MUSICA

Francesco Maria Gallo racconta il suo ‘Inferno’: “Cosa mi consigliò Umberto Eco”

Francesco Maria Gallo non è solo un musicista: è soprattutto un letterato. Anzi, una persona che si nutre di parole ogni giorno. Che le trasforma spesso in carne, e ci parla anche, con quelle parole che sono state per lui spesso salvezza. Lui e le parole rappresentano un’unica anima e, non potendo farne a meno, le inserisce ovunque.

Nella sua routine, nel suo mondo e soprattutto nella sua musica. E’ così che ha dato via ad un capolavoro musicale che, per la sua originalità e per il suo coraggio, merita di essere ascoltato ogni giorno. Si tratta di ‘Inferno‘, una trasposizione musicale della Divina Commedia di Dante Alighieri.

Un progetto che mette al centro le storie di tante vite passate, come anche i loro dolori e le loro sofferenze. Con le parole, Gallo ci vive appunto ogni giorno. Lo ha dimostrato in questa intervista, nella quale ha dato prova della sua saggezza ma anche del suo enorme bagaglio culturale. Ci ha parlato della sua vita a suon di rock, del suo incontro con il grande Umberto Eco e del suo percorso alternato tra musica e letteratura. Ci ha parlato di sé, ed è stato rigenerante ascoltare le sue parole: quelle stesse parole che lui usa ogni giorno per riscoprire i doni della vita.


Partiamo da una domanda molto semplice: c’è stato un momento particolare nel quale hai compreso che la musica e l’arte sarebbero state la tua strada?

Ho sempre vissuto nell’oceano della musica; è stato un po’ un mio rifugio. Nella mia famiglia erano tutti medici e avvocati: io ero un po’ diverso e cercavo di fuggire da questa ombra famigliare, che provava a tirarmi da questo mio essere incasellato nella musica. Io ho avuto un grande maestro alle scuole elementari. Era un’amante della musica, e si era accorto di questa mia sensibilità musicale: mi faceva ascoltare brani di musica classica come quelli di Bach, Beethoven e Chopin fino ad arrivare al rock. E’ stato un po’ un rifugio nella mia infanzia. Proseguendo verso questa strada, ho iniziato a frequentare una scuola di musica. Suonavo inizialmente il pianoforte e, all’età di 13 anni, mi ingaggiarono in una band importante calabrese (faceva da supporter ai concerti che avvenivano in Calabria). Mi sono nutrito del rock, e ne sono stato totalmente influenzato. Da lì, è iniziato tutto.

Passiamo al tuo ultimo progetto dal titolo “Inferno”: un lavoro dedicato alla Divina Commedia di Dante. Come nasce l’idea di ispirarti al poema dantesco? Sei un appassionato di Dante?

Io sono nato e cresciuto in Calabria, e mi sono trasferito poi a Bologna per frequentare l’Università. Anziché iscrivermi a Giurisprudenza (com’era nei programmi iniziali), mi sono iscritto invece al DAMS. Ho avuto la fortuna di avere dei professori straordinari. Uno fra i tanti è stato Umberto Eco, con cui sono entrata in assoluta empatia. Partecipai a un seminario, nel quale lui analizzava i codici semiotici all’interno della Divina Commedia (in particolare nell’Inferno di Dante). Fece una disamina straordinaria sui codici musicali che c’erano nella Divina Commedia. Qui è scoccata la scintilla. Finito il seminario, mi fermai a parlare con Umberto Eco e gli raccontai della mia musica, e di quanto mi sarebbe piaciuto poter lavorare su una ristruttura musicale dell’Inferno di Dante Alighieri. Lui mi invitò a rileggere l’Inferno scendendo in profondità: mi disse di non leggerlo con gli occhi di uno studente, ma con un occhio critico. Lì mi accorsi che molti di questi personaggi erano assolutamente costretti a restare in una prigione che Dante Alighieri aveva costruito per loro. Quel vissuto che loro raccontavano nell’Inferno non era dunque reale, perché Dante utilizzò la sua Commedia per condannare o redimere i personaggi (essendo anche un politico, parlò proprio dei suoi nemici o amici politici). Nel rileggere l’Inferno, sono uscito fuori e sono entrato nella storia reale di alcuni personaggi. Ho così scoperto come loro non siano in realtà dei demoni; erano nell’Inferno semplicemente perché conveniva a Dante Alighieri. Ho così colto immediatamente il mezzo offertami da Umberto Eco: operare con una riscrittura. Ho in questo modo dato un’opportunità a questi personaggi nel raccontare la loro verità. Possiamo parlare ad esempio di Pier Delle Vigne, un uomo che fece delle cose importantissime e che portò la cultura nella corte di Federico II d’ Europa. I suoi colleghi lo invidiavano talmente tanto da raccontare a tutti cose non vere. Federico II lo condannò per questi fatti, che erano frutto di gelosia da parte dei partigiani. Pier Delle Vigne non sopportò questo dolore e si suicidò. Dante lo mise però all’Inferno perché era il suo nemico politico. Attualizzando la sua vicenda, Delle Vigne mi ricorda ad esempio le vicende di Mia Martini o Enzo Tortora. Nella mia riscrittura, ho dunque creato una parafrasi per rendere attuale la storia dell’Inferno, riportandolo ai giorni d’oggi.

C’è un motivo preciso per cui hai deciso di realizzare dei brani dedicati all’Inferno, e non al Purgatorio o Paradiso?

Io sono nato nel rock, e ho vissuto in pieno gli anni ’70. Cosa c’è di più rock dell’Inferno? Il Paradiso mi ricorda vagamente il trap, mentre il Purgatorio il pop. Non sono quindi nelle mie corde. Mi fermo all’Inferno, perché ci sto bene.

L’aspetto letterario è molto presente nella tua musica. Secondo te, quanto sono importanti le parole all’interno di un brano e quanto queste influiscono in chi ascolta?

La lirica è tutto, la musica è quel tappeto che ci consente di entrare nella storia. Ogni canzone è un piccolo romanzo della durata di 3 minuti e mezzo (in quel tempo, bisogna raccontare una storia). Le parole sono quindi importantissime. Oggi purtroppo, a causa dei digital store e dell’ascolto casuale della musica, non si fa più caso a questo. Si ascolta la musica non come colonna sonora della propria vita, ma in modo più superficiale. Bisogna invece chiedersi il motivo per cui si sta ascoltando quella musica, proprio perché ci porta alla bellezza della narrazione e della scrittura. Le parole sono fondamentali, come anche le armonie e le note. E’ un completarsi: la musica è liquida, e ti trasporta in qualsiasi posto e in altre dimensioni.

Nel tuo disco ci sono 10 brani iniziali, ognuno dei quali si riferisce ai vari personaggi presenti nella Divina Commedia. C’è un brano (quindi un personaggio) a cui sei particolarmente legato?

Paolo e Francesca. L’amore è al di sopra di tutto, e questo mondo verrà salvato dalla bellezza dell’amore. L’amore è la luce che, in qualche modo, ci riporta alla nostra umanità. La storia di Paolo e Francesca è struggente ma bellissima: i due si innamorano, e sono pronti anche ad una condanna a morte pur di stare insieme. Amare è una cosa difficile: trovare l’amore lo è ancora di più.

Leggi anche —-> Maninni presenta il suo nuovo singolo | Con “Bari NY” racconta l’amore vero

Parliamo invece dell’ultimo brano, che è una sorta di Inferno contemporaneo: secondo te, in che modo l’uomo moderno può riuscire a sconfiggere i propri demoni e anche i demoni della società in cui viviamo?

Con la ricerca della bellezza. Spesso la nostra rabbia e frustrazione, e anche il non essere più abituati a vedere la grandezza delle piccole cose, ci porta ad essere degli animali asociali. Bisogna fermarsi, gettare il cellulare, abbandonare i social e cercare di intraprendere delle relazioni umani vere. Riuscire a comprendere la forza e la gentilezza dell’essere umano che abbiamo di fronte, ma anche la bellezza. Noi esseri umani siamo perfetti, ma abbiamo perso questa sensibilità verso noi stessi e verso gli altri. Solo la bellezza può salvarci da una dannazione eterna. La bellezza, l’amore e il rock (che è la mia unica speranza di salvezza).

Passiamo adesso al cortometraggio “Caronte”: cosa puoi dirci su questo progetto?

La scelta di Caronte come single track è stata una scelta meditata: Caronte rappresenta il traghettatore, colui che mi ha portato nella discesa all’Inferno. In tutti questi anni di preparazione del disco, parlavo spesso con Caronte: era un mio amico fidato. Non potevo non rendergli questo favore: quello di estrarre un singolo da questo album dedicato a lui e realizzarne un cortometraggio. Rappresenta l’inizio ma anche la fine del mio viaggio nell’Inferno.

Leggi anche —-> Carlo Mazzoni: “La musica è un campo incontaminato” | La sua vita fatta di note

Quali sono i tuoi futuri progetti?

Innanzitutto, sto realizzando un tour: è uno straordinario spettacolo con tutta la mia band. Ci sono inoltre degli effetti tridimensionali, dei danzatori contemporanei e un attore che conduce il pubblico all’ascolto. Abbiamo fatto quattro spettacoli consecutivi a Bologna e, Covid permettendo, andremo in tour da Febbraio. Saremo a Roma, Milano, Palermo, Cosenza. Sto inoltre realizzando un altro progetto, ispirato al libro ‘Orlando‘ dell’autrice Virginia Woolf.

Intervista a cura di Stefania Meneghella

Published by
Stefania Meneghella