Abbiamo incontrato la Dott.sa Barbara Bernardini, biologa e dottore di ricerca in medicina molecolare. Dal 2006 al 2022 ha fatto parte dello staff degli autori di Piero Angela, per il programma SuperQuark della RAI. Bernardini ha oltre 20 anni di esperienza nella comunicazione scientifica, nei ruoli di produttore, regista e project manager. E’ anche ideatrice di due progetti, nati per dare un contributo alla divulgazione scientifica: OneFrame e Brains in Italy.
Sono sempre stato affascinato dal micro e dal macro, dal microscopio e dal telescopio: due strumenti che ci mostrano ciò che è invisibile con gli occhi. Quali emozioni si provano nel guardare il mondo dalla radice, cioè dalla cellula o dal DNA, sapendo che esiste un Universo talmente grande, da far apparire quasi insignificanti la Terra e i suoi abitanti?
Sono approdata alla divulgazione scientifica quando stavo facendo il dottorato, e mi occupavo proprio del mondo del “micron“, addirittura di ciò che è più piccolo del micron, perché la mia specializzazione è la biochimica e la biologia molecolare. La cosa straordinaria e che mi sorprende ogni volta è che, tutto quello che vediamo intorno a noi (e qualsiasi forma di vita nella sua complessità e diversità), è costituito dagli stessi atomi che compongono la materia inorganica. L’Universo è fatto della stessa materia di cui siamo fatti noi. Gli atomi sono la radice dell’Universo, sia per quanto riguarda gli organismi viventi, sia per tutto ciò che è inanimato (come l’acqua, le rocce…).
Possiamo paragonarlo al DNA, visto che lo troviamo in tutti gli esseri viventi?
Non tutti gli esseri viventi hanno il DNA: taluni hanno degli acidi nucleici, ma non necessariamente il DNA. Gli esseri viventi possono avere anche altri tipi di codice genetico, fatti per esempio a RNA (come i virus, Coronavirus o altri tipi di organismi). Il DNA – nella storia della vita – è nato dopo, poiché è estremamente complesso da mettere insieme. Si tratta di due filamenti di molecole molto grandi che si accoppiano, assumendo una struttura particolarmente complessa. Possiamo dire che il DNA lo troviamo negli organismi più evoluti. La cosa che a me affascina maggiormente è che la nascita dell’organismo vivente deriva dalle molecole inorganiche, cioè dagli atomi. Poi ci sono delle teorie fantastiche, le quali ci dicono come questi atomi comincino ad assemblarsi nello Spazio, per formare delle molecole più grandi, che sono le molecole organiche a base di carbonio. Il carbonio è infatti la base della vita. E queste molecole più grandi, a loro volta, formano strutture ancora più grandi che sono appunto il DNA e le proteine. E da lì, la vita si evolve in tutte le sue forme.
Ricordo le recenti ricerche della NASA fatte su Marte, quando hanno trovato tracce di carbonio…
Noi sappiamo come si origina la vita esclusivamente nei luoghi in cui possiamo andare a verificare. Sappiamo che sulla Terra la vita si origina con le molecole organiche, a base di azoto, di carbonio e altre molecole. Ma non è detto che, nell’infinita complessità dell’Universo, non esistano altri sistemi in cui la vita non si basi sulle stesse regole chimiche che conosciamo noi. Potrebbero esserci delle regole completamente diverse, in altri posti dell’Universo. Gli scienziati, durante le missioni spaziali, vanno a cercare la vita che noi siamo in grado di conoscere, cioè quella a base di carbonio. Io, per il programma SuperQuark, ho fatto un servizio molto interessante sull’origine della vita nello Spazio, presso l’Ames Research Center della NASA, a Mountain View (California). E lì c’era un ricercatore che aveva costruito una sorta di macchinario, il quale riproduceva il ciclo di riscaldamento e raffreddamento della polvere cosmica, mentre gira attorno al Sole. Loro hanno ipotizzato una delle possibili modalità in cui si formano le molecole organiche, cioè proprio nel pulviscolo della polvere spaziale: quando l’acqua microscopica situata nella polvere spaziale è lontana dal Sole, risulta congelata; quando si avvicina alla nostra stella, l’acqua passa dallo stato solido allo stato liquido. E all’interno di questa microscopica acqua possono avvenire delle reazioni, che mettono insieme gli atomi di cui l’Universo è pieno. Questo ci fa capire che la vita è sparsa nello Spazio.
Molte teorie dicono infatti che la vita venga portata sui pianeti tramite gli asteroidi o le comete…
Si, potrebbe essere stata portata da un asteroide o da una cometa. Ma potrebbe anche essersi formata qui, direttamente sulla Terra. In realtà nessuno lo sa.
Un’altra cosa che mi affascina è l’infinito. Non solo l’infinito del mondo del macro, come ad esempio l’Universo, ma anche il possibile infinito del mondo del micro. Secondo te può esistere l’infinito nel micro, cioè particelle sempre più piccole, sempre più piccole… fino all’infinito?
Non penso che nel mondo del micro possa esistere l’infinito. Penso che ci siano sicuramente tante particelle e tanti altri misteri.
Come è nata la tua passione per biologia?
Ho sempre avuto una grande passione per la biologia. Fin da piccola ero una appassionata del “piccolo chimico“, e ho fatto molti disastri in garage quando ero bambina… Mi piaceva il fatto che queste sostanze del gioco fossero colorate, e potevo metterle nelle provette. Una volta, a Natale, mi sono fatta regalare un microscopio, grazie al quale ci guardavo le foglie, le ali delle mosche, le formiche… Questo mondo mi faceva impazzire. Infatti, da grande ho fatto il liceo scientifico e poi ho perseguito la strada della biologia. Questa passione ce l’ho dentro, e non passa mai. Anche per questo non finirò mai di ringraziare Piero Angela. Soprattutto per aver avuto la possibilità di studiare le scienze tutta la vita.
Come diceva Albert Einstein, il segreto è rimanere bambini: avere per tutta la vita la curiosità di un bambino.
Assolutamente si. Ogni volta che mi hanno mandata da qualche parte, in giro per il mondo nei laboratori, per me è sempre stata una scoperta. Ho sempre qualcosa da imparare.
Il grande divulgatore Piero Angela ci ha insegnato l’importanza della divulgazione, soprattutto in ambito scientifico. Possiamo dire che grazie a lui, gli scienziati hanno un altro importante compito: far comprendere la scienza e il proprio lavoro a tutti. Per questo motivo hai ideato OneFrame e Brains in Italy?
Ti ringrazio tantissimo per avermi fatto questa domanda, perché è un progetto al quale tengo particolarmente. Io ho avuto una grande fortuna: viaggiare molto e studiare in Italia e all’estero. Ho sempre visto persone che preferiscono l’estero, perché pensano che solo l’estero ti possa dare qualcosa di buono. Ma non è così. Il problema nel nostro paese è il “sistema Italia“, che è complicato e non fa emergere le eccellenze. In Italia l’eccellenza ce n’è quanta ne vuoi… Noi abbiamo delle capacità di pubblicazione nell’innovazione e nella ricerca, che sono sottostimate da noi, ma valorizzate all’estero. Io quando sono andata negli Stati Uniti ero ben considerata, perché avevo una formazione di altissimo livello (formazione fatta in Italia). Per quanto riguarda i miei progetti, OneFrame è l’evoluzione del mio lavoro. Io sono una biologa, e ho fatto divulgazione prima per Mediaset e poi per la RAI con SuperQuark, dove ho prodotto documentari e curato la regia. E con l’esperienza acquisita ho fondato un piccolo brand di comunicazione scientifica. In breve, il mio lavoro (per chi vuole) è quello di aiutare chi desidera divulgare la scienza. OneFrame è il mio lavoro di comunicatore scientifico. Brains in Italy invece, è un’iniziativa personale. Per il momento è un blog e diventerà, spero, una testata giornalistica. Tutti gli scienziati possono pubblicare, affinché abbiano uno spazio divulgativo. Pertanto, il mio sogno è insegnare agli scienziati, che raccontare il proprio lavoro alle persone non è una perdita di tempo. Piero Angela ha detto: “Fate la vostra parte“. E io, con questo progetto, sto cercando di fare la mia parte. Sto cercando di avvicinare le persone alla scienza, per accrescere culturalmente il nostro paese. Io sono tornata dall’estero, e sono uno dei cervelli rientrati.
Com’è stata l’avventura di SuperQuark nello staff degli autori di Piero Angela?
Per quanto riguarda l’avventura a SuperQuark, posso avere solo parole positive. E’ stata sicuramente una delle avventure più belle della mia vita. Piero e il programma SuperQuark mi hanno dato la possibilità di fare qualcosa di straordinario: continuare a fare quello che amo, cioè studiare, informarmi, crescere e divulgare agli altri tutto ciò che ho imparato (sul mio blog ho pubblicato un post dedicato a Piero, veramente molto sentito). Ho avuto la possibilità di imparare e vedere cose che non avrei mai potuto vedere in vita mia. In 16 anni che sono stata a SuperQuark, non ricordo mai un diverbio, un litigio o uno screzio avuto con la redazione o con Piero. C’è sempre stato un rapporto bello, costruttivo e aperto. Lui prima di iniziare le riunioni diceva sempre: “Noi siamo brave persone, crediamo in quello che facciamo e lo facciamo bene“.
Qual’è il ricordo e l’insegnamento più bello che ti ha trasmesso Piero Angela?
Mi ha insegnato ad amare quello che faccio e a farlo bene e, soprattutto, a farlo sempre con correttezza, con impegno, con coerenza e con passione, lasciando perdere le mode. E tutto questo devi farlo anche nella vita, non solo sul lavoro. Devi farlo perché è utile per gli altri, e per contribuire a seminare quei germogli, affinché crescano sempre più rigogliosi. Piero credeva tantissimo nel futuro e nelle nuove generazioni. Infatti, sai cosa ha fatto? Ha scritto sedici puntate di una trasmissione chiamata “Prepararsi al Futuro“, che andrà in onda in autunno. Pensa che, ad agosto dell’anno scorso ci ha chiamati e ci ha detto: “Allora ragazzi, non so cosa fate voi, ma io ho scritto sedici puntate. Adesso dobbiamo realizzarle, perché voglio fare questo racconto per il futuro delle nuove generazioni“. Io penso che queste sedici puntate siano quasi un testamento, che lui ha lasciato alle generazioni future.
LEGGI ANCHE –> Il Dr. Alessandro Mura, ricercatore INAF-IAPS, risponde alle nostre domande
Come vedi il futuro della divulgazione scientifica?
E’ una grande sfida, perché il fatto che Piero e il suo programma non ci siano più, lascia un grande vuoto. Pertanto, i nuovi divulgatori, compresi quelli con un canale su YouTube o sui vari social, hanno il dovere di riempire questo vuoto. Noi dobbiamo continuare a fare questo lavoro, a riempire questi spazi, attraverso delle iniziative professionali e personali, che contribuiscano a diffondere la scienza. Per quanto riguarda il futuro sono molto positiva, perché ho visto una crescita importante nell’interesse verso le materie scientifiche. L’importante è che, a riempire questo vuoto, ci siano persone competenti e appassionate. Dobbiamo combattere la disinformazione, che dilaga soprattutto sui social (come è successo con la pandemia e i vaccini). Gli scienziati devono parlare con il pubblico, per superare di numero gli pseudoscienziati.