LETTERATURA

Beatrice Monroy torna in libreria con Notte, Giorno, Notte: “Raccontare storie aiuta gli indifferenti” | La scrittrice e la sua nuova fatica letteraria

Beatrice Monroy torna sugli scaffali delle librerie nazionali con il nuovo libro Notte, Giorno, Notte (Giulio Perrone Editore) e continua a conservare la sua solita eleganza per rappresentare al meglio il male contro cui stiamo tutti noi combattendo da troppo tempo: l’indifferenza dei popoli. La Monroy indaga infatti su dinamiche civili e sociali che possono influire sulle proprie vicende private, e che devono spesso essere ascoltate per portare – a chi ne sente il bisogno – un netto miglioramento di vita. L’autrice ci ha incontrati, rispondendo alle nostre domande e svelandoci i suoi futuri progetti.


Nella tua carriera hai avuto numerosi riconoscimenti in ambito letterario, ma ti va di raccontarci com’è nata questa fiammella per la scrittura? Quando hai capito che sarebbe stata la tua strada?

Ho sempre pensato che raccontare storie fosse il mio destino. Innanzitutto mi sono avvicinata al teatro che rimane la mia casa e lì ho imparato l’arte del racconto e la sua necessità. Ho cominciato così con la radio di Radio RAI che sicuramente è stata la mia scuola e poi ho continuato.

Il tuo nuovo romanzo “Giorno, notte, giorno” racconta una storia particolare e carica di significato. Dove nasce l’idea per questa opera?

L’idea era di raccontare la vicenda di due donne che per storia personale e, come dire, per destino, si trovano a vivere eventi tragici della loro città ma non sono in grado di coglierne la grandezza, la tragicità e anche il senso profondo. Mi piaceva raccontare una donna vile che non ce la fa a capire e a cambiare e così è nato il personaggio principale che è Matilde, la voce narrante.

La storia si divide in due periodi molto distanti tra loro ma che tu sei riuscita ad unirli: Maggio 1946 e Luglio 1993. Quanto c’è di te nella protagonista Matilde e com’è stato costruire il suo personaggio?

Non credo che ci sia di me in Matilde piuttosto io sono lo sguardo esterno che la osserva con curiosità, questo mi interessava. A me piace scrivere di donne ma non di eroine; di donne che non ce la fanno come per la storia particolare che hanno vissuto Matilde e Carla.

Beatrice Monroy (kosmomagazine.it)

Si parla spesso anche di indifferenza e del “voltare la testa dall’altra parte”. Una condizione, questa, che purtroppo accomuna ancora tanti di noi che non riescono a vedere profondamente quello che accade dall’altra parte della strada. Secondo te, qual è il modo migliore per sconfiggere l’indifferenza nella società? O meglio, l’indifferenza potrà mai essere sconfitta?

Forse raccontare storie può aiutare gli indifferenti, e cito apposta Moravia, a porsi qualche domanda. Quello che io cerco di dire con il mio romanzo è che l’indifferenza porta male, non bene come gli indifferenti sono portati a pensare. Quindi forse narrare può risultare un piccolo stimolo.

Come ti sei approcciata a questo genere letterario? Chi sono stati i tuoi maestri letterari?

Io sono una donna del sud e credo di essere segnata di geograficamente e storicamente, cerco nei grandi scrittori dalla luce meridiana i miei maestri, come loro hanno tentato e sono riusciti nel narrarci: Sciascia ma anche Camus, e Giuliana Saladino e Maria Messina, Elsa Morante, Thomas Mann, Moravia  a anche grandi maestri come Toibin.

Quali sono i tuoi futuri progetti? Puoi anticiparci qualcosa?

Ho passato questo inverno nella scrittura di un testo teatrale su Ulisse, è stata un’avventura pazzesca intensissima e andrà in scena nei teatri di pietra da maggio in poi. Sto scrivendo per un musicista e anche questa è un’esperienza straordinaria da coordinare la scrittura con una partitura musicale. E ho l’idea di un romanzo su una donna con un destino molto particolare, una maga che rimane intrappolata in una vicenda drammatica: è tutto da pensare; ancora sono lì che mi dibatto.

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Stefania Meneghella