Francesco Sacco torna sulla scena musicale con il brano Morte che cammina (feat Le corse più pazze del Mondo), scritto dallo stesso cantautore e uscito venerdì 21 aprile su tutte le piattaforme digitali. Il significativo singolo riprende gli elementi più importanti del cantautorato classico, ma lo unisce alla musica techno, ai sintetizzatori e alle citazioni del filosofo Nietzsche. L’artista ce ne ha parlato in questa intervista.
Com’è nato il tuo primo approccio alla musica? Quando hai capito che sarebbe stata la tua strada?
Non ho un episodio o un aneddoto in particolare. È una passione che si è sviluppata da molto piccolo e in un modo modo privato, quasi di nascosto. Da bambino ascoltavo soprattutto musica classica, poi intorno ai sei anni ho iniziato a voler imparare uno strumento, cosa per la quale ho dovuto quasi insistere con i miei genitori. Il percorso accademico poi non faceva per me, quindi ho iniziato a scrivere, principalmente con l’idea di inventare cose che mi sarebbe piaciuto suonare. Da lì in poi non ho praticamente più smesso.
Parliamo del tuo nuovo singolo Morte che cammina: dove nasce l’idea per questo brano?
“Morte Che Cammina” è un brano che nasce a quattro mani con Luca Pasquino, amico di una vita e strettissimo collaboratore da 15 anni. Un giorno abbiamo iniziato a mettere giù idee, immagini e suggestioni relative al nostro passato recente, mescolate con un po’ di desideri e di aspettative sul futuro: è nato “Morte che cammina“, un brano che parla di inerzia, ma un’inerzia pacifica e serena, e una sorta di pacca sulla spalla a quella parte di te alla quale va bene lasciarsi trascinare dagli eventi e da ciò che succede intorno.
Nelle parole leggo concetti filosofici, e ci sono anche delle citazioni di Nietzsche. Cosa rappresenta per te la filosofia e quanto è importante per le nostre vite?
Sono un grande appassionato di filosofia, soprattutto di filosofia estetica, autori come Benjamin, Panofski e Sartre mi hanno molto segnato. Ma su Nietzsche e quella linea di testo specifica lascia rispondere a Luca dato che l’ha scritta lui.
Luca: Ho un bellissimo ricordo dei momenti in cui al liceo appunto studiavo Nietzsche, al quale poi mi sono appassionato. Al di là del della materia scolastica trovo che i suoi concetti diano un’energia estremamente positiva, di rinascita e di controllo del proprio destino, fondamentale negli anni dell’adolescenza, soprattutto alla fine, quando devi trovare il tuo posto nel mondo e non sai se ci riuscirai o meno. Accettare il proprio destino qualunque esso sia porta a vivere la vita in modo più sincero e più appassionato, anche se tutto ciò forma in te un carattere piuttosto romantico, per il quale bisogna stare attenti a stare con i piedi per terra. Cito una frase di Niccolò contessa de “I cani” che che dice “riportiamo le filosofie in cantina con le religioni e la PlayStation 2”: per me la filosofia è quindi un qualcosa che rimane in giacenza dentro di me, che viene fuori nei momenti più intensi. Non puoi farla uscire a comando, ma puoi, se ti impegni e se ne hai voglia, dargli una bella rispolverata; è come un vino vecchio, riassaggiarla ne fa scoprire anche nuovi significati e nuove interpretazioni, dalle quasi nascono nuove consapevolezze.
Come ti sei approcciato a questo genere musicale? Chi sono stati i tuoi maestri musicali?
Ho avuto tantissimi maestri musicali di generi molto diversi: Mozart, Robert Johnson, Jack Kerouac… in quest’ultimo periodo però abbiamo deciso di contaminare le mie e le nostre produzioni musicali con una sperimentazione che stiamo portando avanti assieme al collettivo Cult of Magic, nostro progetto parallelo, che riguarda il mondo della techno e del Clubbing. È venuto molto naturale mescolare le carte in tavola e portare un po’ di techno nel pop, esattamente come nella musica elettronica non abbiamo un approccio da dj, ma da musicisti e compositori.