Attore
Siamo stati lieti e felici di aver conosciuto un volto fresco del cinema e della televisione italiana, un attore per cui la semplicità è un modo di trasmettere, mediante un sorriso, più emozioni possibili.
Stiamo parlando di Daniele De Angelis, vent’ottenne ma con già numerose esperienze alle spalle.
Stiamo parlando di Daniele De Angelis, vent’ottenne ma con già numerose esperienze alle spalle. Daniele ha fatto il suo debutto cinematografico a 18 anni, interpretando Alessio nel film “Ma che ci faccio qui!”, regia di Francesco Amato. Nel 2007 ritorna sul grande schermo con tre film: “Cardiofitness”, regia di Fabio Tagliavia, “Last Minute Marocco”, diretto da Francesco Falaschi, dove è uno degli interpreti principali con il ruolo di Valerio, e infine “Scrivilo sui muri”, per la regia di Giancarlo Scarchilli, in cui è uno dei protagonisti nel ruolo di Emiliano. Nel 2008 debutta sul piccolo schermo con la miniserie tv in sei puntate, “I liceali”, regia di Lucio Pellegrini, dove ha il ruolo di Cristiano Malagò che torna ad interpretare nella seconda stagione in onda nel 2009. Nel 2009 è anche sul grande schermo con “Feisbum!” Il film, pellicola in otto episodi ispirata al social network Facebook. Lavora anche in teatro per lo spettacolo “La belle notti” diretto da Claudio Boccaccini.
Oggi ha in cantiere altri numerosi progetti, ma per ora lasciamo la parola a Daniele, con l’augurio più grande di proseguire in questo meraviglioso percorso.
D: Come nasce la passione per la recitazione?
R: La passione per la recitazione me la porto dietro fin da quando ero piccolo. Ho recitato dal primo momento in cui chiacchieravo con la mia sorellina più piccola e cercavo di intrattenerla con personaggi che inventavo, mi piaceva molto farla ridere. Mi piaceva far ridere anche i miei genitori con piccoli spettacoli che creavo dal nulla, in cui spesso imitavo i personaggi di Corrado Guzzanti. Crescendo ho fatto sì che la recitazione fosse parte della mia vita, frequentando a scuola corsi e laboratori inerenti. Il primo palco calcato è stato quello del Teatro Ghione di Roma, con una rivisitazione del “Mistero Buffo” di Dario Fo, messa in scena con la scuola di teatro del liceo. Gli applausi del pubblico mi hanno regalato un’emozione davvero intensa, è una sensazione quasi di dipendenza quell’appagamento e soddisfazione che si prova quando si è sul palcoscenico. Non avevo ancora in progetto di diventare attore, era un gioco; anche oggi cerco di giocare il più possibile tornando bambino, lo stesso bambino che si inventava personaggi per la sorella. Cerco di approcciarmi alla recitazione in maniera istintiva ma allo stesso modo più autentica possibile.
D: Cosa ricordi della tua primissima audizione?
R: Era un’audizione per una serie tv, è stato il mio primissimo provino. Avevo 17 anni e mi avevano chiesto di preparare un paio di scene da interpretare e un brano da suonare e cantare con la chitarra. Ho portato “Questo piccolo grande amore” di Baglioni come brano. Ricordo che la parte recitata andò bene; la parte cantata andò invece malissimo. Ricordo che la casting mi disse “Ce l’hai messa tutta, ma non hai preso nemmeno un accordo”. Ci rimasi un po’ male, ma è un ricordo piacevole, frequentavo ancora il liceo classico ed ero andato senza grandi aspettative.
D: Qual è il ruolo tra quelli che hai interpretato in cui maggiormente ti rispecchi?
R: Sono rimasto molto legato al primo ruolo cinematografico che ho interpretato. Si chiamava Alessio Liberatore, protagonista del film “Ma che ci faccio qui”. Alessio si definiva un viaggiatore in maniera ingenua ma determinata. Il suo obiettivo era di viaggiare per tutta Europa, ma il suo motorino si rompe ad appena 30 km da Roma. Nonostante questo continua a definirsi un viaggiatore per tutto il resto del film, e io condivido il suo spirito. Viaggiare non è necessariamente andare lontani, si viaggia anche attraverso gli incontri, anche solo chiacchierando con una persona sconosciuta.
D: Qual è invece un personaggio che hai avuto più difficoltà ad interpretare?
R: Non saprei. Forse l’ultimo che ho interpretato, di cui non posso rivelare ancora nulla.
D: Qual è il momento più bello che hai vissuto finora grazie al tuo lavoro?
R: Tutte le prime volte sul set; ogni volta che si inizia un nuovo progetto è un misto di emozioni contrastanti: curiosità per il lavoro che si sta cominciando, la voglia di mostrare ciò che si è pensato di far tirare fuori al personaggio, la paura che non venga apprezzato. Quello che non conosciamo a volte fa paura e ci chiediamo sempre come andrà, cosa accadrà e se ne verrà qualcosa di interessante, ma al tempo stesso è adrenalinico e stimolante.
D: Qual è un ruolo che ti piacerebbe interpretare in futuro?
R: Mi piacerebbe interpretare un musicista degli anni settanta, una star del rock. Sono affascinato dalla musica e dalle battaglie di quegli anni e da quel primo provino ora con la chitarra va un po’ meglio. Sarebbe bello interpretare un personaggio irriverente del mondo della musica, come Fabrizio De André ma anche Lucio Battisti. E poi confesso che mi piace ancora molto far ridere. Mi diverto nei ruoli un po’goffi che hanno il pregio di strappare un sorriso genuino.
D: Qual è il sogno che ti piacerebbe realizzare?
R: Ci sono tanti registi con cui mi piacerebbe lavorare. Uno su tutti, Daniele Luchetti. E poi sogno da sempre di collaborare con Corrado Guzzanti, che trovo tutt’ora geniale.
D: Come ti vedi alla regia? Che film vorresti girare?
R: In realtà non ci ho mai pensato davvero, non è qualcosa che ho in cantiere. Penso che di registi bravi in Italia ce ne siano già tanti; piuttosto che lanciarmi in un terreno a me sconosciuto mi piacerebbe proporre dei soggetti. Mi piacerebbe girare un documentario. Sono un appassionato e credo che i documentari siano molto efficaci e diretti nel trasmettere un messaggio.
D: In cosa la recitazione ti ha aiutato nella vita?
R: Forse è un po’ brutale, ma credo che tutti recitino un po’ nella vita di tutti i giorni, interpretando se stessi in situazioni differenti: recitiamo ai colloqui di lavoro, quando siamo per strada, quando conosciamo qualcuno. Credo che la recitazione mi abbia facilitato nell’interagire con le persone, eliminando quella barriera che spesso si crea nei confronti dell’altro, aumentando il piacere di comunicare con il pubblico, chiunque esso sia.
Ringraziamo Daniele De Angelis per la sua collaborazione e per il tempo che ci ha donato, con l’augurio più grande di proseguire in questo meraviglioso percorso.
Recensione a cura di Stefania Meneghella
Intervista realizzata da Manuela Ratti
Pubblicazione a cura di Roberta Giancaspro