Il cantautore Sgrò torna sulla scena musicale con il nuovo singolo Noi Siamo Al Centro Del Mondo feat Fanfara Station, distribuito da ADA Music Italy. Il brano è un invito ad allontanarsi dal calcolo sicuro e comodo della propria quotidianità, ed è un inno alla scoperta di sé stessi e alla contaminazione. L’artista ha accettato di incontrarci e ci ha parlato di tutti i suoi progetti tra presente e futuro.
Com’è nato il tuo primo approccio alla musica? Quando hai scoperto che sarebbe stata la tua strada?
Un po’ come tutti quelli che iniziano a scrivere, si incontra la musica e la scrittura da adolescenti. Si ha la necessità di trovare una propria carta d’identità emotiva che possa scindere dalle parole degli altri che ti parlano addosso. Questo è stato il primo incontro: la canzone mi ha salvato la vita e mi ha insegnato a stare nel mondo. E’ venuto naturale scrivere ed esibirsi; sono uscito con il primo brano nel 2020. Più pubblico canzoni, più mi sento legittimato a scrivere e a pubblicarle. E’ come lavarsi la faccia appena ci si sveglia al mattino: per me scrivere è questo.
Parliamo del tuo nuovo singolo Non siamo al centro del mondo: dove nasce l’idea per questo brano?
Il mio primo disco Macedonia è uscito a novembre 2021, ed è molto concentrato su di me e sulla necessità di costruire una casa. Questa canzone è invece un uscire fuori casa, è un rendersi conto di non essere al centro del mondo. C’è il desiderio di contaminarsi, di uscire da quel centro – dal luogo di comodità – e andare ad abitare il fuori, le zone periferiche, le posizioni scomode. Nasce dopo aver fatto uscire un disco in cui avevo l’esigenza di centrarmi: ho sentito poi la necessità di uscire e di liberarmi.
Per l’uscita del singolo, hai collaborato con i Fanfara Station. Com’è nato il vostro incontro e cosa ti hanno insegnato loro professionalmente parlando?
Il nostro incontro nasce grazie ad Andrea Ciacchini, produttore del mio primo disco. Gli ho inviato questa canzone e lui ha intuito le mie intenzioni; in quel periodo stava ascoltando loro e ha così pensato di unire la mia poetica con la loro musica. Gli esperimenti e le posizioni scomode mi piacciono molto. Voglio essere messo in discussione, voglio sbagliare e sporcarmi. Ci siamo incontrati, abbiamo fatto delle prove e sono molto felice della nostra collaborazione.
Come ti sei approcciato invece a questo genere musicale? Chi sono stati i tuoi maestri musicali?
Tutto è nato quando avevo 14 anni: avevo bisogno di parole. Mi sono aggrappato a quello che avevo intorno e, nella mia casa, c’erano grandi cantautori come Battiato, De Gregori e Lucio Dalla. Negli anni li ho rinnegati, e sono nomi che non vorrei più pronunciare perché altrimenti mi riportano ad un immaginario e ad un’idea di contaminazione.
Cosa consiglieresti a coloro che non riescono ad uscire dalla propria ‘comfort zone’ e a superare i propri limiti?
Direi loro di sporcarsi il più possibile e fare pace con l’orgoglio. Il narcisismo non serve a niente: è importante fidarsi di sé stessi e diffidare da sé stessi. Ho imparato ad uscire fuori nel momento in cui mi sono decentrato: le persone che vedo più ferme sono aggrappate a cose che non vogliono lasciare per paura di scomparire. Il mondo nuovo ci rende più grandi, stando sempre nel solito non si ricerca lo stupore. La paura e la vergogna sono sentimenti che vanno affrontati.
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Quali sono i tuoi futuri progetti? Puoi anticiparci qualcosa?
Sto lavorando a un disco; il progetto futuro è comunque continuare a promuovere il primo disco. Non voglio bruciarlo, voglio portarlo ancora in giro.
Intervista a cura di Stefania Meneghella