Il telescopio spaziale James Webb, realizzato grazie alla partnership tra NASA, ESA (Agenzia Spaziale Europea) e CSA (Agenzia Spaziale Canadese), ha catturato enormi tempeste, foschie e aurore del pianeta Giove.
Le due nuove immagini di Giove, scattate agli infrarossi, provengono dalla Near-Infrared Camera (NIRCam) formata da tre filtri infrarossi specializzati, i quali ci hanno mostrato i dettagli del pianeta. Benché la luce infrarossa risulta invisibile all’occhio umano, è stata “decodificata” nelle lunghezze d’onda dello spettro visibile. Pertanto, le lunghezze d’onda più lunghe appaiono più rosse e quelle più corte risultano più blu.
Per osservare e scaricare le immagini in alta definizione, è possibile consultare la pagina Flickr della NASA, dedicata al telescopio spaziale James Webb (CLICCA Qui).
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Le aurore visibili si estendono ad alta quota sopra il polo nord e il polo sud di Giove. Un filtro della NIRCam ci mostra le foschie che turbinano intorno ai poli nord e sud. Un terzo filtro, sulle tonalità del blu, ci consente di osservare la luce riflessa da una nube principale più profonda.
La Grande Macchia Rossa, nonché la maestosa tempesta gioviana che dura da circa 300 anni (sufficientemente grande da contenere tre pianeti come la Terra), ci appare bianca in questa immagine perché riflette molta luce solare.
“La luminosità qui indica l’alta quota, quindi la Grande Macchia Rossa ha foschie ad alta quota, così come la regione equatoriale. Le numerose “macchie” e “striature” bianche luminose, sono probabilmente cime nuvolose ad alta quota di tempeste convettive condensate. Al contrario, i nastri scuri a nord della regione equatoriale hanno poca copertura nuvolosa”
Heidi Hammel, scienziata interdisciplinare Webb per le osservazioni del sistema solare e vicepresidente per la scienza presso AURA
Per approfondire la notizia nel dettaglio è possibile consultare il sito internet della NASA, dedicato al telescopio spaziale James Webb (CLICCA Qui).
- Cover image credits: NASA, ESA, CSA, Jupiter ERS Team; image processing by Ricardo Hueso (UPV/EHU) and Judy Schmidt.
Articolo a cura di Fabio Meneghella