Franca Viola, quando matrimonio significava inferno
Nei tempi addietro, donne vittime di uomini assalitori erano costretti a bendarsi occhi e orecchie per non guardare, per non sentire, per non avvertire sulla propria pelle brividi di grida, dolore, annullamenti di identità.Lo stupro era considerato quasi “normale” per le signore dell’epoca, come se il corpo fosse davvero oggetto da manipolare, maltrattare, violentare. Tutto era normale. Fin quando, una ragazzina non decise che donna significava persona, e allora il mondo iniziò ad aprire quegli occhi che, forzatamente, erano stati chiusi. Nel lontano 5 agosto 1981, in Italia per la prima volta viene abolito il matrimonio riparatore, che annullava gli effetti penali di uno stupro se la vittima avesse acconsentito a sposare il suo assalitore. Erano così i giorni per le donne, prima di quella data; erano sempre un evitare gli uomini per paura di piacere troppo o anche solo per paura che la propria anima non fosse apprezzata quanto il proprio corpo.Si chiamava Franca Viola, la ragazzina che cambiò il futuro delle donne, grazie alla sua storia che ancora oggi, seppur non molto conosciuta, viene raccontata a chi teme ancora il giudizio degli uomini, o teme di essere anche solo sfiorata. Franca nasce ad Alcamo, in provincia di Trapani, il 9 gennaio 1947. Figlia di contadini, a 15 anni si fidanza con Filippo Melodia, nipote di un mafioso e figlio di una delle famiglie più ricche del territorio. La loro relazione ha breve durata, e Franca, convinta di poter trovare una persona che davvero la apprezzi e la faccia stare bene, decide di interromperla. Questa rappresenta una delle scelte più difficili per Franca, soprattutto quando scopre che le conseguenze di tale decisione non sono delle migliori. Filippo, preso dalla rabbia, dà fuoco al vigneto ed al casolare del padre di Franca, minacciandolo con una pistola. Viene arrestato ma, uscito di prigione ha un unico pensiero: riprendersi Franca. La fanciulla cerca di fuggire ma, il 26 dicembre 1965, con l’aiuto di dodici amici, Filippo irrompe nella casa della sua famiglia e rapisce Franca e il suo fratellino di 8 anni, Mariano. Il piccolo viene subito liberato, ma della ragazza non c’è traccia per ben otto giorni, periodo nel quale subisce violenze verbali, fisiche e sessuali. Nell’Italia del tempo, un simile avvenimento significava semplicemente obbligare la vittima a sposare il suo violentatore. Secondo l’ex articolo 544 del codice penale, quando un uomo commetteva, nei confronti di una donna, stupro o violenza carnale punibile con la pena, onde evitare il processo, poteva offrire alla ragazza il “matrimonio riparatore” facendo così cessare ogni effetto penale e sociale del suo delitto. Significava dunque trascorrere la vita in un inferno; e Franca non riusciva ad accettarlo. Il primo gennaio 1966 Filippo contatta il padre della ragazza per un incontro tra le famiglie necessario per le nozze tra i due. Per chi usciva da una simile storia, il matrimonio riparatore era d’obbligo: una ragazza ormai non più vergine non avrebbe potuto sposare nessun altro, per salvare il suo “onore” e quello della sua famiglia. Ma, la famiglia di Franca è la prima a ribellarsi, assieme alla fanciulla che non vuole accettare il suo destino e quello di tutte le donne. Essi fingono di accettare il matrimonio, ma solo per far uscire allo scoperto Filippo e farlo arrestare. Il loro piano funziona alla perfezione e, da quel momento, Franca Viola diventa una delle icone del movimento femminista italiano e,in seguito, grazie al suo contributo, il governo accetterà di abolire la legge sul matrimonio riparatore e di considerare totalmente illegale lo stupro. Nella vita di Franca Viola, si affaccia poi Giuseppe Ruisi, un suo amico d’infanzia che la chiede in moglie e la sposa nel 1968. I due hanno due figli, e vivono ancora oggi in Sicilia, proprio ad Alcamo; l’8 marzo 2014, in occasione della Festa della Donna, Franca è stata insignita al Quirinale dell’onorificenza di Grande Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
Non ci sono parole per descrivere o anche solo per raccontare questa storia; ci sono donne che sono venute al mondo per essere portatrici di valori che solo pochi hanno il potere di comprendere e soprattutto di apprendere. Ci sono donne che sono, prima di tutto, persone e come tali vanno rispettate e adorate. E poi ci sono amori, matrimoni che nascono per il piacere di nascere, per il piacere di vivere, in vita, come in un Paradiso. Prima di Franca, matrimonio significava inferno; lei ne è stata vittima e, vivendola in prima persona, è ancora oggi una delle prime donne a poter comprendere il senso di ogni cosa. E dirle grazie è il primo gesto da compiere nei confronti di una donna nata in un mondo orrendo, e che è stata capace di trasformare un piccolo tassello in miracolo.Ed è orgoglio vivere in un pianeta dove nascono persone così; vuol dire che sperare non significa sognare, ma sopravvivere.
Articolo realizzato da Stefania Meneghella