Il 12 maggio 2022 alle ore 13:00 Universal Time (le 15:00 in Italia), sono state trasmesse una serie di conferenze stampa simultanee in tutto il mondo, le quali hanno annunciato i nuovi risultati rivoluzionari ottenuti dal progetto “Event Horizon Telescope”: gli astronomi hanno fotografato il primo buco nero supermassiccio, situato al centro della nostra galassia (la Via Lattea).
Si tratta del buco nero supermassiccio Sagittarius A*, lontano 27.000 anni luce dalla Terra. La sua massa è circa 4 milioni di volte quella del Sole e, trovandosi nel centro della nostra galassia, tutte le Stelle della Via Lattea, compresa la nostra, compiono il loro moto di rivoluzione attorno ad esso.
Il responsabile scientifico del progetto Event Horizon Telescope (EHT) Geoffrey Bower, dopo aver osservato come la luce viene piegata dalla potente gravità del buco nero, ha dichiarato:
“Siamo rimasti sbalorditi da quanto le dimensioni dell’anello concordino con le previsioni della teoria della Relatività Generale di Albert Einstein”
Il nostro sistema solare impiega circa 225/250 milioni di anni terrestri per compiere un anno galattico, cioè una rivoluzione attorno al centro della Via Lattea (attualmente il Sole ha 20 anni galattici, la Terra 16 anni galattici e, solo un anno galattico fa, ci fu la più grande estinzione di massa sulla Terra, causata da un colossale evento vulcanico, grazie al quale scomparve il 95% degli esseri viventi).
Le conferenze stampa sono state trasmesse dalle seguenti località:
COS’E’ IL PROGETTO “EVENT HORIZON TELESCOPE”?
L’Event Horizon Telescope (EHT) è un progetto internazionale nato con l’obiettivo di studiare il Sagittarius A* (una sorgente di onde radio molto compatta e luminosa, situata nel centro della Via Lattea) e i buchi neri supermassicci, come ad esempio il buco nero situato al centro della Via Lattea o al centro della galassia Virgo A.
Il 10 aprile 2019, gli astronomi dell’Event Horizon Telescope (EHT), hanno pubblicato la prima foto di un buco nero supermassiccio (la sua massa equivale a 6,5 miliardi di Soli), scovato al centro della galassia Virgo A (o m87), lontana 55 milioni di anni luce da noi. Per riuscirci hanno utilizzato un telescopio grande quanto il pianeta Terra. Ma come è possibile?
L’immagine ottenuta dai telescopi dell’Event Horizon Telescope (EHT) è il prodotto di un processo chiamato interferometria, il quale combina le osservazioni di più telescopi in un’unica immagine. In altre parole, i vari telescopi situati sulla Terra, sono stati direzionati verso un unico obiettivo: il buco nero M87.
Gli astronomi, attraverso i telescopi del Messico, delle Hawaii, dell’Arizona, del Cile e della Spagna, hanno puntato gli occhi verso il centro della galassia Virgo A, per scovare il buco nero supermassiccio M87.
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Guardare il buco nero con i telescopi del EHT, è un po’ come ascoltare una canzone suonata con un pianoforte con molti tasti rotti: se ci fossero telescopi posizionati ovunque sul pianeta, gli astronomi riuscirebbero ad ascoltare tutte le note possibili. Tuttavia, poiché il team dispone di telescopi solo in alcune zone della Terra, deve imparare ad ascoltare la canzone con poche note, colmando le lacune che si creano durante l’ascolto.
Per studiare e per fotografare un buco nero occorre conoscere anche la Teoria della Relatività di Albert Einstein (Generale e Ristretta): gli scienziati, utilizzando degli orologi atomici, hanno verificato che il tempo scorre più lentamente quando ci avviciniamo al centro della Terra (su un grattacielo il tempo scorre un pò più velocemente, in modo impercettibile, perché siamo più “lontani” dal centro della Terra). Il medesimo fenomeno si verificherebbe se ci avvicinassimo ad un buco nero.
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Un’altra conseguenza della teoria di Einstein è la curvatura dei raggi luminosi che passano in prossimità di un corpo massiccio, come ad esempio un buco nero. In pratica, l’enorme attrazione gravitazionale piega anche la luce, che passa nelle vicinanze, e proprio questo strano effetto ci permette di “vedere” un buco nero.
Per approfondire l’argomento sui buchi neri è possibile visitare il sito internet dell’Event Horizon Telescope (clicca QUI).
Articolo a cura di Fabio Meneghella