Dopo numerose esperienze musicali e varie collaborazioni con artisti nazionali, Antonio Maggio torna sulla scena musicale con il nuovo disco MAGGIO. Si tratta stavolta di un No-Concept album composto da sei quadri differenti tra loro, suonato nota dopo nota e ispirato al miglior cantautorato italiano. L’artista ce ne ha parlato in questa intervista, raccontandoci anche alcuni dettagli del suo percorso presente e futuro.
Com’è nato il tuo primo approccio alla musica? Quando hai capito che sarebbe stata la tua strada?
Sono cresciuto sin da bambino con la consapevolezza di voler fare questo nella vita. Mio padre mi racconta che, quando ero piccolo, lo costringevo a registrare le sigle delle trasmissioni televisive e la mattina seguente salivo sulla sedia e le cantavo. Non riesco a individuare un momento della mia vita in cui abbia pensato di fare altro, sono cresciuto con questa voglia di fare musica. E’ spesso difficile far diventare le proprie passioni lavoro: c’è infatti questa pessima abitudine di dare la musica per scontata.
Il tuo nuovo disco si chiama proprio MAGGIO: dove nasce l’idea per questo progetto?
Ci sono varie sfaccettature al suo interno: questo disco è arrivato qualche anno dopo; non pubblicavo da tanto un album, ma avevo fatto tanti progetti live e scritto per altri colleghi. Il disco MAGGIO è infatti arrivato proprio nel mio decennale di carriera, che è iniziata appunto nel 2013 quando ho vinto la sezione Giovani del Festival di Sanremo. Ho voluto dare questo titolo per simboleggiare il mio ritorno in una veste nuova e diversa rispetto a quello a cui la gente era abituata. I miei precedenti lavori davano uno spunto più dissacrante e quasi ironico, in un contesto generale in cui ci si voleva prendere un po’ troppo sul serio. Ora accade un po’ l’esatto opposto: ho voluto dare spunti di riflessione in merito a diverse tematiche.
Tra i singoli da te presentati in vista del disco, c’è anche il brano Una formalità, che parla soprattutto di tempo. Cosa rappresenta per te il tempo e quanto ha influito il tuo concetto di tempo nella tua musica?
È un concetto che ritorna; nel primo disco c’era una canzone che si chiama Anche il tempo può aspettare. Tendo a renderlo particolarmente mio, e non mi piace adattarmi alle attese. In Una Formalità racconto invece il contrario. Il singolo parla di quei momenti in cui una persona si ferma a riflettere sul tempo, ma anche di ritorni e attese già scritte nel destino e che nascondono una verità importante: nella vita bisogna aspettare ma non bisogna andare a rincorrere qualcosa che non arriva.
Come ti sei approcciato a questo genere musicale? Chi sono stati i tuoi maestri musicali?
Un po’ tutto il cantautorato italiano rappresenta la mia scuola; sono cresciuto ascoltando Lucio Dalla, Rino Gaetano, Domenico Modugno, Fabrizio De Andrè. Mi piace l’idea di provare a far resistere quell’approccio alla canzone e alla discografia; nel mio piccolo cerco di riportare le mie canzoni a una dimensione acustica e suonata. C’è la possibilità oggi di fare dischi in casa e in cameretta, ma non bisogna mai perdere di vista una verità fondamentale: la musica va suonata. Bisogna riportare a galla tutto il suo valore, e i live rappresentano i momenti più importanti. Quando c’è un concerto, avviene uno scambio emozionale unico con il pubblico.
Quali sono i tuoi futuri progetti? Puoi anticiparci qualcosa?
Il disco è appena uscito, e il mio futuro prossimo sarà portare in giro questo album che arriva dopo tanti anni. Questo è un insieme di sei brani; in questi anni ho scritto tantissime canzoni ma ho voluto dividere il lavoro in due trance. L’anno prossimo ci sarà infatti una seconda parte.
C’è stato un momento della tua carriera che ti ha rimasto impresso più di altri?
Ce ne sono diversi. Il momento in cui ho vinto il Festival di Sanremo ha dato lo start a tutto quello che faccio ancora oggi. Tre anni fa sono tornato a Sanremo con La Pace nel Cuore, ed è stata per me una responsabilità importante, quella di portare un messaggio fondamentale come quello della violenza sulle donne con Gessica Notaro. La musica mi ha permesso inoltre di coltivare la mia passione per i viaggi, e mi ha fatto viaggiare molto e portare la mia musica in altri luoghi. Il 13 aprile, andrò infatti a Buenos Aires per un concerto e sarà sicuramente un’esperienza unica.