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Gli autori dell’ANAC, l’Associazione Nazionale Autori Cinematografici, hanno recentemente espresso la loro opinione riguardo alla proposta di Pupi Avati di istituire un nuovo ministero dedicato al cinema, agli audiovisivi e alla cultura digitale, distaccando queste competenze dal Ministero della Cultura. La lettera, pubblicata su Repubblica, sottolinea l’importanza di un Centro Nazionale del Cinema e dell’Audiovisivo, piuttosto che di un ministero separato.
Pupi Avati, regista di fama, ha affermato che l’attuale Ministero della Cultura non è sufficiente a gestire la complessità del cinema moderno, che spazia da opere d’arte come gli Uffizi a piattaforme di streaming come Netflix. Secondo Avati, un ministero che si occupi simultaneamente di questi ambiti è inadeguato. Ha citato il modello francese, dove il Centre national du cinéma et de l’image animée svolge un ruolo cruciale nel supportare l’economia cinematografica, audiovisiva e multimediale, promuovendo prodotti e tutelando il patrimonio.
La proposta di un centro nazionale del cinema
Gli autori dell’ANAC sostengono che un Centro Nazionale del Cinema, frutto della trasformazione dell’attuale Direzione Generale del Cinema, sarebbe più vantaggioso rispetto a un nuovo ministero. Questo organismo, autonomo e svincolato dalla politica, garantirebbe continuità e specializzazione, elementi essenziali per il settore. La lettera dell’ANAC evidenzia come il dibattito sollevato da Avati rappresenti un’opportunità importante per riflettere sul futuro del cinema italiano, specialmente dopo il periodo di agevolazioni fiscali attraverso il tax credit.
La proposta dell’ANAC prevede la creazione di un ente pubblico con autonomia regolamentare e finanziaria, capace di gestire risorse proprie senza gravare sul bilancio statale. Questo approccio si basa sul disegno di legge N. 1835 del 24 marzo 2015, a firma di Sergio Zavoli e Rosa Maria di Giorgi, che includeva la creazione di un Centro Nazionale del Cinema e dell’Audiovisivo. Tale disegno, abbandonato dall’allora ministro della cultura Dario Franceschini, avrebbe dovuto garantire un sostegno economico autonomo per il settore.
Le risorse e il finanziamento del centro
L’ANAC ha sottolineato che il nuovo ente dovrebbe disporre di risorse finanziarie proprie, attraverso una tassa di scopo sugli utili delle imprese che operano nel settore audiovisivo in Italia. Queste risorse non graverebbero sulle casse dello Stato, poiché sarebbero generate dalle attività commerciali legate al cinema. Il prelievo sarebbe basato sul fatturato delle aziende che sfruttano le opere audiovisive, con i proventi direttamente incassati dal Centro Nazionale del Cinema e dell’Audiovisivo.
La legge attuale, la n. 220 del 2016, ha introdotto un meccanismo di finanziamento che si basa sulle entrate fiscali, ma non è paragonabile alla tassa di scopo prevista nel disegno di legge del 2015. L’ANAC evidenzia che non è mai stata fornita una comunicazione chiara riguardo a come vengono utilizzate le entrate fiscali per sostenere il settore cinematografico, e che ci sono state mancanze nel coinvolgere le piattaforme nel sistema di finanziamento.
La questione delle finestre di sfruttamento dei film
Un ulteriore punto sollevato dall’ANAC riguarda la necessità di reintrodurre le finestre di sfruttamento per i film, regolando meglio il tempo tra le uscite nelle sale e quelle sui canali di distribuzione. Attualmente, la riduzione a 90 giorni della finestra di sfruttamento ha contribuito a una diminuzione della frequentazione delle sale cinematografiche. La lettera sottolinea come la possibilità di vedere un film su Netflix a un costo ridotto dopo pochi mesi dall’uscita in sala rappresenti una barriera per gli spettatori, che potrebbero preferire rimanere a casa piuttosto che pagare un biglietto per il cinema.
In Francia, le regole più stringenti riguardo alla distribuzione dei film hanno portato a un recupero della frequentazione delle sale, con 180 milioni di spettatori nel 2024, quasi ai livelli pre-pandemia. La proposta dell’ANAC mira quindi a ripristinare una cronologia dei media che protegga il settore cinematografico italiano, garantendo che i film nazionali non siano svantaggiati rispetto ai blockbuster americani.
L’ANAC conclude la sua lettera sottolineando l’importanza di rivedere le normative esistenti per rilanciare il settore, suggerendo che il tax credit esterno potrebbe rappresentare una soluzione per attrarre investimenti senza gravare sulle finanze pubbliche. Questo approccio potrebbe fornire un supporto cruciale per la ripartenza della produzione cinematografica in Italia nel contesto attuale.