Dario Aita è sicuramente (ormai da anni) una garanzia della televisione e del cinema italiani: dotato di un grandissimo talento recitativo, l’attore ha sempre mostrato al grande pubblico il suo valore. Maschera dopo maschera, ha saputo cogliere ogni piccola sfumatura dei suoi personaggi e li ha fatti diventare un po’ nostri. Non dovrebbe essere un po’ questo il senso dell’arte? Farsi ricordare, ma soprattutto lasciare una traccia nelle vite altrui.
Il giovane Aita è adesso ritornato nel piccolo schermo per interpretare il personaggio di Claudio nella serie tv Noi che, già dalla prima puntata, ha riscosso un grande successo tra i telespettatori. Il remake italiano di This is Us ha saputo trasformare la storia originale: anzi, l’ha plasmata rendendola un po’ di più nostra. Dario Aita ha così accettato di incontrarci, e ci ha aperto le porte del suo mondo per raccontarci un po’ di sé.
Quando hai compreso che la recitazione sarebbe stata la tua strada? Com’è nata questa passione?
Non c’è stato un momento preciso in cui ho scelto di essere attore. Ho sempre amato molto il cinema: una sera d’estate, stavo guardando con mio fratello un film di Lina Wertmuller. Mi è piaciuto così tanto che ho pensato di voler fare il regista. Mi sono poi appassionato al cinema francese, a Fellini, e ho pensato che potesse essere quella la mia strada. Tutti però continuavano a farmi fare l’attore: ho così fatto dei corsi di recitazione, e sono entrato improvvisamente in questo vortice. Mi diverto moltissimo a fare questo lavoro: pian piano, si è trasformato in una necessità.
Parliamo della serie tv Noi. Questo è sicuramente un progetto che, in America, ha riscosso molto successo. Dopo questa prima puntata, qual è stato il riscontro del pubblico? Quali erano inizialmente le vostre aspettative?
Sentivamo ovviamente il peso di prendere in mano un progetto che aveva già un grandissimo successo internazionale. Sicuramente, è stato fatto un ottimo lavoro di trasposizione e sono riusciti a estrapolare l’universalità del racconto e a inserirlo nel nostro sistema socioculturale. Quando ho letto la sceneggiatura, le preoccupazioni iniziali si sono ridimensionati e ho iniziato a pensare che fosse appunto una serie completamente autonoma. Questa è stata ovviamente anche un’arma di difesa per me: ho dovuto interpretare un personaggio che era già interpretato e con un pubblico affezionato. Per questo, non ho guardato la serie originale: ho pensato che fosse necessario renderla completamente nostra. Il pubblico ha risposto in maniera molto differente: ci sono i fans accaniti della serie, a cui sono mancati gli attori originali. La maggior parte delle persone ha dato però una risposta molto positiva: non tutti hanno visto This is Us, o alcuni l’hanno vista ma hanno comunque voluto guardare una versione ambientata nel proprio Paese.
Interpreti il personaggio di Claudio, un noto attore. Cosa ti ha lasciato questo ruolo più di tutto e quanto c’è di Claudio in te?
Ci sono molte analogie tra me e Claudio: lui è un attore, abbiamo più o meno un’età simile ed entrambi non siamo bravissimi ad affrontare le situazioni di crisi. Abbiamo molto bisogno del supporto delle persone che amiamo. Come moltissimi attori, ad un certo è insoddisfatto della sua carriera: penso che questo capiti più o meno a tutti gli attori. Lui è ingabbiato in un personaggio, il Maestro Rocco: non riesce più a trovare sé stesso, perché è schiacciato da questo ruolo. Mette tutto in discussione, e decide per questo di abbandonare ogni cosa. Claudio mi ha lasciato una riflessione su tutto questo, ma anche sulla precarietà dell’esistenza: ho capito che abbiamo tutti bisogno di queste crisi per crescere.
Secondo te, qual è il messaggio principale che questa serie vuole trasmettere?
Ci sono tanti messaggi che veicola la serie. Innanzitutto, c’è un concetto principale: le famiglie possono essere tutte terribilmente infelici e terribilmente felici. Ogni famiglia ha le proprie difficoltà, e che non esiste una famiglia perfetta o un’ideale di famiglia tradizionale. Le famiglie sono dei nuclei formati da persone che scelgono di volersi bene, di condividere i momenti, di affrontare le difficoltà insieme e anche gli scontri insieme. Decidono di aiutarsi e di scontrarsi. Questa serie aiuta ad allargare il concetto di famiglia che abbiamo: in America, questo ha sicuramente un senso, perché lì c’è un senso di famiglia molto diverso rispetto a quello italiano. Noi siamo ancora profondamente lenti: qui c’è qualcuno che pretende che gli italiani siano legati a un concetto di famiglia tradizionale. Questa storia ci aiuta così ad attraversare quest’ultimo step che ci separa dal concetto di famiglia tradizionale.
In Noi, interpreti il figlio di Pietro e Rebecca (Lino Guanciale e Aurora Ruffino). Com’è stato lavorare con loro?
Avevo già lavorato con entrambi. Io e Lino ci siamo incrociati poco, ma la sua energia rimane nell’aria ed è sempre bello fare dei progetti con lui. E’ un collega speciale. E’ inoltre bellissimo incontrare Aurora: è un pezzo del mio cuore. Abbiamo lavorato per molto tempo in Questo Nostro Amore, e siamo molto legati.
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Ci sono futuri progetti che puoi anticipare? Cosa ti riserva il futuro?
Sarò in Don Matteo 13, per un’uscita a sorpresa. Uscirà per Netflix la serie Lidia Poet, con la regia di Matteo Rovere e Letizia Lamartire, e sarò affianco di Matilde De Angelis. Uscirà inoltre per il cinema l’opera prima Shotgun di Marta Savina, con Claudia Gusmano come protagonista.
Intervista a cura di Stefania Meneghella