Abbiamo incontrato Bradley L. Jolliff, Geologo e Professore di Scienze della Terra e Planetarie presso la Washington University in St. Louis (Missouri, USA).Jolliff studia principalmente i minerali e le rocce della Terra, della Luna, di Marte e dei meteoriti. Inoltre, è un membro del team scientifico della NASA’s Lunar Reconnaissance Orbiter Camera (LROC), grazie alla quale indaga la superficie della Luna dall’orbita lunare.
Recentemente, la NASA ha selezionato il team di Geologi che svilupperà il piano scientifico per la missione Artemis 3 della NASA, che riporterà l’umanità sulla superficie della Luna dopo oltre 50 anni. Per la precisione, il prossimo uomo e la prima donna atterreranno vicino al Polo Sud lunare tra il 2025 e il 2026. Il professore e Geologo Bradley Jolliff fa parte del team di Geologi selezionato dalla NASA.
Attualmente, la missione Artemis 2 dovrebbe partire tra il 2024 e il 2025, e il suo obiettivo è portare 4 astronauti oltre l’orbita lunare, laddove nessun essere umano è mai stato prima. Dopodiché, ci si preparerà per la missione Artemis 3 diretta al Polo Sud lunare.
Sei stato selezionato dalla NASA per far parte del team di geologi che svilupperà il piano scientifico per la missione Artemis 3. Come preparerete la missione scientifica di Artemis 3? L’obiettivo dei geologi è quello di consigliare in quale zona del Polo Sud lunare atterrare?
Il sito di allunaggio (o più siti) verrà selezionato in anticipo. Pertanto, il team di Geologi di Artemis 3 farà parte del processo di selezione. Tuttavia, il compito più importante sarà quello di valutare i migliori siti di atterraggio candidati. Chiaramente, la scelta sarà fatta in base alla loro geologia. Inoltre, il team di geologi fornirà raccomandazioni per le indagini geologiche, la raccolta dei campioni e gli esperimenti da svolgere. E non solo: analizzerà i siti candidati anche dal punto di vista della sicurezza e delle comunicazioni. Ovviamente, quando la missione terminerà assisteremo all’esame preliminare dei campioni.
Perché la NASA ha scelto il Polo Sud lunare per il ritorno dell’umanità sulla Luna? Cosa ti fa pensare che ci sia acqua ghiacciata nelle regioni permanentemente in ombra?
La probabilità che ci sia la presenza di ghiaccio d’acqua (H2O) al Polo Sud della Luna, in particolar modo nelle aree permanentemente in ombra, è stata indicata dal telerilevamento (spettrometri di neutroni e altri sensori). Inoltre, è stata dimostrata dall’esperimento effettuato dalla sonda LCROSS del 2009, la quale ha analizzato i detriti formatisi dopo l’impatto volontario dello stadio superiore del suo razzo contro il cratere Cabeus del Polo Sud lunare. Pertanto, in base ai risultati ottenuti, sappiamo che il ghiaccio d’acqua è lì, ma non conosciamo l’effettiva concentrazione, forma o distribuzione dei depositi. Tuttavia, alcuni crateri del Polo Sud sono più giovani di altri, anche se non conosciamo la variazione dei depositi in funzione dell’età. I dati dello spettrometro di neutroni hanno una risoluzione spaziale insufficiente per stabilire realmente dove si trovano i depositi. Perciò, le prossime missioni robotiche, come ad esempio la missione che invierà il rover VIPER della NASA al Polo Sud lunare, dovrebbero aiutarci a definire i depositi di ghiaccio.
Dopo oltre 50 anni, l’Apollo Next Generation Sample Analysis (ANGSA) studierà i campioni raccolti durante le missioni Apollo. Com’è cambiata la tecnologia dal 1972? Cosa pensi di scoprire studiando i campioni Apollo con la tecnologia moderna?
I metodi analitici sono migliorati enormemente dagli albori degli studi sui campioni Apollo. In modo particolare, gli spettrometri di massa e i metodi analitici a microfasci (microbeam analytical methods) possono ora sondare i campioni di rocce e di terreni con una risoluzione spaziale senza precedenti. Il contenuto di elementi volatili e gli isotopi, inclusi idrogeno e deuterio, possono essere analizzati in minerali e vetri. I metodi di imaging come la tomografia computerizzata a raggi X possono vedere le variazioni dei materiali all’interno dei campioni senza distruggerli, in modo tale che gli scienziati possano selezionare con precisione i materiali da analizzare dettagliatamente. Molti elementi hanno isotopi multipli, e questi possono ora essere analizzati con sufficiente precisione e accuratezza per testare le idee inerenti alla formazione della Luna e ai processi che hanno influenzato gli elementi volatili.
Cosa ami del tuo lavoro e qual è la scoperta che ti ha emozionato di più nella tua carriera?
Sono un geologo che ama lavorare con i campioni di rocce e minerali tra le mani. Adoro analizzare i materiali a livello microscopico e capire come, dove e quando si sono formati. Sono particolarmente interessato alla tempistica e alle cause dell’intenso bombardamento avvenuto sulla Luna prima di 3,8 miliardi di anni fa. Del lavoro che io e i miei colleghi abbiamo svolto e che per me è più entusiasmante, vorrei menzionare due cose. La prima riguarda l’età dei campioni di roccia formatisi con il grande impatto avvenuto nel Mare Imbrium della Luna. Per la precisione, le analisi dei grani di zircone trovati nelle rocce fuse per l’impatto, ci dicono che l’evento dovrebbe essere avvenuto 3,91-3,92 miliardi di anni fa. Questo impatto che ha formato il Mare Imbrium è uno degli ultimi grandi impatti avvenuti sulla Luna e, al contempo, segna la fine dell’intenso bombardamento che avrebbe interessato anche la Terra.
La seconda cosa che mi ha emozionato di più nella mia carriera è la scoperta di un complesso vulcanico situato sul lato nascosto della Luna. Per la precisione, si tratta di una zona vulcanica originata dall’eruzione di magma ricco di silicati. Inoltre, è un complesso vulcanico molto ben conservato e il suo nome è Compton-Belkovich Volcanic Complex. Inizialmente, questa zona era nota come hotspot, cioè come un punto caldo nei dati orbitali dello strumento Gamma Ray Spectrometer della sonda Lunar Prospector del 1998, la quale era in grado di rilevare l’elemento radioattivo torio. Successivamente, la sonda NASA’s Lunar Reconnaissance Orbiter (LRO) è riuscita ad osservare per la prima volta le caratteristiche del complesso vulcanico, mediante alcune immagini scattata tra il 2009 e il 2010.
Io e i miei colleghi del team della Lunar Reconnaissance Orbiter Camera abbiamo analizzato proprio quelle immagini. Fra tutte le zone della Luna visitate dalle missioni spaziali questa è la migliore dal punto di vista geologico. Spero che un giorno ci possa essere una missione robotica in quella zona, per esplorare i vari coni vulcanici, le cupole, i depositi piroclastici e quella che sembra essere una caldera, formatasi quando il tetto di una camera magmatica poco profonda si svuotò e crollò. Ad ogni modo, la Luna rimane un oggetto celeste molto interessante su cui la nostra esplorazione ha ancora molto da imparare!
- Cover image: Bradley L. Jolliff (central photo: eeps.wustl.edu); side photo: NASA