Abbiamo incontrato Clare Menozzi, funzionario dell’ONU del Dipartimento per gli affari economici e sociali (UN DESA). È entrata a far parte della Divisione Popolazione nel 2004 ed è stata coinvolta nella preparazione di numerosi rapporti e set di dati relativi alla popolazione, allo sviluppo e alla migrazione internazionale. Menozzi ha anche lavorato a lungo sulla documentazione delle politiche migratorie internazionali e recentemente ha partecipato allo sviluppo dell’indicatore SDG 10.7.2. sul numero di paesi con politiche migratorie che facilitano la migrazione e la mobilità delle persone in modo ordinato, sicuro, regolare e responsabile.
Sei un funzionario ONU del Dipartimento per gli affari economici e sociali (UN DESA). Qual è lo scopo del Dipartimento UN DESA?
Lo scopo è molto ampio. A grandi linee, DESA lavora su tre aree di competenza principali: il supporto ai governi, le negoziazioni intergovernative e il sostegno ai paesi per lo sviluppo delle loro capacità tecniche.
Nel 1950 la popolazione mondiale era formata da circa 2,5 miliardi di persone, e in soli 70 anni è cresciuta fino a quasi 8 miliardi di esseri umani. Si pensa che entro il 2100 arriverà a quasi 11 miliardi. La causa di questa espansione è da attribuire solo al progresso della medicina, oppure ci sono più paesi con un alto livello di benessere?
È una domanda complessa, ma cercherò di rispondere in modo semplice. Essenzialmente ci sono due componenti: una è, come hai detto tu, legata al progresso nella sanità, nella alimentazione e nelle condizioni di vita, incluso il migliore accesso all’acqua potabile e servizi igienico-sanitari, che hanno contribuito ad innalzare l’aspettativa di vita in quasi tutti i paesi del mondo, rispetto al passato. Al contempo il numero medio di bambini per donna è diminuito in maniera marcata. In alcuni paesi, però, il livello di fecondità è ancora elevato a causa di tanti fattori, incluso l’accesso limitato a metodi di pianificazione familiare moderni, e a carenze nello sviluppo e nell’istruzione.
Come sappiamo l’espansione demografica non avviene in tutto il pianeta in modo uniforme, ma ci sono delle zone in cui sta calando. Quali sono queste zone, e perché abbiamo contemporaneamente un’espansione e un calo demografico sulla Terra?
La transizione demografica ci aiuta a capire queste profonde differenze. La transizione demografica è un modello che descrive il passaggio da tassi elevati di mortalità e fecondità, a livelli dove questi tassi sono bassi. Durante la transizione demografica, si verifica un divario tra i tassi di fecondità e i tassi di mortalità, e durante questo periodo si nota un’espansione rapida della popolazione. Tutti i paesi del mondo attraversano questa transizione, ma in fasi diverse. In Italia, ad esempio, la transizione demografica è già completata. All’epoca dell’Unità d’Italia, la popolazione italiana era di circa 29 milioni di persone, e l’aspettativa di vita era di 40 anni. E non solo: il 40% dei bambini non sopravviveva oltre i 5 anni di età. A quell’epoca, gli italiani avevano molti figli, che purtroppo spesso morivano molto giovani. La maggior parte delle morti era concentrata nell’età dell’infanzia, a causa della mancanza di cure pediatriche, della cattiva alimentazione e anche a causa dei parti non assistiti da personale medico qualificato.
Oggi, la popolazione italiana è più che raddoppiata (59 milioni di persone nel 2021) rispetto al 1861, e l’aspettativa di vita è passata da 40 a più di 80 anni. Il tasso di fecondità è crollato da 5 figli per donna a 1,2. La nostra società è completamente cambiata grazie al progresso, all’eccesso all’informazione, all’istruzione, e all’urbanizzazione.
Tutti i paesi del mondo attraversano questo tipo di processo, però ciascuno in modo diverso e con tempistiche diverse. Oggi la maggior parte dei paesi con livelli di fecondità totale ancora elevati sono nell’Africa subsahariana
La Cina ha eliminato la legge sul figlio unico?
Si, la legge sul figlio unico è stata revocata. Oggi la Cina sta addirittura offrendo degli incentivi per incoraggiare le coppie ad avere più figli. In realtà, è molto difficile cambiare radicalmente questi tassi di fecondità, perché sono legati allo sviluppo ed al tenore di vita nella società. Molti paesi hanno cercato – attraverso progetti, programmi ed incentivi – di aiutare le famiglie con la speranza di incoraggiarli ad avere più figli. In una società moderna, però, è molto costoso avere un numero elevato di figli.
Un altro cambiamento importante sempre legato alla transizione demografica è l’innalzamento dell’età media. In Italia, per esempio, l’età media della popolazione è passata da 27 anni negli anni ’50, a 48 anni oggi e, prossimamente, raggiungerà i 54 anni. Questo significa che la popolazione italiana sta diventando sempre più anziana. In un contesto di una popolazione con un’età media elevata, è difficile rialzare il tasso di fecondità.
Naturalmente, avendo a disposizione sempre un solo pianeta, sarà difficile garantire un alto livello di qualità di vita a miliardi di persone. Quali sono i problemi nati in questo decennio, e quali saranno i problemi che nasceranno entro il 2100?
Un aspetto molto importante da considerare è l’equità. Thomas Malthus, un noto economista inglese del ‘700, è stato uno dei primi ad aver esposto l’idea che non ci fossero abbastanza risorse per sfamare tutta la popolazione. Queste preoccupazioni si ripetono ciclicamente, e ogni volta il progresso, la tecnologia e l’innovazione riescono ad aumentare le risorse a disposizione dell’umanità. Chiaramente il progresso ha anche degli impatti negativi molto profondi, come ad esempio l’inquinamento. Però, l’affermazione che non ci siano abbastanza risorse non è corretta, perché produciamo abbastanza cibo per sfamare tutta la popolazione mondiale. Allo stesso tempo, se guardiamo i rapporti dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO), notiamo che l’approccio attuale non è sostenibile e che c’è uno spreco importante di cibo e risorse che dobbiamo indirizzare. Per questo, il discorso sull’equità è critico. Se ci fai caso, c’è un forte disequilibrio tra i paesi dove si sta registrando una forte crescita demografica ed i paesi responsabili per la maggior parte del consumo delle risorse a livello mondiale. Sulla Terra i paesi che inquinano maggiormente non sono quelli dove la popolazione sta crescendo rapidamente.
Riassumendo potremmo dire che l’Europa e l’America producono più cibo di quello che hanno bisogno e, per questo motivo, ne buttiamo parecchio. L’Africa, invece, avrebbe bisogno di più cibo visto che sta crescendo, ma ne produce di meno. Giusto?
Purtroppo, lo spreco di risorse avviene in tutti i continenti. Però diversi tipi di alimenti hanno chiaramente un impatto ambientale diverso. La quantità di anidride carbonica immessa nell’atmosfera per produrre una bistecca, per esempio, è molto più elevata rispetto alla quantità che viene emessa per produrre un piatto di legumi. Adottare dei modelli di produzione e consumo più sostenibili sarà sempre più importante. I paesi con più risorse dovranno guidare queste iniziative e dare l’esempio.
L’obiettivo dello “sviluppo sostenibile” è di dare a tutti gli abitanti della Terra una vita dignitosa senza danneggiare le opportunità per le generazioni future. Chiaramente per realizzare questo obbiettivo, molti paesi adesso considerati meno sviluppati dovranno registrare una crescita economica importante. Come possiamo garantire che questo processo avvenga, senza distruggere ulteriormente il pianeta e senza accentuare le disuguaglianze? Questa è la nostra sfida. Sicuramente, per vincere questa sfida, ci dovrà essere collaborazione forte tra i paesi.
Un altro grande problema è il cambiamento climatico. Il cambiamento climatico rivoluzionerà la geografia dei popoli, poiché molte zone diventeranno non vivibili. Di conseguenza, diminuirà lo spazio su cui vivere. Potrebbero perciò aumentare le migrazioni e il numero degli abitanti delle città (come sappiamo questi episodi potrebbero accrescere anche la probabilità che si verifichi una pandemia). Quale potrebbe essere la soluzione a questo problema?
Questa è una domanda importantissima. Un rapporto recente della Banca Mondiale evidenzia l’impatto del cambiamento climatico sulle migrazioni interne. L’accesso all’acqua è senz’altro un aspetto importante da considerare per quanto riguarda il cambiamento climatico. L’innalzamento del livello dell’oceano è un altro aspetto che potrebbe avere impatto sulla migrazione.
È difficile prevedere esattamente quale sarà l’impatto del cambiamento climatico, ma sicuramente certe zone diventeranno più temperate, come ad esempio alcune zone del Canada e della Russia. Un articolo molto interessante nel New York Times, esamina come nel futuro la produzione agricola potrebbe aumentare, in queste zone.
In altre parole, possiamo dire che in futuro il Canada potrebbe produrre quello che oggi produce la California?
Ci sono molti articoli, che sicuramente avrai visto, che descrivono come potrebbe cambiare il clima nel futuro. Il cambiamento climatico potrebbe aprire delle opportunità ad alcuni paesi, mentre potrebbe chiuderle ad altri. Purtroppo, spesso i paesi più vulnerabili al cambiamento climatico sono quelli che meno hanno le risorse per adattarsi a questi cambiamenti. Per questo l’assistenza per sostenere e aiutare i paesi più vulnerabili è indispensabile.
Uno degli enigmi che mi ha sempre colpito dell’Africa è il seguente: perché l’Africa è così povera, nonostante sia uno dei continenti più ricchi del mondo? Possiede giacimenti di diamanti, di oro, di petrolio, oltre al turismo e all’agricoltura.
È un continente molto vasto, con più di 50 paesi (ognuno con opportunità e problematiche diverse). Recentemente durante la sua visita in Africa, il Papa ha evidenziato la necessità di garantire che sia il popolo africano a beneficiare delle risorse del continente.
Secondo me l’Africa sarà il continente del futuro. È in Africa che avremo la maggior parte della crescita della popolazione mondiale. L’Africa sarà il continente giovane, e i giovani africani avranno in mano il futuro del mondo.
Secondo te, nei prossimi decenni o secoli, gli esseri umani riusciranno ad adattarsi alla Terra e a rispettarla? Riusciranno a trovare l’equità?
Io sono ottimista. L’ONU è un’organizzazione che crede nella capacità delle persone di creare pace e sviluppo. Ovviamente, alla tua domanda direi che esiste la possibilità di riuscire a creare un mondo più equo. Per ottenere questo risultato dobbiamo lavorare tutti assieme. Chiaramente ci sono tante sfide e tantissimi problemi, però non possiamo lasciarci scoraggiare. Dobbiamo diventare più intelligenti nell’utilizzo delle risorse: riciclare, diventare più efficienti nel consumo e nella produzione e, magari, riprendere alcune sagge abitudini dei nostri nonni.
Cosa ti piace di più del tuo lavoro?
Io adoro il mio lavoro, mi rende contentissima. Innanzitutto, credo molto nell’ONU e nelle sue potenzialità. Chiaramente, come in tutte le organizzazioni si può e si deve fare di più e meglio, però io credo profondamente nel fatto che insieme possiamo aiutare i paesi e le persone del mondo.