Abbiamo incontrato Fabrizio Russo, che è – dal 2002 – direttore della prestigiosa Galleria Russo di Roma, nonché una delle gallerie più antiche d’Italia ancora in attività. La Galleria Russo ha instaurato rapporti privilegiati con alcuni dei pittori più significativi del XX secolo, primo fra tutti Giorgio de Chirico con un contratto in esclusiva di oltre venti anni.
La vostra galleria è una delle gallerie più antiche d’Italia ancora in attività, fondata nel 1898. Come è cambiato il mercato dell’arte in questo secolo di storia, e come vi siete adattati ai cambiamenti?
Nei 125 anni di storia è cambiato tutto: sono cambiati gli interlocutori (oggi ci sono interlocutori molto più colti), sono cambiate le motivazioni, sono cambiati gli strumenti della proposta. In precedenza c’erano gallerie riservate. Noi oggi facciamo lavoro di galleria e di fiera. Attualmente c’è anche il digitale. Le gallerie sono cambiate ed è cambiato il ritmo. Prima mio nonno copriva alcune opere con un drappo del ‘500, per nascondere l’opera; successivamente la scopriva solo per mostrarla a pochissime persone. Oggi invece tutto è cambiato, e tutto deve essere visibile il più possibile. Quando io ho iniziato nel 1984 si chiamava il fotografo, si fissava un appuntamento, lui veniva con il banco ottico e gli ombrellini, faceva lo scatto all’opera da vendere e andava a casa. Nel suo laboratorio faceva la stampa, e dopo 10-12 giorni arrivava la stampa fotografica a colori. Poi la si imbustava, si metteva un bel francobollo e la si spediva al cliente, il quale la riceveva dopo una settimana. Per mostrare un’opera al cliente fuorisede bisognava infatti attendere un mese. Oggi invece si fa un click e arriva dall’altra parte dell’oceano. Quindi, si è stravolto il ritmo della proposta. Le gallerie che sono al passo con il digitale vincono, però devono sempre mantenere quell’aspetto romantico del passato. Io mi domando spesso: “Che senso ha avere una struttura così importante, costituita da una decina di persone, quando il collezionista aspetta la fiera per andare a spendere? Tanto vale avere un piccolo ufficio, anziché una galleria”. In realtà non sarebbe giusto, perché la galleria deve continuare ad avere il suo ruolo.
Dal punto di vista artistico, quale artista e quale stile, esposto nella vostra galleria, le ha lasciato una forte emozione?
Noi nasciamo con il periodo dell’Ottocento e con l’antico. Negli ultimi 20 anni, ci siamo però specializzati nel periodo storico del ‘900 e, in particolare, nello spazio temporale che va dal 1905 al 1940. Questa è sicuramente l’arte che amo di più!
Come si è evoluta nel tempo la Galleria Russo?
La Galleria Russo è stata fondata a Roma in via del Babuino nel 1898. Poi abbiamo avuto sedi a Milano e ad Istanbul (Turchia). Mio nonno ha avuto un ufficio anche a New York. Io non sapevo che avesse avuto un ufficio in America, lo abbiamo saputo attraverso delle ricerche fatte in archivio, per un libro che abbiamo preparato per i nostri 125 anni di storia. A Istanbul abbiamo avuto una sede bellissima, ma che abbiamo chiuso il giorno dopo il finto colpo di Stato del 2016.
Il nome della Galleria Russo è legato anche al rapporto umano e professionale con il grande artista Giorgio de Chirico. Come è avvenuto l’incontro tra de Chirico e la Galleria Russo?
Nel 1943 è avvenuto l’incontro. Roma era sotto le bombe e occupata dai tedeschi. Successe che tre giovani andarono a vivere in un sottoscala in via Frattina. Tra i giovani c’era mio zio Ettore Russo e Giorgio de Chirico. Lì nacque un sodalizio, che sfociò – nel 1948 – in un contratto in esclusiva con la nostra Galleria. Il contratto durò fino al 1968/69.