Leggere il nuovo romanzo di Barbara Baraldi, “Cambiare le ossa” (Giunti Editore), è come tuffarsi in un tunnel e non conoscere – nemmeno per un secondo – la sua via di uscita. E’ un viaggio inaspettato che cattura l’anima del lettore e la trasforma in un luogo fatto di sensazioni, di ricordi, di enigmi e di domande. Il nuovo libro della Baraldi è un enorme punto interrogativo: un caso da risolvere, tanti quesiti e poche risposte. E poi c’è Aurora, una donna che rappresenta appieno l’essenza di questa storia.
Un serial killer sta terrorizzando la città e, tra presente e futuro, è proprio Aurora a diventare l’emblema di un caso iniziato molti anni prima. I puntini si uniscono e, con uno stile impeccabile, l’autrice ci regala sempre di più una consapevolezza importante: la pelle non va cambiata. La pelle resta soltanto pelle, e difficilmente si trasforma: vanno cambiate le ossa, tutto quello che ne comprende e quello che pian piano diventa anima. Profondo e sensibile, è il romanzo di Barbara Baraldi. Profondi e sensibili, diventano i lettori dopo averlo assaporato. Del resto, c’è una cosa che resta impressa di questo libro: si deve scavare nel profondo, per trovare quella sensibilità sita in ognuno di noi. Si deve andare oltre: si deve vivere a fondo.
Hai collezionato numerosi successi letterari, ma quando è nato il primo approccio alla scrittura? Quando hai scoperto che sarebbe stata la tua strada?
E’ iniziato tutto da un racconto orale: ho iniziato a raccontare storie per tenere buoni i miei fratelli più piccoli. Loro sono stati il mio primo pubblico. Riuscivo a tenerli con il fiato sospeso e ad usare i colpi di scena. E’ stato così che ho capito che mi divertivo a raccontare storie di mistero.
Parliamo del tuo nuovo libro Cambiare le ossa: dove nasce l’idea per questo romanzo?
L’idea è partita proprio dal titolo; avevo infatti il titolo prima della storia. Ci sono momenti della vita in cui siamo chiamati a cambiare in profondità, cioè a modificare la nostra struttura. Non si tratta di cambiare la pelle, ma di cambiare le ossa. Una delle mie rivoluzioni è stata trasformare le storie che prima venivano trasmesse oralmente in storie scritte. Scrivere mi ha infatti aiutato a elaborare le mie paure e a esprimermi con gli altri. Avevo una timidezza cronica e una fobia sociale che ho superato proprio grazie alla scrittura: ho infatti aperto le porte e mi ha aiutato a diventare un’altra persona. Dal titolo è si è formata l’idea, e ha così avuto luogo tutta la storia.
La protagonista è Aurora, figlia di un magistrato. Quando c’è di te in lei e quanto ti ha lasciato questo personaggio nel corso della stesura?
Credo che lo scrittore non debba giudicare i suoi personaggi; si deve limitare a seguire la loro voce. Mi sono resa conto che c’è tanto di me in Aurora: lei lotta ogni giorno contro il pregiudizio. Ancora oggi si parla poco di condizioni mentali, ansia, crisi di panico. Anche il mondo dei social ci fornisce questa “dittatura della normalità”, in cui bisogna essere perfetti. Grazie a questi personaggi (che sono molto veri), ho voluto esprimere la fragilità umana che è spesso una sensibilità particolare. Mi sono resa conto che andando avanti con Aurora, portavo avanti questo discorso. Ho imparato ad accettarmi, e lei mi ha aiutata a capire. I lettori mi hanno regalato un nuovo feedback: dire a voce alta quanto la perfezione sia imperfetta. Non esiste la perfezione, quello che ci rende speciali è proprio ciò che ci rende imperfetti.
Come stanno reagendo i tuoi lettori a questo libro? Secondo te, cosa sta lasciando nel pubblico più di tutto?
Il pubblico sta reagendo molto bene. Sto ricevendo dei buoni feedback, è una tematica complessa e la sentono molto loro. Sono incuriositi, quasi tutti si stanno procurando i libri di cui parlo nel capitolo extra. Ho visto la complessità del tema, ed è una cosa a cui tengo. Ho un grande rispetto per il lettore: loro scelgono di leggere questo romanzo piuttosto che fare altre cose. Ogni volta cerco di scrivere ogni romanzo come se fosse l’ultimo.
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Com’è avvenuto il tuo approccio a questo genere stilistico? Chi sono stati i tuoi maestri letterari?
Per me è stato un approccio naturale; sin da bambina sono stata incuriosita dal lato oscuro della luna. Mi hanno sempre affascinato anche le leggende, e mi sono sempre chiesta il perché delle cose. C’è un grandissimo potere educativo nella fiaba: attraverso la paura e il male, si riesce spesso a raggiungere la salvezza. A 12 anni avevo letto I Racconti del Terrore di Edgar Allan Poe. Ho poi approfondito anche il gotico, come ad esempio Frankestein. Leggo inoltre tantissimi libri di letteratura e di ogni genere: apprezzo moltissimo Marguerite Dumas, Virginia Woolf e Stephen King.
Quali sono i tuoi futuri progetti? Puoi anticiparci qualcosa?
Sto scrivendo qualcosa per Dylan Dog, e sto inoltre finendo una storia che – come mi hanno confermato – dovrebbe uscire in uno speciale per Halloween.
Intervista a cura di Stefania Meneghella