Greta Cominelli torna sulla scena musicale con il nuovo EP Tra Marte e Venere, un progetto discografico in uscita il 21 giugno 2022. Il disco comprende 5 brani scritti da lei, e si avvale della preziosa collaborazione del compositore Renato Caruso. Si parla di amore malato, di emancipazione femminile, di tutto ciò che è vita e che lei in primis ha vissuto. Si parla di musica ed emozioni. Greta ci ha così regalato questi brani, trasformandoli in qualcosa di più: rendendoceli vivi e facendoli diventare ricordi, da assaporare e soprattutto da amare.
Com’è nato il tuo primo approccio alla musica? Quando hai scoperto che sarebbe stata la tua strada?
Il mio primo approccio con la musica è avvenuto quando avevo quattro anni, mediante diversi espedienti e anche mediante quello che riuscivo ad ascoltare in casa, che mi veniva suggerito dai miei zii e genitori. Lì ci sono stati i primi agganci. Ho poi capito che avrei voluto insistere in questo mondo (nello specifico, nel canto). Tutto è nato a 12 anni nello specifico, quando ho ascoltato i dischi delle prime artiste che mi appassionavano (tra cui c’era soprattutto Britney Spears). Il primo concorso canoro non è andato bene, ma ho deciso di continuare questo percorso e di migliorarmi sempre di più.
Parliamo del tuo nuovo EP ‘Tra Marte e Venere’: dove nasce l’idea per questo progetto?
Nasce dallo scambio che ho avuto con il compositore Renato Caruso e dalla collaborazione con l’arrangiatore e produttore Paolo Diotti. La stesura è venuta un po’ per volta, ed è stata per me un’occasione per scrivere quello che la musica mi ha suggerito; ho così riportato tutto su quello che erano gli eventi personali della mia vita. Inizialmente optavo per lo stesso titolo che c’è nell’ultima traccia; poi ho cambiato idea e mi è piaciuto molto questo nome.
Questo album riprende diverse tematiche come la descrizione di un amore malato o l’emancipazione femminile. C’è uno tra questi a cui ti senti particolarmente legata?
Sono legati un po’ a tutti i temi, e sono anche connessi tra di loro. L’emancipazione femminile mi sta molto a cuore; mi è stato raccontato che ancora c’è questa necessità di prenderci il nostro spazio e il nostro tempo, di farci valere. Non dovrebbe essere nemmeno un’ostentazione, sembra che ci sia questa necessità di parlarne ma non dovrebbe essere così. Per il resto, ho vissuto ogni cosa che ho scritto: c’è un perché a tutto.
La quinta traccia dell’EP si chiama Red Lipstik ed è un tributo alla cultura afroamericana degli anni 60-70. Da cosa deriva questa scelta di avvicinarti a questo genere musicale?
Per me è stato il primo genere a cui mi sono approcciata. Sono nata nel pop, ma attraverso quello ho scoperto molti artisti derivanti dal jazz e dal blues. Ho voluto tributare questo periodo di splendore americano della musica nera, e anche lo stesso atteggiamento di cantanti di colore, che hanno portato nella musica tanto quanto queste donne. L’ho riportato nel disco, spero che si avverta. Nel mio stile musicale, ci sono inoltre elementi che derivano da cantanti pop come Madonna, Beyonce e Jennifer Lopez. Mi sono ispirata anche ad altri generi di artisti come Frida Kahlo o Giuseppe Veneziano.
Per la realizzazione di questo progetto, hai collaborato con il musicista Renato Caruso. Com’è nato il vostro incontro e cosa ti ha insegnato lui professionalmente parlando?
Mi ha insegnato molto: mi ha insegnato soprattutto a tentare, nonostante mi fossi imposta dei limiti (avevo una paura nella scrittura dei testi). Lui mi ha spronato molto nella scrittura. In una prima fase, dico che non nasco come una cantautrice ma ho avuto dei riferimenti che erano collegati allo spettacolo della musica. Mi ha lasciato questa cosa molto bella, ho dato il benvenuto a una nuova me stessa.
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Quali sono i tuoi futuri progetti? Puoi anticiparci qualcosa?
Sto cercando di organizzare la presentazione di questo disco, e mi piacerebbe coinvolgere diversi colleghi. Vorrei portare live questo progetto che è una pillola culturale a 360°. Il mio sogno nel cassetto sarebbe inoltre creare uno spettacolo teatrale.
Intervista a cura di Stefania Meneghella