CINEMA, TEATRO E TV

Andrea Tidona, dagli esordi al nuovo film Il Teorema della Felicità: “L’attore? E’ come un equilibrista”

Andrea Tidona è uno dei protagonista della pellicola cinematografica Il teorema della Felicità, un film diretto dal regista Luca Fortino. Il prodotto, di produzione italo-canadese, ha già ottenuto alcuni importanti riconoscimenti tra cui il Gold Award Future Film e il Gold Award Director Future Film all’Hollywood Gold Award. Il 1 febbraio si terrà la première mondiale del film a Montreal, in Canada: un evento, questo, che sarà ripetuto in Italia e nella città in cui è stato ambientato, Palermo. L’attore ce ne ha parlato in questa intervista, raccontandoci il suo lungo percorso artistico e la sua carriera fatta di numerosi successi.


Hai una carriera colma di successi e riconoscimenti, ma quando è nata questa fiammella per la recitazione? Come hai capito che sarebbe stata la tua strada?

La fiammella la dovrei collocare a quando ero ragazzino. All’epoca si andava al cinema molto spesso: era infatti un passatempo e il luogo che più si frequentava. Mio padre mi portava a vedere i film western o di guerra e io ero lì. Guardavo questo, ogni tanto lui buttava un occhio e mi chiedeva se stessi avendo paura. Dicevo di no, guardavo e cercavo di capire che quella lì era finzione. Più che appassionarmi alle storie, mi appassionavo a vedere questo: mio padre era un uomo lavoro – scuola e basta. Quando dovevo fare i compiti, io spesso mi mettevo davanti al grande specchio nell’armadio e cercavo di interpretare questi signori sceriffi e generali. Altri giochi non si potevano fare: i miei avevano un negozio di alimentari e, quando finivo i compiti, io dovevo scendere a sostituire mia madre. Ho poi iniziato a giocare con i miei amici, e a recitare in Oratorio. Inizialmente pensavo che la cosa potesse finire lì. Quando mi sono trasferito a Milano, ho però ricominciato con questo gioco. Non sapevo cosa fare del mio futuro, e ho capito che nella recitazione avrei potuto dare il massimo impegno, tutta la passione e tutta la gioia. Sono stato così ammesso all’Accademia dei Filodrammatici e lì è iniziata l’avventura.

Parliamo del film Il Teorema della Felicità: quali sono le tue aspettative in merito a questa pellicola e quale pensi che possa essere la reazione del pubblico?

Penso che la reazione sia molto positiva per certi tratti, e spero che il pubblico possa emozionarsi e partecipare con emozione a quello che viene raccontato. Nella mia età, avendo interpretato personaggi meravigliosi di tutti i generi, ho sempre l’aspettativa di regalare un’emozione a chi mi guarda.

Andrea Tidona (kosmomagazine.it)

Interpreti il ruolo del puparo Giuseppe: quanto c’è di te in lui e cosa ti ha insegnato più di tutto questo ruolo?

Essendo un uomo che non ha avuto mogli e figli, mi sono ritrovato nel film ad avere un nipote. Mi ha fatto immensamente piacere vedere una continuità di quello che possano essere i nonni umanamente: loro possono trasmettere il proprio sapere con più dolcezza di quanto in genere non facciano i genitori. Questi ultimi hanno infatti una durezza e un’aspettativa eccessiva che spesso opprime i figli, ma i nonni hanno una dolcezza speciale. Questo mi dà lo stimolo a trasmettere il mio sapere ai giovani, facendo laboratori e dando loro un’occasione.

Nel film interpreti un nonno molto saggio e presente, che trasmette il segreto della felicità al piccolo Antonio. In un’epoca difficile come quella che stiamo vivendo, qual è il consiglio che daresti ai giovani sognatori che vorrebbero intraprendere per la prima volta questo percorso?

Questi sono mondi così particolari e difficili che, chi li affronta, non deve pensare di raggiungere un successo o di avere dei riscontri immediati. Deve cercare di comprendere e mettersi a disposizione, ma soprattutto interrogarsi su quanta passione si ha. È talmente tutto difficile che solo con una smisurata passione si può affrontare questo mondo del teatro e delle arti. Non è spesso un mondo facile per la difficoltà oggettiva del lavoro, per tutto quello che lo circonda. Per non lasciarsi frustrare, malinconire, amareggiare bisogna avere una grande passione. Quando avevo 34 anni, volevo mettere perché pensavo che era talmente lontano da me l’ambiente dello spettacolo che vedevo solo nubi e nuvoloni all’orizzonte. E’ stata la passione che mi ha detto: “Perché devi rinunciare per tutto ciò che è esterno?“. Così mi sono detto che non avrei potuto abbandonare tutto dopo anni, dopo questa scelta che mi è costata fatica. Se non avessi avuto questa fiammella, avrei mollato: se non avessi avuto questa coscienza, avrei vissuto tutto con molto disagio.

Andrea Tidona (kosmomagazine.it)

Il film verrà presentato a Montreal, in Canada: cosa vi aspettate da questa anteprima?

I riferimenti immediati sono stati italiani, e sul set ho incontrato l’attrice e co-produttrice Marie-Ange Barbancourt. E’ stata una cosa sorprendente e piacevolissima. Bisogna dire che spesso, da noi, non c’è questo grande rapporto immediato tra produttori e attori: c’è sempre un’aria padronale da parte dei produttori. Loro si sono posti invece in modo paritario e hanno mostrato un altro modo di approcciarsi. Se non avessi ormai 70 anni, oggi andrei all’estero: lì c’è un rapporto diverso, e un differente trattamento.

Quali sono i tuoi futuri progetti? Puoi anticiparci qualcosa?

Io faccio progetti teatrali da un paio di anni, e così ho recuperato la mia gioventù. Avevo voglia di tornare su un palcoscenico, dato che prima facevo questo raramente e lavoravo di più per la tv e per il cinema. Adesso voglio soprattutto lavorare in teatro, perché avevo bisogno di tornare a studiare. Con le serie, bisogna andare di corsa e bisogna essere subito produttivi. Così si perde il gusto della ricerca, delle prove, della possibilità di approfondire il personaggio: il teatro insegna anche la disciplina, e uno spettacolo non è mai uguale all’altro. L’attore deve avere il gusto di scoprire ogni sera qualcosa di nuovo. Deve avere il coraggio e deve essere un po’ come un equilibrista: deve rischiare di cadere dal filo, e solo così capirà meglio le cose e il pubblico avvertirà questo rischio. Il pubblico può trovare un’emozione solo lì.

Published by
Stefania Meneghella