Fred Astaire canta una canzone. Paul si commuove, ed al suo fianco c’è un’anziana che, rispettosamente, chiede se gli è possibile darle lumi.

Paul le dice che faceva la guardia carceraria nel braccio della morte, ed ha un anno che gli è rimasto stampato in mente è quello nel quale accade la conoscenza di John Coffey: il 1935.

Inizia il racconto di quel che ha vissuto quell’anno in quel posto nel quale finivano le vite di chi era carcerato.

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Altra prova eccellente del magnifico Tom Hanks, che dona ai suoi personaggi un’identità palpabile e delle espressioni che appaiono reali. Ducan dal canto suo sembra esattamente quel che recita, ed è stato un buon attore per tutta la sua vita, ma questa è l’opera che per me lo contraddistingue.

Non ho mai letto il libro de Il Miglio Verde, ma le diverse volte che ne ho visto il film m’hanno suggerito che è un’opera di grande valore sentimentale.

Ci sono sguardi che riempiono il cuore e gli occhi di qualsiasi spettatore, atti mnemonici particolari, trasmutazioni da violento a onirico

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Giustizia, condanna, vendetta, sono cose che vogliono collimare, ma moralmente a mio avviso è già difficile per le prime due, la terza è improponibile

La vendetta non crea quella soddisfazione che ci si può aspettare, ed è brevissima, mentre il rimorso, quello diviene perpetuo.

Recensione a cura di Tommaso Bucciarelli

Published by
Stefania Meneghella