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Dopo il successo di “Perfetti sconosciuti”, il regista Paolo Genovese presenta una nuova commedia corale intitolata “Follemente”, un’opera che esplora le dinamiche psicologiche di un primo appuntamento tra un uomo e una donna. La pellicola, con un cast di attori italiani di alto profilo, si propone di raccontare le emozioni e le incertezze che caratterizzano questo momento cruciale.
Follemente
Regia: Paolo Genovese
Cast: Pilar Fogliati, Edoardo Leo, Emanuela Fanelli, Claudio Santamaria, Claudia Pandolfi, Marco Giallini, Maurizio Lastrico, Vittoria Puccini, Rocco Papaleo, Maria Chiara Giannetta
Durata: 97’
Nel film, Piero (interpretato da Edoardo Leo) e Lara (interpretata da Pilar Fogliati) si incontrano a casa di Lara per una cena. Nonostante l’attrazione reciproca, entrambi si mostrano cauti e si ritrovano a recitare ruoli che non li rappresentano completamente. Le loro menti, però, sono popolate da personaggi che riflettono le loro paure e desideri. Genovese utilizza questa premessa per esplorare le emozioni che si contendono il dominio sulla mente dei protagonisti.
All’interno della testa di Piero, si trovano Romeo (interpretato da Maurizio Lastrico), simbolo della sua parte romantica, Eros (interpretato da Claudio Santamaria), che rappresenta il desiderio sessuale, e un Super-io razionale (interpretato da Marco Giallini). Dall’altra parte, nel cervello di Lara, ci sono Giulietta (interpretata da Vittoria Puccini), una sognatrice, Scheggia (interpretata da Maria Chiara Giannetta), e Trilli (interpretata da Emanuela Fanelli), che si concentra sul sesso. Questo scontro di personalità provoca una vera e propria tempesta cerebrale, rivelando le contraddizioni di genere e le difficoltà di esprimere desideri autentici.
Genovese riesce a creare una connessione con il pubblico, affrontando temi universali legati alle relazioni amorose e alla difficoltà di mostrarsi per ciò che si è veramente. Nonostante l’assenza di originalità nella trama, il film riesce a mantenere un equilibrio, mescolando momenti di comicità con riflessioni più profonde sull’autosabotaggio che spesso caratterizza le dinamiche relazionali.
Il seme del fico sacro
Regia: Mohammad Rasoulof
Cast: Soheila Golestani, Missagh Zareh, Mahsa Rostami, Setareh Malek, Niousha Akhshi
Durata: 168’
“Il seme del fico sacro”, diretto da Mohammad Rasoulof, si rivela un film di grande importanza, non solo per la denuncia del regime iraniano, ma anche per la sua esplorazione dell’ossessione e della ribellione. Candidato all’Oscar come miglior film internazionale per la Germania, la pellicola offre uno sguardo profondo sulla vita in Iran, in particolare attraverso gli occhi di un padre di famiglia.
La narrazione si svolge a Teheran nell’autunno del 2022, durante le manifestazioni per i diritti delle donne. Il protagonista, Imam, ottiene una promozione a giudice istruttore ma si trova subito a dover affrontare le contraddizioni del suo nuovo ruolo. La scoperta della scomparsa della sua pistola d’ordinanza innesca una spirale di paranoia che lo porta a indagare, travolgendo la sua famiglia in un clima di tensione e violenza.
Il titolo stesso del film, che rimanda a una pianta che strangola gli alberi circostanti, simboleggia il regime teocratico iraniano. Rasoulof riesce a intrecciare diversi generi cinematografici, dal dramma politico all’horror, per raccontare la complessità della vita sotto un regime oppressivo. Attraverso la figura di Imam, il regista mette in luce le fragilità e le paure degli uomini del regime, mostrando come la violenza e la repressione possano generare una spirale di auto-distruzione.
L’erede
Regia: Xavier Legrand
Cast: Marc-André Grondin, Yves Jacques, Laetitia Isambert-Denis, Anne-Élisabeth Bossé
Durata: 112’
Con “L’erede”, Xavier Legrand torna a esplorare il tema della violenza domestica, questa volta con toni più cupi e disturbanti. Il protagonista, Ellias Barnès (interpretato da Marc-André Grondin), è un giovane designer di moda che, dopo la morte del padre, torna in Canada per occuparsi delle pratiche legate all’eredità. Tuttavia, il suo passato e il legame con il padre, da cui si era allontanato, tornano a perseguitarlo.
La pellicola si concentra sull’analisi di come il Male possa essere trasmesso di generazione in generazione. Legrand utilizza una narrazione che si sviluppa a livello inconscio, interrogandosi sulle origini della violenza e sul modo in cui essa possa manifestarsi all’interno di una famiglia. La tensione cresce man mano che Ellias esplora la casa paterna, dove ogni angolo sembra nascondere segreti e traumi.
Il film, pur mantenendo un’atmosfera di incompiutezza, riesce a catturare l’attenzione dello spettatore, portandolo a riflettere sulla natura del Male e sulla sua eredità. Con un occhio attento ai dettagli e una narrazione avvincente, Legrand dimostra di saper padroneggiare i codici del thriller, rendendo “L’erede” un’opera intensa e coinvolgente.