Edoardo Strano ha sempre vissuto di cinema e recitazione, tanto che ha mosso i primi passi in questo mondo quando era solo un bambino.
Pian piano, e senza rendersene conto, ha iniziato a chiamare questa arte vita, e a vivere completamente immerso in una dimensione che per lui era qualcosa di cui non poter fare a meno. Dopo aver frequentato il Liceo Classico e aver approfondito lo studio delle lingue antiche, inizia a frequentare laboratori di cinema a Catania e Roma, perfezionando le tecniche dell’interpretazione attoriale.
Il suo primo debutto al cinema avviene con il ruolo di Padre battesimo ne Il Traditore di Marco Bellocchio, durante il quale ha recitato affianco di Pierfrancesco Favino. La grande occasione arriva nel 2021, quando ha l’opportunità di recitare in Indiana Jones and the Dial of Destiny, il film con Harrison Ford e presentato in anteprima mondiale al Festival di Cannes e al Taormina Film Fest. Oggi possiamo invece vedere il suo volto nella serie tv americana Those About to Die, che tratta la tematica profonda dei gladiatori nell’Antica Roma e che vede la presenza di Anthony Hopkins come protagonista.
Un’avventura, questa, che resterà in lui per sempre e che gli ha permesso ancor di più di crescere da ogni punto di vista. L’attore ha così deciso di raccontarsi alle nostre pagine, spiegando per filo e per segno tutta la passione che mette in ogni lavoro e trasmettendo a parole il bellissimo mondo del recitare, insito in lui praticamente da sempre.
La recitazione è il tuo mondo e non puoi farne a meno, ma ricordi il momento esatto in cui è entrata nella tua vita?
Ricordo che frequentai un laboratorio alle scuole medie di recitazione e rimasti affascinato da questa realtà e dimensione misteriosa. Il senso dello stupore mi ha ammagliato sin da bambino, ma ho avuto l’occasione di avere una concreta possibilità durante un laboratorio al liceo classico. In quella occasione, in cui ebbi anche la fortuna di partecipare al Festival del Teatro Antico per i giovani, mi resi conto che quella sarebbe stata la mia strada. Il primo debutto è stata la manifestazione concreta del mio desiderio di fare l’attore e la speranza di veder realizzato il mio sogno.
Nonostante la tua giovane età, hai alle tue spalle diversi traguardi raggiunti. Ti saresti aspettato tutto questo successo? Cosa ti ha regalato più di tutto la popolarità?
No, non mi sarei aspettato che nel giro di pochi anni avrei avuto l’occasione di prendere parte a progetti così importanti con uno spessore culturale, come Il Traditore. La popolarità non la cerco e non so in cosa si traduca nella vita quotidiana. Mi capita di essere fermato e di fare autografi, ma non è il mio pane quotidiano e il successo è qualcosa che non conosco. Il lavoro è il mio vero faro e il punto a cui miro più di tutti. Bisogna impegnarsi tutti i giorni, avere una mia disciplina e un rigore e nello studio e nel lavoro.
Di te ci ricordiamo anche per la tua prima interpretazione all’estero, quella nel film di Indiana Jones con Harrison Ford. Com’è stato mettere per la prima volta piede in una realtà cinematografica così importante come quella americana?ù
È stata un’esperienza onirica e sognante, non mi sarei mai aspettato di trovarmi in una produzione dalle dimensioni così grandi. All’improvviso mi sono ritrovato in una produzione hollywoodiana, nonostante le mie scene siano state girate a Siracusa (Sicilia). Ciononostante ho percepito il senso di grandezza della produzione americana cinematografica, e posso dire che quello che cambia rispetto al cinema italiano è la proporzione. Gli strumenti di lavoro sono gli stessi, ma le produzioni puntano su un budget differente.
C’è un aneddoto che posso raccontare e che riguarda i momenti che ho trascorso sul set di Indiana Jones. Per motivi legati al meteo, ricordo che c’era una scena che non si era in grado di girare perché c’era una luce non favorevole. La troupe ha spostato tutto nell’arco di 10 minuti e ha iniziato a manovrare velocemente strumenti pesantissimi a centinaia metri di distanza. In quel momento, ho avuto la percezione di fare il cinema in grande. Questo non significa però che è stato riduttivo il lavoro fatto ne Il Traditore di Bellocchio, dato che anche lì ho potuto vedere serietà e professionalità.
Adesso ti stiamo vedendo nella serie americana Those About to Die con Anthony Hopkins. Com’è avvenuto il tuo primo provino per questo progetto?
È stata un’esperienza immersiva e veloce, dato che ho ricevuto dalla mia agenzia una call per questo provino. Era in realtà una richiesta per un self tape last minute, e mi sono ritrovare a creare in un pomeriggio un personaggio.È stato difficile ma anche una bella sfida. Ho letto infatti i pochi stralci dello script e avevo intuito che si trattasse di un’ambientazione dell’Antica Roma. Ho girato il selftape a notte tarda, e il giorno dopo avrei avuto la consegna del materiale audiovisivo. Conosco la cultura antica romana perché fa parte dei miei studi, ma non conosco alcune dinamiche che sono al c entro della serie, come i giochi oppure le lotte dei gladiatori.
Interpreti il personaggio di Lucius’ Thug. Cosa ti ha lasciato più di tutto questo ruolo?
Ha un personaggio che ha una sua peculiarità caratteriale; nella serie non viene esplorato tutto il suo vissuto e appare in determinati contesti. Lui ha questo senso della morte, ed è qualcosa con cui mi ero già confrontato con Il Traditore. All’epoca il personaggio era minacciato dalla morte e temeva di essere assassinato. Ne Il Traditore già sapevo invece di dover morire, mentre qui il senso della morte è il senso di sopravvivenza, la lotta tra morte imminente e la forza di sopravvivere a tutti i costi e di aggrapparsi qualcosa.
Lavorare con Anthony Hopkins invece? Come lo definiresti?
Io non ho mai lavorato con lui, non si è manifestata la possibilità di incontrarci sul set perché avevamo storie diverse. Da testimonianze di colleghi, lui è però quello che sembra: cordiale, amabile, molto simpatico, umano, umile, disponibile al dialogo.
Si parla dell’Antica Roma e dei gladiatori che ne hanno fatto parte. Pensi che la produzione americana abbia saputo rappresentare alla perfezione una parte così importante della storia italiana? Puoi anticiparci qualcosa?
La rappresentazione sembra essere da kolossal, si sono viste scene molto articolate dal punto di vista dei combattimenti. Credo che l’approccio al racconto di questi momenti sia stato filologico; la produzione si è avvalsa del supporto di studiosi ed esperti della materia. Se il rispetto della storia sia aderente alla realtà non posso garantirlo, perché non ho ancora visto l’intera opera.
Futuri progetti?
Al momento non ho progetti in via definitiva, ho fatto provini importanti per ruoli importanti. Per ora non mi sento di anticipare nulla.