Giuseppe Facchini, giornalista trentino e speaker radiofonico, è un profondo conoscitore della storia del Festival di Sanremo a cui ha partecipato per ben 23 edizioni. Alle sue spalle, ha inoltre un bagaglio culturale che lo ha reso un grande esperto musicale. Facchini ha infatti raccolto numerosi materiali tra cui circa 5000 vinili originali tra 45 e 33 giri ed edizioni per i Juke Box, 1000 cassette musicali con le musiche degli anni ’70 e ’80, autografi e dediche di artisti italiani e così via. Ce ne ha parlato in questa intervista.
Com’è nato il tuo primo approccio al mondo dello spettacolo? Quando hai capito che sarebbe stata la tua strada?
E’ stata una passione che è nata da piccolo, quando seguivo le trasmissioni televisive e radiofoniche. Raccoglievo articoli di giornale, e ho sempre avuto questo amore per lo spettacolo. Da bambino c’erano queste trasmissioni televisive tipo Canzonissima, e io guardavo i cantanti esibirsi. E’ successo improvvisamente nel sentire Little Tony con il suo Cuore Matto, che è ancora oggi una canzone attuale. All’epoca ho avuto una folgorazione. L’avevo già sentito, ma da quel momento ho iniziato a raccogliere articoli musicali. Questo mi è servito quando ho fatto giornalismo e radio; sono diventati quaderni di lavori importanti. Sono poi riuscito a condurre programmi radiofonici, e mi è sempre piaciuta la ricerca di quello che c’è dietro e della scoperta di cantanti e di episodi curiosi appartenenti alle varie manifestazioni musicali. Sono riuscito ad incontrare i cantanti e a intervistarli. Mi hanno emozionato tutti, ma l’incontro con Little Tony è stato il più emozionante.
Hai avuto numerose esperienze televisive, tra cui Sarabanda e Quel Motivetto, un programma condotto da Raimondo Vianello. Qual è il ricordo più bello che conservi di Vianello?
Per me era un signore, una persona simpaticissima e anche molto seria e intelligente. Si è fermato a parlare con i concorrenti e scherzava sempre. Secondo il regolamento, se si riusciva a indovinare i titoli delle canzoni, si vinceva. Io feci il record: in 20 secondi ho indovinato tutte le canzoni. Ricordo di lui il modo in cui metteva a proprio agio in modo signorile ed elegante; ho fatto con lui una fotografia che è un bellissimo ricordo. Ho poi partecipato anche a Sarabanda: non andò benissimo ma ho fatto una discreta figura. Mi piaceva mettermi in gioco e mostrare la mia passione per far notare ancora quelle cose che amavo da bambino.
Sei un profondo conoscitore del Festival di Sanremo, dato che vi hai lavorato per ben 23 edizioni. Com’è cambiato secondo te Sanremo nel corso del tempo? Qual è stata la sua evoluzione?
Ho sempre studiato i filmati di Sanremo e letto articoli: è chiaramente iniziato tutto da un accordo. Nessuno a quel tempo avrebbe mai pensato il seguito che l’evento ha avuto. A livello musicale, possiamo senz’altro ricordare l’edizione del 1958 con Domenico Modugno che si esibì con Nel Blu Dipinto di Blu: all’epoca l’ho incontrato e abbiamo parlato di questo suo successo. In quegli anni c’erano le doppie esecuzioni: dal ’53 al ’71 ogni canzone era infatti interpretata da due cantanti. Ricordo inoltre Sanremo del 1966, periodo in cui venne eliminato Il Ragazzo della via Gluck di Alessandro Celentano. Il brano venne escluso perché, secondo alcuni, il trio del clan non aveva fatto una grande interpretazione. Gli anni ’70 sono invece quelli della crisi: è stato l’anno più buio con dei musicisti che non hanno lasciato un segno. Ne è così susseguito un intero decennio di crisi perché, all’epoca, le manifestazioni musicali rischiarono molto. C’era disinteresse della Rai e della televisione, e c’è stato un momento in cui Sanremo ha rischiato di non esistere più. Negli anni ’80 c’è invece stata la rinascita con l’edizione presentata da Claudio Cecchetto. Ci sono stati numerosi successi, ed è diventato un grande evento televisivo. Questo è andato sempre più in crescendo e, in questi ultimi, è diventato anche un grande evento sui social che ha attirato l’attenzione di un pubblico più giovane. Amadeus ha strutturato molto bene il Festival: è un grande professionista e sta riuscendo ad adeguare Sanremo al periodo in cui viviamo.
Cosa ti ha insegnato più di tutto questa esperienza?
Mi ha insegnato a scoprire quello che c’è dietro: ci sono tanti lavoratori e professionisti che lavorano dietro a uno spettacolo e a un Festival con una preparazione molto forte e importante. Mi ha insegnato a scoprire che Sanremo in quei giorni diventa la vera città della musica, e ad assistere a quello c’è dietro le quinte.
Quali sono i tuoi attuali e futuri progetti? Puoi anticiparci qualcosa?
Sono giornalista e mi occupo principalmente di spettacolo, di cultura e anche di sport. Scrivo di queste materie: la mia specialità è quella legata alla musica. La mia idea è proprio quello di parlare di eventi e di personaggi a livello culturale e cinematografico. E’ nata anche la passione per la fotografia che, inizialmente, utilizzavo a supporto degli articoli: da lì è nato un grande amore per questa arte, per servizi fotografici ad hoc nel mondo dello spettacolo ma soprattutto dello sport. Sono fotografo dell’atletica leggera, mi occupo anche di programmi radiofonici, ho un’associazione culturale. Mi piace andare alla scoperta di quello che c’è dietro, delle curiosità, della cultura a tutto tondo e in particolare del mondo dello spettacolo. Ho passione per quello che faccio, ed è questo a guidarmi più di tutto.