
Andrea Bruschi si racconta (foto gentilmente concessa dall'uff.stampa Riccardo Ciccarese - Ph. Silvia Menegon) kosmomagazine.it
Andrea Bruschi ha saputo fare della sua arte un lavoro, ma soprattutto della sua passione un modo di essere, dimostrandolo in più occasioni.
Originario di Genova, il suo volto lo associamo a diversi progetti italiani e internazionali, sia sul piccolo che sul grande schermo. Dopo il lavoro di Lidia Poet, dal 30 ottobre è sbarcato su Netflix per interpretare il ruolo di un soldato lombardo nella fortunata serie L’Imperatrice. Dal 20 aprile sarà invece su Amazon Prime con il film Un mondo fantastico e, in questa occasione, ha impersonato la storia di un musicista colto e introverso che, deluso da Berlino, è tornato a Genova per lavorare come professore. Il film è stato presentato in anteprima al RIFF 2023, dove è stato premiato come miglior film italiano.
Una vita all’insegna dell’arte e della recitazione. Quando nasce tutto questo?
Per me è stato un impulso che è nato già da bambino. Genova è sempre stata una città molto fertile dal punto di vista artistico e ha sempre avuto un occhio di riguardo per questo ambito. Ad insegnarmi una grande sensibilità artistica sono state mia nonna e mia mamma, che mi hanno sempre portato a vedere il cinema e il teatro. I miei lavoravano in fabbrica e, mentre loro erano impegnati, mia nonna portava sia me che mio fratello al cinema tutti i giorni, negli anni ’70. Nel mio quartiere c’erano diversi cinema di terze visioni, e lì ho iniziato il mio approccio con questo mondo. Per me è sempre stato un mondo fantastico ma soprattutto il mondo delle visioni e dello stupore. Da ragazzino ho così iniziato a recitare nel teatro di quartiere e ad essere coinvolto in diverse recite, e poi sono passato alla musica che è anche lei il mio grande amore. Ho sempre capito che, al di là della quotidianità, ci sarebbe stato per me un mondo di creatività. Il mio desiderio era quello di essere coinvolto in questo mondo.
Musica e recitazione sono due luoghi apparentemente diversi, ma quanto questi si uniscono secondo la tua visione?
Ti rispondo raccontandoti di quando ero piccolo e ascoltavo le musiche di De André. Per me quella voce era una vera e propria interpretazione, e mi sembrava di guardare dei film nell’ascoltare le sue canzoni. Pochi anno dopo, David Bowie ha iniziato a influenzarmi, anche perché lì si capiva che il suo era un modo di interpretare la musica. Quando si recita, c’è in realtà un discorso molto corale e musicale, non solo a teatro ma anche al cinema.
Nel corso della tua carriera hai collezionato moltissime esperienze, ma cosa c’è dietro la costruzione di un personaggio? Quanto ci metti per prepararlo?
C’è sempre una ricerca dietro, che parte da una documentazione e che arriva ad una ricerca fisica e vocale. Importante è infatti capire la vocalità e la fisicità di un personaggio, ma anche il costume. Ogni attore – esordiente o con una grande esperienza – trova la via per dar luce a un ruolo in modo soggettivo. Ogni volta accade qualcosa di magico. Io non considero quanto sia presente il personaggio nella storia, perché a volte basta anche una scena in un film per dare una forte impronta. Ad esempio, io ho interpretato il personaggio del prete nel film Ferrari con Michael Mann, e lì c’è stato un percorso di preparazione. Ho imparato a dire messa come si diceva in Italia in latino negli anni ’50. Questa è stata una cosa che non mi sarebbe mai capitata se non fossi finito in questo film. In teatro si ha in realtà tempo per preparare questa magia, mentre nel cinema è lasciato molto sulle tue spalle e non c’è mai una vera prova prima del primo ciak.
A breve vedremo nel piccolo schermo, su Prime Video, il film Un mondo fantastico in cui interpreti un musicista. Cosa ti ha regalato quel ruolo e quanto ti ha formato?
Sono felice perché non sempre si ha la possibilità di esplorare così un personaggio. E’ la storia di un’amicizia e di un incontro tra due persone che si ritrovano grazie alla musica. Lui è un musicista tornato dalla Germania per lavorare nella sua città Genova, ma che non riesce a ingranare. All’improvviso incontra questa persona che ha un negozio in cui vende oggetti di seconda mano e che sogna di aprire un locale.

I due decidono così di realizzare questo desiderio insieme, e vanno alla ricerca di fondi per aprirlo. Si tratta di un mondo che conosco bene e che mi ha dato molte possibilità di sperimentare. Il regista Michele Rovini – anche lui di Genova – mi conosce da 30 anni ma non avevamo mai lavorato insieme. Tra l’altro mi ha colpito sin da subito il significato di questo progetto. In un mondo fatto di caos, fermarsi ad ascoltare musica o guardare un film, è importante sia per i protagonisti del film ma anche per me.
Il film ha ottenuto il premio come miglior film italiano al RIFF 2023. Vi sareste mai aspettati un simile riconoscimento? Qual è stata la reazione del pubblico?
Il film è nato – volutamente e artisticamente – in modo indipendente e libero ed è molto calato nella realtà. Non ci eravamo prefissati nulla, ed è stato bello calarsi in questa realtà. Questa pellicola è stata una sorpresa, dato che ha iniziato il suo percorso due anni fa e ha anche fatto alcuni festival importanti fuori dall’Italia. Tra l’altro è stato individuato come uno dei film indipendenti più interessanti italiani.
Tra i tuoi tanti progetti c’è stato anche quello della serie tv L’Imperatrice su Netflix. Com’è stata questa esperienza?
Per me è stata un’esperienza straordinaria, perché si tratta di una serie molto bella e che ha avuto un successo enorme. Io avevo seguito la prima stagione ma non mi aspettavo che ci sarei capitato dentro. Il mio personaggio è un ex ufficiale che è stato ferito e che è rimasto fedele al regno austriaco del lombardo veneto. Lui è un reazionario e ha questi due figli che non lo sono affatto e che sentono un’aria di cambiamento. Per me è stata una grandissima esperienza, sia artistica che umana, proprio perché la serie è curata nel minimo dettaglio. Abbiamo fatto moltissime prove 3 mesi prima delle riprese, ed eravamo tutti molto preparati. Con i due attori protagonisti mi sono trovato benissimo, ed è stata davvero una grandissima esperienza. Non sono sorpreso del successo che ha avuto, perché con una cura di questo tipo c’era da immaginarselo.
Futuri progetti?
Da poco ho terminato le riprese di un film che si chiama Music in the Forest, chiamato in Italia Le Melodie del Bosco dei Faggi. Lui è un regista italiano ma il cast è internazionale, ed è la storia di un compositore – di origine boema – che viene rapito. Nel mentre ricorda che in passato era stato segregato nel campo di concentramento dei musicisti, che i nazisti utilizzavano per far vedere che tutti i musicisti ebrei continuavano ad andare avanti con la loro vita. Questo ruolo mi ha senz’altro messo alla prova, perché non è stato semplice calarsi in una situazione simile. Ho inoltre fatto un thriller ambientato in Liguria e intitolato Spyne, un’opera prima della fotografa Anna Antonelli che esordisce nel lungometraggio. Recentemente ho anche partecipato al film sui Maserati Brothers, il film diretto dal premio Oscar Bobbie Moresco. In autunno uscirà invece il docufilm Nuovo Cinema Portofino, che è diretto da Michele Rovini – regista di Un Mondo Fantastico – e che è un progetto che parla della vita di Portofino dagli anni ’30 e gli anni ’80.