giulia bellu si racconta

Giulia Bellu è giovanissima ma ha alle sue spalle già un percorso non indifferente. Recitazione e passione, ecco di cosa è fatta la sua vita.

Amante dell’arte del recitare da sempre, ha avuto un periodo di pausa per poi capire che il suo mondo sarebbe stato fatto di questo. La sua attività sul web è iniziata all’improvviso e ha dato i suoi frutti, tanto da farla diventare seguitissima sui social per via dei suoi video all’insegna dell’ironia e della spensieratezza. Il suo modo di essere così delicato e speciale ha conquistato proprio tutti e la dimostrazione la si ha ogni giorno.

Il suo volto possiamo vederlo nel nuovo cortometraggio 154, che verrà presentato al Giffoni Film Festival e che tratta l’importante tematica dell’intelligenza artificiale. L’anteprima sarà infatti proiettata il 28 luglio alle ore 10 e apparterrà alla sezione Parental Experience. Il corto We Short Originals è prodotto da Eclettica ed è scritto e diretto da Andrea Sbarbato e Riccardo Copreni con Giovanni Storti e Giulia Bellu. La proiezione verrà inoltre seguita da un panel di presentazione che è intitolato “WeShort dallo streaming alle produzioni originali, presenta 154”. La Bellu ne è quindi la protagonista e, ancora una volta, ha saputo stupire appieno il suo pubblico. Adesso si è raccontata sulle nostre pagine, senza mai perdere di vista il senso unico della sua vita: la passione e il sogno di essere sempre meglio.


Sei appassionata di recitazione e lo dimostri ogni giorno, ma quando è nata in te questa fiammella?

Io nasco come attrice, dato che ho iniziato a recitare quando avevo circa 4 anni. Un amico di mio padre era un regista e, per puro caso, feci con lui il mio primo cortometraggio che è poi stato premiato al Giffoni. In quegli anni mio fratello vinse invece lo Zecchino d’Oro e i miei genitori venivano chiamati spesso da qualche agenzia di comunicazione, in cui fui inclusa anche io. Mi chiamarono per un provino a Roma e da lì ho recitato per circa 7 anni. Fino ai 14 anni, mi dividevo tra Roma e Cagliari e questo è stato il motivo per cui, raggiunto l’inizio dell’adolescenza, i miei decisero di farmi dedicare appieno allo studio. Mi sono così trasferita a Cagliari, e lì mi sono diplomata e laureata. Proprio nel corso dei miei anni universitari, ho avvertito l’esigenza di uscire fuori dagli schemi e il mezzo a disposizione erano chiaramente i social. All’inizio per me era un gioco, ma poi si è trasformato in qualcosa di più. Di certo, però, non mi aspettavo tutto questo.

Hai all’attivo 189.000 followers. Ogni tanto senti il peso della responsabilità con tutte queste persone che ti seguono? Come lo gestisci?

Spesso non me ne rento conto, dato che sono sempre stata abituata a vivere una vita molto semplice. Quello che è venuto fuori tramite i social lo vivo sempre con grande sorpresa, e non mi rendo davvero conto di avere un numero così grande di seguaci. Ogni tanto scrivo qualcosa nelle stories, in un post, in un video e lì vedo che ci sono tante persone che mi conoscono e che sanno delle cose di me. In quei momenti mi rendo conto della presenza reale di persone che seguono il mio profilo e del peso che questo comporta. Naturalmente, sto sempre attenta a mandare messaggi positivi e a non espormi troppo personalmente. Comunico tramite i miei personaggi.

Tra quelli più famosi c’è senz’altro il personaggio della Signora Madre. Dove nasce l’idea?

Dietro questo personaggio c’è appunto mia madre e una famiglia che vive tantissimo di autoironia. Ho due fratelli che amo da morire – Valentina e Matteo – che sono entrambi più grandi di me. I nostri genitori si sono separati quando io ero molto piccola, e questa separazione ci ha unito tantissimo. Siamo cresciuti come una squadra e le prese in giro gli uni nei confronti degli altri erano all’ordine del giorno. Ho una “Signora Madre” che è molto autoironica; così una volta ho trovato a casa un grembiule, l’ho indossato, ho messo in testa un fazzoletto ed è nato questo personaggio. Inizialmente non avevo alcuna intenzione di pubblicare questo primo video, ma mio fratello mi ha spronato affatto ed effettivamente ha avuto molto successo. Non mi sarei mai aspettata che potesse piacere così tanto.

Al Giffoni Film Festival verrà presto presentato il cortometraggio che ti vede protagonista: 154. Cosa ti ha lasciato più di tutto il tuo personaggio?

In questo ho interpretato in realtà un duplice ruolo: sono stata Greta, una donna a capo del team scientifico che sviluppa l’Intelligenza Artificale, e sono stata anche 154. Greta mi ha lasciato un grande senso di nostalgia nei confronti della scienza; io sono laureata in Biotecnologie farmaceutiche e mi ha dato un grandissimo senso di potenza. 154 – l’intelligenza artificiale – mi ha invece fatto una tenerezza incredibile, perché a un certo punto lei scopre di non avere una famiglia o qualcuno che le voglia bene. Questo è stato uno degli aspetti più belli del suo personaggio, che è quello della solitudine.

Com’è stato invece lavorare con Giovanni Storti?

Lavorare con lui era uno dei miei sogni più grandi della vita, dato che quello che accomunato tantissimo me e i miei fratelli sono stati proprio i film di Aldo, Giovanni e Giacomo. Ci mettevamo a guardarli di sera e, a pranzo o a cena, tiravamo fuori sempre le loro citazioni. Quando ho scoperto che avrei lavorato con lui, è stato bellissimo.

Si parla di intelligenza artificiale e di quello che sta portando in questa società. Tu cosa ne pensi a riguardo? Credi che le nuove invenzioni tecnologiche possano portare a un miglioramento?

Le nuove invenzioni le guardo sempre con molta ammirazione dal punto di vista di ricerca e so quanto possano aiutare le nuove tecnologie. Se vengono applicate alla società, bisogna però capire quale sia il giusto equilibrio da mantenere. Non so se l’Intelligenza Artificiale potrà essere un’arma pericolosa, ma di certo è importante capire dove fermarsi.

“Può esistere una forma di pensiero autonomo che escluda l’emotività?”, ci si chiede durante il corto. Tu cosa risponderesti? L’essere umano potrebbe davvero rinunciare alle emozioni?

Dipende se l’emotività è quella dell’intelligenza artificiale, ma in un modo o nell’altro l’emotività ci sarà sempre. Non so se in un mondo fatto di macchine, ci potrà essere emotività. Le emozioni e l’empatia ci saranno sempre, fin quando almeno un essere umano si occuperà di tecnologia.

Futuri progetti?

C’è qualcosa che bolle in pentola, di cui non so se posso però parlare. In generale sto lavorando per tornare a recitare che è il mio obiettivo principale.

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