Eramo Nubi torna sulla scena musicale con il brano Icaro, il nuovo singolo del cantautore che si ispira a delle sonorità Urban con suggestioni di carattere Soul e Jazz. Ispirandosi alla mitologia greca che racconta la storia di Icaro e Dedaro, l’artista ha voluto raccontare il rapporto tra padre e figlio evidenziando il proprio senso di solitudine e bellezza.
Com’è nato il tuo primo approccio alla musica? Quando hai capito che sarebbe stata la tua strada?
Sono nato con la musica, dato che mio padre è musicista e autodidatta. Sono sempre cresciuto con questa famiglia, ed era per me naturale il tentar di fare musica e suonarla. Verso i 13 anni, ho scoperto la produzione musicale elettronica fatta con il pc e ho capito di poter fare musica a mio modo. È stato un excursus, che mi ha poi portato a scoprire l’hip hop. Io Vengo da Enna: è una città molto piccola ed è iniziato tutto un po’ per noia ma anche per l’esigenza di esprimermi.
Parliamo del tuo nuovo singolo Icaro: dove nasce l’idea per questo brano?
Penso che un po’ in tutti gli artisti ci sia un comune denominatore di muoversi in modo capillare nella propria mente, prendendo spunto e riferimenti. Mi piace il suono che producono le parole. Mi affascina tanto il mito greco e, nello specifico, quello che parla di Icaro e Dedalo. Nonostante non sia genitore, mi posso rispecchiare nelle configurazioni interiori e notare che ci siano sentimenti nei pensieri che provocano. Icaro è un tentativo di mediare, come se ci si potesse prendere una pausa dal mondo e da sé stessi. La solitudine è una concessione personale e anche una possibilità che ci viene concessa.
Nel tuo brano si parla di padre e figlio, uniti da un legame fatto di sofferenza e liberazione. Quale pensi che sia il significato principale di queste profonde parole?
Non sono padre, e il mio essere si ferma. Ma sono figlio e conosco la presenza che sa essere molto forte del padre. Icaro è un preadolescente; tutti noi siamo fluidi e in lui si può rispecchiare chiunque: i genitori e i figli sono simboli, e il concetto può essere trasposto a quello che si pensa. La razionalità e il volersi avvicinare al Sole e provare a liberarsi totalmente può essere un tentativo di flusso di coscienza. Posso augurarmi che chi ascolta possa sentire qualcosa; la parte più bella è sapere quello che gli ascoltatori possono ascoltare.
Il tuo è uno stile che vede un’influenza dell’hip hop, ma cosa c’è dietro tutto questo? Chi sono stati i tuoi maestri musicali?
Penso di aver iniziato a fare questo genere musicale grazie ad un legame molto forte con la strada. L’hip hop è una cultura completa che racchiude tutte le forme di espressione che l’essere umano conosce: danza, pittura, canto. Ho iniziato a fare musica un po’ per noia e un po’ per l’esigenza di esprimere quello che ho dentro, ed è stato tutto un divenire. Man mano che entri all’interno di un contesto, trovi delle persone che sono Maestri. Soprattutto nel freestyle, mi è sempre piaciuto distaccarmi e iniziare ad ascoltare. Questo è forse il motivo per cui non sono un rapper, ma mi piace l’idea di essere un ibrido. Gli ascolti che faccio sono totalmente diversi.
Quali sono i tuoi futuri progetti? Puoi anticiparci qualcosa?
Ho fatto un disco autoprodotto un paio di anni fa, che si chiama Verma. Mi ha assorbito tantissimo e ho capito per la prima volta la fatica e il proprio interiore personale, il disco parla di un periodo di depressione di cui dovevo disfarmi. Questo processo metabolico è molto lungo, e non mi sentirei in grado di produrmi un disco. Vorrei lasciarmi andare a dei singoli, per il momento ho voglia di divertirmi e ballare.