Non ci sono molti aggettivi per descrivere la potenza d’animo di Carolyn Smith, ma al momento me ne viene in mente solo uno: speciale.
La coreografa e ballerina – diventata famosa in tv grazie a Ballando con le Stelle – riesce sempre a stupirmi con insegnamenti di vita che vanno al di là di ogni immaginazione. Un’infanzia felice, quella che ha vissuto in Scozia, e una vita piena di emozioni da cui parte tutto il resto. Quello che fa restare senza parole, della Smith, è però soprattutto il suo modo – unico – di affrontare tutto quello che la vita le pone davanti. Un esempio di trasparenza, unicità, straordinarietà ma soprattutto di forza. E’ vero, non esistono molti aggettivi per descriverla appieno, ma di certo continua ad esistere in lei quella luce che la fa brillare agli occhi di chi la guarda e, con ammirazione e stima, si rende conto di quanto sia bello credere nei propri sogni e farli vivere nonostante tutto.
Da oggi, grazie a Carolyn Smith, siamo tutti un po’ migliori e a renderci tali è stata proprio lei. Ecco la sua intervista per noi.
Mi piacerebbe iniziare dagli inizi, dal periodo della sua infanzia. Quali sono i suoi ricordi più belli e che bambina è stata?
Credo che la mia infanzia sia durata poco, non ero una bambina tranquilla. Sin da quando sono arrivata in questo mondo, ho creato tanta energia in casa perché non mi fermavo mai, esattamente come sono oggi. Sparivo sempre e, anche quando mia madre mi metteva nella culla, mi arrampicavo e mi trovava sempre dietro il tavolo. Mi piaceva muovermi, scoprire e non essere legata. Ero molto curiosa, volevo sempre scoprire le cose e non dormivo mai.
Lei ha iniziato a danzare quando aveva solo 4 anni. Ricorda il preciso momento in cui ha conosciuto per la prima volta la danza?
All’inizio ho frequentato lezioni di danza classica e poi di tip tap. Tutti i miei familiari – mamma, papà e i nonni – danzavano, e noi abitavamo tra l’altro nel centro di Glasgow, dove c’era la sala da ballo più famosa della Scozia. Nei primi anni della mia vita loro mi portavano a ballare e mia madre in particolare decise di farmi di danzare per calmarmi, ma purtroppo questa idea ha avuto l’effetto contrario. Non mi ricordo esattamente il momento in cui sono entrata per la prima volta nella sala da ballo, ma ho memorizzato le lamentele di quando tornavo a casa. Io non volevo fare danza classica, perché c’erano molte insegnanti che mi facevano fare esercizi da bambina, ma io no: volevo lavorare già sulle punte dei piedi e fare le pirouettes. Mi lamentavo anche del fatto che la sbarra era troppo alta, ma al di là di questo mi piaceva perché mi ha sempre aiutato tantissimo e mi ha insegnato la disciplina.
La danza lascia sempre un segno in ogni persona che la pratica…
Esatto, ma a mio modo di vedere dipende molto anche dall’insegnante. Ci sono i docenti che sono riportatori di informazioni, e ci sono quelli che vogliono realmente insegnare non solo quello che si fa in pista o nella sala da ballo, ma insegnano soprattutto a vivere e ad avere questa disciplina. Con me i miei genitori hanno fatto un bel lavoro, perché hanno sempre trovato il migliore insegnante per me. Sono stati quasi tutti pionieri, ed è qualcosa che è custodito ancora oggi nel mio cuore.
A proposito di Scozia – dove si è approcciata per la prima volta alla danza – com’era l’ambiente artistico in quell’epoca? Per lei è stato semplice farsi spazio in questo mondo?
Posso parlare dei primi 18 anni della mia vita, in cui ho vissuto in Scozia. In Gran Bretagna la cultura in generale è molto presente, in particolar modo la danza. Tutti ballano, ed è difficile trovare qualcuno che non abbia mai danzato. Era infatti sempre piena di teatri o strutture specifiche.
La Mecca della danza è sempre stata Londra, dove mi sono recata quando ho compiuto 18 anni. I miei genitori mi portavano ogni weekend lì, ed erano tantissimi km. All’inizio pensavo che avrei dato un peso alla mia mamma e al mio papà, ma loro mi hanno subito tranquillizzato e mi hanno detto: “Vendiamo tutto e seguiamo il tuo sogno!“. Loro sono sempre stati al mio fianco, e capisco molto di più ora tutti i sacrifici che hanno fatto.
Il sostegno della famiglia è molto importante, perché spesso si ha l’idea che l’arte sia una “perdita tempo” e non c’è la cultura di lanciarsi in queste avventure artistiche.
Io ho sentito tanti artisti che parlano della sofferenza di iniziare la carriera. Io posso dire che a me non è successo: i miei genitori hanno sempre trovato la soluzione anche a livello economico. Ogni artista deve sapere che, quando decide di fondare la propria vita sull’arte, deve andare incontro a dei momenti di lotta. Questa è una cosa normale, e devo dire che in tutta la mia carriera ho vissuto bene. Sono felice di tutto quello che ho fatto.
Come definirebbe invece il mondo della danza oggi, soprattutto qui in Italia? Sono stati fatti dei passi avanti rispetto al passato?
Siamo nel 2024 e per me non stiamo andando avanti. Molti lo sanno ma non vogliono dirlo, e questo mi dispiace tantissimo. Il tutto sta soprattutto nel trovare appunto l’insegnante giusta e in questo periodo, anche in Italia, ci sono troppi riportatori di informazioni e la danza è diventata estremamente economica. Sicuramente ci sono quelli che insegnano nel modo giusto, ma io vedo che nel ballo stiamo andando indietro. Manca la cultura e a volte mancano anche le strutture. A me piacerebbe che tornassimo come un tempo, iniziando a prendere la strada giusta. Mi dispiace tantissimo, perché oggi i ballerini sono fisicamente più preparati ma tecnicamente meno e psicologicamente quasi zero.
Cosa consiglieresti agli artisti che vogliono farsi spazio in questo mondo e non riescono a realizzare i propri sogni?
Innanzitutto non mollare. Oggi abbiamo diversi programmi come Amici o Ballando con le Stelle, a cui tanti giovani aspirano. Se non riescono però ad entrarci, la vita non è finita. Devono trovare un’altra scorciatoia e un modo di esprimere le proprie passioni per il ballo. I social – usati nel modo giusto – possono ad esempio essere molto importanti ed educativi. Chi molla, non ha davvero la voglia di andare avanti. C’è sempre un modo per realizzare i propri sogni.
Lei è ammirata non solo per il suo talento, ma anche per il suo coraggio. Chi le dà la forza ogni giorno e quali sono i suoi punti di riferimento?
Sono sempre stata così, ma credo che sia anche l’influenza della mia famiglia. Loro non hanno mai mollato, anche quando c’era una situazione piuttosto pesante. I miei genitori hanno sempre parlato davanti a me, mio fratello e mia sorella e spiegavano la situazione, in modo che noi non potessimo fraintendere qualche azione o mancanza di qualcosa. Sul discorso della malattia, i miei hanno sempre affrontato tutto in modo positivo e dicevano sempre “Questa è la situazione!“. Anche a me non piace parlare di problema, bensì di situazione.
Loro mi hanno sempre spiegato come trovare una soluzione: mia nonna aveva l’abbonamento in ospedale e aveva sempre qualche problema di salute, ma era sempre sorridente. Mia madre era anche lei malata e sorrideva, lo stesso mio papà che anche in ospedale è sempre stato positivo. Non ci hanno mai fatto pesare niente, anche se tutti sapevamo quale fosse la situazione. Anche mia sorella – malata di tumore al seno e poi al fegato – ha sempre combattuto, ed è sempre stata allegra. Il mio punto di riferimento è sempre stata la mia famiglia, ma il mio carattere è così anche grazie alla danza, che mi ha sempre insegnato la disciplina.
Parlando invece del suo progetto Sensual Dance Fit, che aiuta le donne a ritrovare la propria femminilità, quanto la danza aiuti realmente a farci tirar fuori questo mondo interiore?
Tutto è nato da una fatalità per via della mia situazione oncologica, dato che i medici mi avevano subito detto che la chemioterapia mi avrebbe toccato i nervi dei piedi e delle mani. Dopo la prima seduta, ho iniziato a non sentire la sensibilità di piedi e mani, e io stavo solo pensando che non avrei potuto danzare. Ho così iniziato a fare qualche esercizio perché non riuscivo proprio a camminare, anche perché non avevo nemmeno la coordinazione. Guardandomi allo specchio, ho fatto qualche esercizio in casa e con una sedia, e man mano ho iniziato a fare le prime coreografie. Da lì è nato Sensual Dance Fit: il ballo e la musica aiuta qualsiasi persona ed è antidolorifico. Per 4 mesi ho filmato ogni lezione e, quando abbiamo finito, ho visto la differenza nel loro atteggiamento. Erano diventate donne più sicure e coraggiose, e ho iniziato seriamente con questo progetto.
Futuri progetti?
Ho un cassetto enorme con tutte le cose che voglio fare. Vorrei scrivere il secondo libro, che avrei dovuto iniziare durante l’estate ma non ho avuto modo. Lo vorrei fare con la lingua “carolynese” – come dice Anna Carlucci – e scritto interamente da me, con tutti i miei errore. E’ una questione di comunicazione: non bisogna scrivere o parlare perfettamente una lingua per essere capiti. Stiamo sviluppando inoltre le idee della Sensual Dance Fit, e ho la nuova linea della I am Worman First sia come gioielli che come abbigliamento.