Fabio Bacà ha aperto le porte delle librerie con un nuovo romanzo dal titolo Nova: una storia che si tuffa nel cervello umano, analizzando tutte le sfumature più recondite dell’inconscio. Dopo il grande successo nazionale che le sue pagine hanno ottenuto, l’autore è stato selezionato tra i finalisti del Premio Strega 2022.
Come nasce il tuo primo approccio alla scrittura? Quando hai compreso che sarebbe stata la tua strada?
Se per approccio alla scrittura intendi “iniziazione” alla narrativa vera e propria, è nata tardissimo: ho scritto il primo racconto nel gennaio del 2015, quando avevo già 32 anni. Ma sin da dall’adolescenza, quando ho cominciato a leggere romanzi straordinari (sono sempre stato molto fortunato – o abile, o entrambe le cose – nella scelta dei libri), mi è sembrato che non avrei potuto desiderare nulla di meglio che vivere di scrittura. Ti confesso che per lunghi anni, tuttavia, ho creduto che il sogno fosse troppo ambizioso. Guardavo la mia libreria – i miei Kundera, i Roth, i DeLillo, i Foster Wallace, i Dickens, gli Eco, gli Houellebecq e chissà quanti altri – e mi chiedevo: come posso anche solo pensare di sfiorare certe vette? Credo sia un passaggio obbligato nella carriera di ogni scrittore: confrontarsi con i propri limiti e chiedersi se ci si sente pronti a oltrepassarli. A me è successo, appunto, a 32 anni.
Parliamo del tuo romanzo Nova, un omaggio al cervello e alle pulsioni umane. Dove nasce questa idea?
Molto sinteticamente, nasce dalla constatazione quotidiana che millenni di civilizzazione non hanno prodotto i miglioramenti sperati nella gestione delle pulsioni primarie dell’essere umano. E poi, soprattutto sulla scorta di alcuni testi divulgativi di neuroscienze letti a metà dello scorso decennio, ho ulteriormente verificato la surreale dicotomia tra l’incredibile raffinatezza di innumerevoli prodotti della mente umana (in ambito artistico, scientifico, filosofico e quant’altro) e la rozzezza di certi istinti. Come ripeto spesso, il cervello umano è così sofisticato che ci porterà a vivere su Marte entro 30 o 40 anni, e così stupido che può indurre due sconosciuti ad accoltellarsi a un semaforo per una questione di precedenze non rispettate.
Il tuo è un libro che unisce diversi generi, e che include anche un po’ di ironia. Cosa c’è dietro la costruzione del tuo stile letterario?
C’è l’unica e semplice esigenza di divertirmi mentre sono al computer: adulterare il mio modo di scrivere significherebbe trasformare l’atto di creare romanzi in un lavoro, il che, di solito, esclude o ridimensiona ogni forma di divertimento. Dopodiché, se mi chiedi da dove derivano le mie peculiarità stilistiche, ti rispondo: da anni e anni di letture specifiche. Borges diceva: “leggiamo ciò che amiamo, ma scriviamo ciò che possiamo“. Vero: ma se leggi soprattutto ciò che ami, un po’ di ciò che ami diventa tuo.
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Nova è uno dei candidati del Premio Strega 2022. Quali sono le tue aspettative in merito a questo riconoscimento? Te lo saresti aspettato?
Nessuna aspettativa specifica. Mi spiego meglio: lo Strega non solo è il premio più importante a cui uno scrittore italiano possa ambire, ma – almeno per quanto mi riguarda – è soprattutto un gioco esaltante fatto di incontri pubblici, attenzione mediatica triplicata, condivisione di emozioni con i i colleghi scrittori e la giusta dose di desideri personali, ma sarebbe da sciocchi lasciare che questi ultimi fagocitino il resto trasformando lo Strega in una semplice competizione e gli altri partecipanti in avversari. Il mio unico obiettivo è godermi ogni attimo di questa esperienza.
Intervista a cura di Stefania Meneghella