I Nobody Cried for Dinosaurs tornano sulla scena musicale con il nuovo EP Ice Age, che rappresenta in pieno la loro essenza vitale e artistica. Sulla copertina del disco, c’è un Giappone che brilla come non mai e che – con la sua strada bellissima e isolata – trasmette tutto il suo recondito significato. La band ha accettato di incontrarci, raccontandoci anche tutti i loro progetti tra presente e futuro.
Com’è nato il vostro incontro? Quando avete capito che avreste potuto diventare una band?
Non è passato molto tempo, perché i Nobody sono nati nel 2011. Frequentavamo i locali della musica live di Milano e così abbiamo deciso di suonare insieme, inizialmente con altre formazioni, poi con un nostro progetto. Il gruppo nasce come un collettivo, perché noi due siamo sempre stati affiancati da tanti amici che hanno suonato con noi per un po’. Noi ci occupiamo in autonomia soprattutto della parte della scrittura. Per quanto possibile cerchiamo sempre di farci affiancare da amici, perché questo rende le registrazioni ed i live molto più emozionanti. Il clima che c’era a Milano rendeva quasi automatico la formazione di una band, perché era in quella direzione che portava il mercato.
Come nasce invece il vostro nome?
Tutte le band che ascoltavamo avevano nomi molto lunghi. Volevamo che ci fosse un’idea dietro il nostro nome e, considerando che siamo dei fan di film di fantascienza (uno dei nostri primi pezzi si chiama infatti Godzilla), abbiamo voluto chiamarci così. Il significato è però legato alla preoccupazione per l’estinzione di tante specie animali che stiamo cercando di salvare solo perché non sono un pericolo per la supremazia dell’uomo. I dinosauri invece rappresentavano un problema sotto questo punto di vista, perché vengono sempre rappresentati come i “cattivi” e questo giustifica qualunque atrocità venga commessa nei loro confronti.
Parliamo del vostro nuovo EP Ice Age: dove nasce l’idea per questo brano?
Tutti i nostri EP sono collegati. C’è stata una grossa pausa tra i primo e il secondo EP; così l’abbiamo chiamato “Ten billion years later”, perché ci sembrava che tutto questo tempo fosse passato tra i due EP e perché era il tempo occorso tra il Big Bang e la formazione della Terra. Poi abbiamo iniziato a scrivere questo EP; nel febbraio 2020 sono infatti usciti due singoli che avrebbero dovuto far parte dell’EP. Il lockdown ha però bloccato la nascita di questo progetto. Avevamo tutto pronto, ma fuori era tutto fermo; era come un’era glaciale. E infatti nei nuovi brani si trasmette molto questa rabbia per la situazione che si era venuta a creare.
La copertina del disco è stata realizzata dall’artista saudita Kaled-pixel e rappresenta una strada giapponese. Voi siete stati in Giappone nel 2016 per il vostro primo tour internazionale. Qual è il ricordo più bello che conservate di quella esperienza?
Il Giappone per noi è sempre stato affascinante perché, oltre che di fantasy, siamo molto appassionati anche di anime. Siamo andati lì anche perché c’era una nostra carissima amica, Lavina Siardi, che ha un progetto a cui abbiamo partecipato anche noi. Con il suo aiuto abbiamo anche organizzato le serate in Giappone, grazie alla sua formazione. Due settimane in Giappone sono state come un anno su un altro pianeta, per cui scegliere un momento diventa difficile. Forse una delle cose più buffe è che in Giappone si parla pochissimo l’inglese; noi avevamo un interprete che però purtroppo non poteva seguirci sempre. Abbiamo avuto una conversazione molto lunga con dei ragazzi che suonavano nello stesso locale in cui abbiamo solo citato dei nomi di cose per cercare di capirci in qualche modo. È stato molto divertente. Questo però ha fatto trasparire anche un forte desiderio di condivisione, anche perché per loro eravamo molto “esotici”. L’abbiamo rappresentata sul disco perché ci ha davvero cambiato la vita. Siamo stati molto contaminati dalla musica, dalla cultura di immagini, dal digitale.
Come vi siete approcciati a questo genere musicale? Chi sono stati i vostri maestri musicali?
È una domanda complessa, perché siamo in tanti e veniamo da tante influenze diverse. C’è tanto Giappone, ma anche molto altro: tante band che ci permettono di sperimentare un tipo di musica sempre diverso.
Quali sono i vostri futuri progetti? Potete anticiparci qualcosa?
Ora è uscito l’EP, quindi la nostra priorità è portarlo dal vivo, anche perché siamo una band che si focalizza soprattutto sul live. Il 30 novembre abbiamo presentato l’EP a Milano e stiamo programmando le date del tour dalla metà di gennaio all’estate del 2023. Ma stiamo anche lavorando su nuovo materiale che porteremo anche nei live prima di metterlo su disco.